Chiaroscuro
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Recensione della Redazione QLibri
La stanchezza di vivere
Un romanzo che ci pone davanti ad una profonda stanchezza di vivere, questo “Chiaroscuro” di Raven Leilani. Se pensiamo che la protagonista ha solo ventitré anni, possiamo assaporare fino in fondo il retrogusto piuttosto amaro che si nasconde in questa narrazione.
Edith è giovane ma già profondamente sola; usa il sesso per colmare il senso di vuoto che contraddistingue la sua vita. In una New York frenetica e indifferente lei è afroamericana, orfana, donna. Sembra incapace di continuare a lottare in una battaglia in cui ha già perso in partenza, sembra troppo stanca per volere davvero aspirare alla felicità. Non ha la forza per venir fuori dallo squallore in cui si è trovata e sembra voler semplicemente sopravvivere. Spesso, rivolgendosi a se stessa, si ripete che è felice di essere viva, ma è evidente che questo mantra di auto convincimento è poco efficace. In parallelo infatti emerge dal suo flusso di pensieri il concetto che se fosse morta sarebbe tutto molto più semplice.
Mentre cerca un salvagente negli incontri sul web conosce Eric, un uomo che ha il doppio dei suoi anni ed è sposato. Quando Edith perde il lavoro e si trova in gravi difficoltà economiche, il regno della possibilità che siamo abituati ad associare all’America rivela invece il suo lato più oscuro. Semplicemente la società in cui Edith vive è del tutto indifferente alla sua sorte, gli unici che le rivolgono attenzione sono appunto il suo amante, Eric, e sua moglie Rebecca. Quest’ultima decide di ospitare Edith nella loro casa coniugale, di offrirle vitto, alloggio e un po’ di soldi. Lo fa essenzialmente per desiderio di controllo all’interno della relazione disfunzionale con il marito. Eric e Rebecca hanno adottato una figlia afroamericana, Akila, di tredici anni, che riesce ad instaurare un qualche tipo di legame con Edith.
Si tratta quindi di una lettura che definirei, in conclusione, un pochino disturbante nel suo mettere in luce lo squallore diverso di esistenze diverse. Tutte caratterizzate da un forte senso di solitudine, di incapacità di realizzare legami profondi con gli altri, soffocate da eccessivo individualismo, in un vuoto dove sembrano fare la differenza soltanto i beni materiali. Un romanzo, in ogni caso, riuscito, proprio perché questa tristezza e stanchezza di vivere che vi viene rappresentata emerge con nitida chiarezza.
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Ricerca e disillusione
Edith è una giovane donna afroamericana che desidera visibilità e conferme da un altro paio di occhi, non solo dai propri, e che vorrebbe essere fissata sulla tela come lei è solita fare da aspirante pittrice così che, quando se ne sarà andata, resterà un documento, una prova della sua presenza nel mondo.
La sua vita lavorativa e sentimentale è allo sbando, un impiego qualunque e senza prospettive di carriera in una casa editrice, un privato di solitudine affettiva condita da caotici intrugli sentimentali e plurimi approcci erotici con uomini che non la desiderano, imbevuti di maniacali e orgasmici flussi di egocentrismo.
Poi l’ incontro con Eric, stimato manager con il doppio dei suoi anni, un matrimonio aperto che nasconde una crisi coniugale assodata, il corteggiamento scandito da mail e virtualità fino al giorno del primo appuntamento, l’ inizio di una relazione che pare da subito vivere la noia e la delusione di un reale del tutto diverso.
Tra loro, tuttavia, sembra esserci un gusto condiviso, due solitudini reciprocamente assorte, disinteressate ma non troppo, pur continuando le proprie vite, e qualcosa in Edith comincia a cambiare, fino a un evento che sa di tragicommedia sentimentale.
La protagonista, intrufolatasi imprudentemente nella loro casa, vivrà un inaspettato faccia a faccia con Rebecca, la moglie di Eric, da lei apparentemente assolta a difesa di un matrimonio che vive di libertà sentimentale e sessuale. Il reale racconta una storia completamente diversa, o la imprevedibile prosecuzione della stessa, una proposta di collaborazione domestica focalizzata su Akila, ragazzina nera adottata da Eric e Rebecca, alle prese con la reticenza di un mondo bianco e di un quartiere snob assorto nei propri privilegi.
Edith, dopo un’ iniziale titubanza, vedrà in lei una solitudine condivisa, la difficoltà di rendersi visibili, e per il colore della pelle e per il ricordo della propria storia famigliare, una madre alla deriva sentimentale e un padre traumatizzato per sempre dagli esiti bellici.
La protagonista sin qui ha navigato in superficie, per sopravvivere e per annientarsi, allineandosi all’ inverosimile, anestetizzata da una sensualità e da una voglia di piacere che usa all’eccesso, sguazzando faticosamente in un mondo egocentrico e schizofrenico che non le appartiene e da cui verrà cacciata inesorabilmente.
Cercherà un lavoro non mortificante, inseguirà un’ illusione d’amore, per il momento vive un ménage a trois in una casa che sta imparando a conoscere, costruendo relazioni che coinvolgono i sentimenti e riabbracciano un’ idea di famiglia. In questa nuova casa si vivono rapporti stereotipati e deludenti, di ruolo, marito, moglie, figlia adottiva e ciascuno scaglierà su di lei un senso di inquietudine e solitudine, Edith si abbandonerà a confidenze e a un’ impensabile titubanza sentimentale.
C’è un viaggio a ritroso, pieno di assenze e sofferenza, un presente difficile da approfondire e cambiare, in cui si vorrebbe lasciare il segno, un futuro non pervenuto. C’ è un percorso sentimentale che lentamente si allontana dagli errori commessi, tanti, che ricerca il proprio posto nel mondo e che con sarcasmo e ironia critica una società invisa, superficiale e maschilista, intrisa di banalità, un insulto per una intelligenza creativa.
Un bel romanzo d’ esordio per la giovane scrittrice afroamericana Raven Leilani, nei toni e nei contenuti, un flusso di creatività letteraria, una protagonista che inventa e utilizza fiumi di parole con arguzia e intelligenza, vivacità, autoironia, ma anche dolcezza e malinconia, recitando una parte artificiosa nel mondo di superficie e un’altra ben più vera nel cuore di un io menomato e fragile, sovente disilluso.
Questo il quadro di una narrazione fintamente di superficie, che sa come usare e dosare il linguaggio per approdare ad altro, anche se la via pare tracciata da tempo.