Che tu sia per me il coltello
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AMORE E COMPASSIONE
In occasione di una festa Yair nota Miriam, un viso tra tanti in un gruppo di persone, uno sguardo e una postura che raccontano il bisogno di isolarsi dalla realtà. Nasce in lui la necessità di confidare a questa donna ciò che non è mai riuscito a rivelare nemmeno a se stesso. E’ l’incontro di due sconosciuti, l’inizio di una relazione scandita dal ritmo delle parole, tratteggiata dall'inchiostro di una penna che la notte non riposa. Si cercano, si studiano e si trovano in un mondo che fiorisce silenzioso e impalpabile ai limiti dell’immaginazione, dove i contorni della realtà si sfrangiano per lasciar spazio ai sogni. Yair e Miriam sono due persone all'apparenza diverse: lui, impulsivo, infantile e insicuro; lei pacata, riflessiva e generosa. Distanti nel carattere eppure simili nelle cicatrici, quasi identici nel tentativo di anestetizzare le proprie ferite affogandole nella monotonia quotidiana. Due cuori allo specchio che si sfiorano timorosi di toccarsi e di abbracciarsi. È insolita e anacronistica la scelta di comunicare tramite lettere eppure il messaggio ricamato sulla trama di queste pagine pare cucito su misura per una realtà materialista e corporea come la nostra, in cui la forma prende spesso il sopravvento sulla sostanza e l’apparire conta più dell’essere. Conoscendo Yair e Miriam si ha la percezione di tuffarsi in un pozzo di sentimenti dal quale emerge, prima fra tutte, la difficoltà di regalarsi agli altri senza filtri e senza maschere, privati dello schermo protettivo della nostra stessa pelle, nudi, fragili e inermi. Non mi limiterei a parlare di un racconto d’amore. Questo è un viaggio introspettivo nei meandri più nascosti della natura umana, in cui EMPATIA e COM-PASSIONE diventano protagoniste e poesia e musica si prendono a braccetto, orchestrate dalla sensibilità di David Grossman. Occorre leggere e rileggere questo romanzo, divorare ogni sua parola perché le lettere di Yair possano frugare come un coltello dentro la nostra anima, sbriciolarla e ricomporla pagina dopo pagina più vigorosa di prima “usando gli stessi pezzi e migliorandone il risultato”. E nella luce di una nuova autoconsapevolezza scopriremo anche noi che “è impossibile non essere belli quando si è felici”
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IL COLTELLO CHE NON HA FUNZIONATO
Non so bene dove iniziare per scrivere di questo libro. E’ un romanzo epistolare scritto in maniera particolare che ho faticato a leggere e ad andare avanti, l’ho trovata una lettura ostica. Non mi sento di consigliarlo. Non è il classico libro che dici “o ti prende o non ti prende” perché c’è altro.
Libro molto famoso e citato tanto ma purtroppo non sono riuscito ad entrare in sintonia con i personaggi e anche se ho trovato originale come scritto, non mi ha convinto e con me non ha scavato chissà che. Non lo ritengo un libro pessimo perché del contenuto c’è ma se ovviamente dalle parole scritte (anche le più belle) mi arriva poco o nulla non ne posso avere un’opinione elevata. Il coltello con me non ha funzionato.
Li ho trovati abbastanza fastidiosi i protagonisti e se in certi romanzi anche se fastidiosi guardando l’insieme si riesce a provare qualcosa qui non è accaduto. E’ una lettura unidirezionale all’inizio e per questo ardua, poi si scioglie e scorre più velocemente. All’ inizio non c’è diciamo quell’attimo di respiro e di botta e risposta che ti aspetteresti da un romanzo epistolare e questo infiacchisce la fluidità. In generale non è la fluidità che mi fa piacere un romanzo ma quello che mi trasmette. Sì ci sono bei pezzi e belle frasi ma i protagonisti mi sono rimasti sempre indigesti e non mi hanno scavato in profondità.
Non so, l’ho trovato un po’ troppo artefatto in certe lettere e il linguaggio usato a volte mi ha infastidito. Ovviamente è una mia opinione personale. Non credo leggerò altri romanzi di questo di autore.
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Non credo che “ Che tu sia per me il coltello” sia esattamente una storia d’amore. Del resto il riferimento alla frase Che tu sia per me il coltello con cui frugo dentro me stesso è abbastanza chiaro. Forse il romanzo contiene anche una storia d’amore ma è soprattutto una richiesta d’aiuto di un uomo che sta morendo congelato e disidratato per le ferite del suo passato a una sconosciuta che non si capisce perché dovrebbe corrispondere con lui mancando completamente nel loro gioco la molla dell’attrazione fisica (lei non sa chi è lui), sostituita probabilmente dalla curiosità per la situazione anomala. Il romanzo quindi è in forma epistolare (richiama le lettere a Milena di Kafka)e le lettere per la maggior parte del libro sono quelle di lui mentre le lettere di lei sono solo citate e vengono riportate solo dopo che finiscono le lettere di lui. Le lettere sono o vogliono sembrare d'amore. Le lettere di lui sono cioè d’amore ma contengono la strana richiesta di restare lettere e non diventare mai incontri, cosa che fa sorgere dubbi sulla loro vera natura. Le regole del gioco amoroso letterario sono infatti che i due non devono incontrarsi mai e che in un dato giorno smetteranno di scriversi completamente. Le lettere di lui sono molto belle, e all'inizio il romanzo mi è sembrato bellissimo. Forse poteva essere tagliato, nel senso che dopo un po' la lettura diventa un tantino esasperante e ripetitiva. In ogni caso i due riescono a creare un universo parallelo dove si sta bene, fin troppo bene e non si capisce il motivo della data di scadenza della loro corrispondenza. Sembra che lui sia un habitué dell’amore virtuale e cambi donna come un bravo orologiaio fa girare le lancette dell’orologio per un suo bisogno di femminilità che non è una esigenza sessuale ma mentale. Dopo alcune lettere di lei a lui, che però non le risponde più, arriva il finale criptico in cui anche la scrittura si ingarbuglia e c'è una telefonata reale di lui a lei e la narrazione diventa confusa in un alternarsi dei pensieri di lui e di lei. Lui sembra impazzito e le telefona, dopo tante lettere d'amore, per dirle che ha chiuso il figlio fuori casa al freddo e non intende farlo entrare. Si sente l'angoscia del tempo che passa, del freddo, di lei che non sa che fare, della pioggia che cade. Io credo che il finale sia chiaramente simbolico. Penso che il bambino stia a rappresentare una parte dello stesso essere umano che deve essere accolta e amata. Lei è stata scelta da lui come corrispondente in quanto madre in grado di accogliere e curare il bambino congelato che sta in lui e salvarlo. Io voglio credere che lei ci riesca, cioè mi fa piacere pensarlo anche se il finale non è del tutto chiaro. In effetti l'amore quando è amore non ha bisogno di niente altro che di esserci e in un certo senso può non essere molto diverso esserci come madre o amante. La gravidanza di lei mi pare simbolica di questo strano rapporto che consiste nell'accogliere il bambino Yair. Il finale è abbastanza a sorpresa dopo una storia che sembrava nella sua mancanza di avvenimenti molto lineare. E la richiesta d’aiuto e di amore è tenera e lancinante, più di quanto apparisse dalle lettere.
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“Amore è il fatto che tu sei per me il coltello co
“Ma io credo, con tutti il cuore, che ci sia un luogo, forse non il giardino dell’Eden, in cui potremo stare insieme. Un luogo che nella realtà non è più grande di una capocchia di spillo, per via delle inevitabili restrizioni; ma per noi sarà grande abbastanza, e lì potrai essere te stesso, chiunque tu sia. Solo di una cosa non sono ancora sicura, ed è questo che mi frena: forse non sei in grado di credere che esista al mondo un luogo in cui tu possa essere te stesso, e sentirti amato. (Perchè, se è così, non crederai mai che qualcuno possa amarti.)”
Ho portato questo libro con me ovunque in questo mese: al mare, in gelateria ma non riuscivo proprio a finirlo. Un agonia assurda, sia per le emozioni che mi scaturiva sia per la storia. Ho provato nei suoi confronti sentimenti contrastanti.
Frasi come questa che apre la mia recensione mi spinsero a decidere di acquistare e leggere questo libro. Frasi, che a mio modesto parere, lasciano il tempo che trovano ora che ho finito il romanzo. Devo partire con l’affermare che la mia non sarà una recensione positiva del romanzo. Partiamo con ordine.
Che tu sia per me il coltello è un romanzo scritto da David Grossman nel 1998. Il titolo riporta a mio parere un chiaro riferimento alla frase scritta da Kafka in una lettera indirizzata alla sua amata Milena: “Amore è il fatto che tu sei per me il coltello con cui frugo dentro me stesso”. Alquanto sublime e profonda. Credo, difatti, che l’autore con tale titolo e palese riferimento più volte nel romanzo, egli volesse sottolineare la stessa natura del rapporto che vi era tra Kafka e Milena con quello tra Yair e Myriam. Assistiamo da entrambe le parti ad un rapporto platonico alimentato solo da lettere confuse e molto spesso inviate da un solo destinatario. La prima parte del libro si concentra su Yair, egli descrive come in un gruppo di persone la figura di Myriam si fosse elevata e fatta notare, portando ad isolare il suo sguardo. Così le scrive una lettera proponendole un rapporto profondo, aperto ed intenso senza vincoli. Ovviamente, si parla di un rapporto epistolario che si presenta sotto forma di supplica accolta da Myriam, la quale si sente sedotta ed incuriosita. Inizialmente, sarà un rapporto unidirezionale in quanto Yair inizia a scrivere ed inviare in maniera ossessiva lettere a Myriam, raccontandogli tutto ciò che fa. Successivamente, questo rapporto per lui si trasforma inizia a sentire il bisogno di scriverle, di aprirsi a lei. Sente che solo lei lo comprende (nonostante l’appagante rapporto con la moglie Maya) aprendo in lui un varco profondo, squarciando la sua anima e frugando dentro di lui come appunto fa un coltello. Pian piano Myriam diventa indispensabile nella sua vita.
“I tuoi occhi così tristi-magari sapessi il motivo-che tuttavia, in ogni lettera, sento pronti a illuminarsi, a spalancarsi. I tuoi occhi alla Giulietta Masina. E con quello sguardo mi chiedi ancora: chi sei? Non so, vorrei essere chiunque il tuo sguardo vede in me. Sì, se solo non avrai paura di vedere- forse sarò.” La seconda parte si apre con lo sfogo di Myriam racchiuso in un quaderno dove inizia a ricopiare le lettere ricevute da lui prendendo coscienza di esserne innamorata, grazie all’intuizione del marito Amos. Tuttavia, la sua condizione di madre di un figlio affetto da una malattia che non viene specificata nel libro la porta a non vivere pienamente la sua condizione di donna confusa. Le mie impressioni sul romanzo sono queste: Innanzitutto, trovo abbastanza pedante e noioso il fatto che il libro si basi per buona parte sulle lettere di Yair. Trovo che il suo interesse nei confronti di Myriam ossessivo e soprattutto carnale (difatti, non fa che ripetere nelle prime lettere quanto desideri averla fisicamente e giacere gridando il suo nome), non rivedo nelle sue parole, parole d’amore. Il linguaggio utilizzato dall’autore tutto sommato è molto semplice ma la struttura del libro provoca confusione al lettore. Non si comprende a cosa si riferisca, in quanto non abbiamo la presenza delle lettere di Myriam. Trovo anche ingiusto il fatto che il confronto tra i due personaggi avvenga solo alla fine del personaggio e che non ci sia un chiarimento e dialogo aperto sui loro reali sentimenti.
Il personaggio di Myriam è ciò che salva il libro è una donna forte che riesce a fronteggiare le difficoltà della vita e anche se dalle lettere di lui traspare una figura altezzosa, essa in realtà non lo è. E’ affettuosa, magnanima e benevola non solo nei confronti del figlio ma anche nei confronti di Yair. Tuttavia, comprendo e non comprendo nello stesso tempo il perchè non abbandoni tutto e viva appieno i suoi sentimenti. Il senso di responsabilità nei confronti della sua famiglia la fa apparire una martire costretta a reprimere tutto.
La pioggia finale è abbastanza simbolica, un fiume di lacrime per un rapporto non vissuto. Molte persone hanno trovato questo libro un capolavoro, per carità ognuno di noi ha gusti differenti ma devo dissentire. E’ un libro logorroico, poco avvincente e per nulla accattivante, sorretto e salvato dalle geniali frasi buttate qui e lì che ti penetrano lentamente nell’animo. Ne consiglio la lettura a tutti coloro che non hanno fretta e hanno la pazienza di arrivare sino alla fine. Bisogna essere di uno stato d’animo tranquillo, forse è quello che mi ha fregato o il totale disprezzo per le lettere di adorazione del protagonista. Ciò non toglie che il titolo del libro e la copertina rimangono le cose più affascinanti e che tutt’ora oggi alla sola vista mi emozionano. Il detto mai giudicare il libro dalla copertina, mi sembra quanto più possibile da applicare a tale romanzo.
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Soltanto lettere di "adorazione"
Forse è stato un mio problema, ma ad un certo punto durante la lettura di questo libro, non riuscivo più a distinguere ciò che era reale e ciò che era frutto dell'invenzione dei protagonisti. Inoltre, spesso, non riuscivo a trovare un filo logico nei discorsi. Ho proseguito la lettura circa fino alla centesima pagina, poi mi è stato impossibile continuare. Fino al punto dove sono arrivata, è soltanto una serie di lettere scritte da un uomo, Yair, ad una donna, Myriam. L'uomo scrive lettere di "adorazione" a questa donna semplicemente perché un giorno la scorge da lontano e nota che ha la tendenza ad isolarsi dagli altri. Questa storia è del tutto inverosimile, come se si trattasse di un amore platonico, a tratti davvero incomprensibile e ripetitiva.
Le uniche sfumature positive di questo romanzo, se così può essere definito (dato che in realtà è una raccolta di lettere), sono il registro linguistico e lo stile di scrittura che ho apprezzato.
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CAPOLAVORO STRUGGENTE
Come una lama affilatissima e silenziosa, che tu sia per me il coltello è stato in grado di incidere il mio percorso esistenziale più di ogni altro libro. Intenso, struggente, logorante, non è di facile lettura, ma è uno schiaffo che fa male, un viaggio nella profondità dell'animo umano, un dolore al petto. Grossman è un paroliere eccezionale e la sua sensibilità nel delineare le sfumature psicologiche dei protagonisti è magistralmente straziante. Myriam e Yair si sanno senza conoscersi, si amano senza corpo, si appartengono senza aversi. è un grande libro d'amore e di parole, forse il più grande. Di sicuro, quello a me più caro.
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E alla fine del libro, soli distrutti e abbandonati da Grossman, vi chiederete: Myriam dove sei? Yair perché?
ermeneutica e dialettica nella metafora coltello
La recensione che scriverei è su "Che tu sia per me il coltello" di David Grossman; edizione della collana Oscar Mondadori, Milano 1999 tradotto da Alessandra Shomroni.
In realtà quanto riportato dalle numerose recensioni sul testo mi sembra già talmente ampio ed in larga parte da me condiviso da rendere superflua una ulteriore critica se non una critica (giusto per sottolineare un aspetto a mio parere fondamentale) alle critiche.
In molti commenti colgo una generale tendenza a definire irreale il non-luogo in cui si collocano le vicende di Yaìr e Myriam. Invero nulla vi è di più reale, concreto e del rapporto tra i due. La realtà a cui mi riferisco è la realtà della verità possibile-fondata-conoscibile solo-nel-attraverso il Linguaggio. Nell'opera di Grossman aleggia senza essere descritta (la descrizione è heideggerianamentte un porre-fuori-da-sé) l'ermeneutica più pura, il concetto che "il linguaggio fonda il mondo". Non è un caso che i due corrispondenti possano 'percepire' l'uno i sospiri, gli sguardi e i pensieri dell'altro. Quello che accade è generato dal linguaggio stesso che lo esprime esattamente come il linguaggio esprime la concretezza materiale di due vite che sono reali perché fondate per e nel lógos che intende il fenomeno come "svelamento". E ancora, ciò che di irrazionale si incotra è tale perchè è razionale solo ciò che nell'assoluto riconosce la contrapposizione e dialetticamente la supera. "Nascondi a Maya il mondo della tua immaginazione e a me quello della tua realtà. Come fai a destreggiarti fra tutte quelle porte che si aprono e si chiudono? E qual è il luogo in cui vive veramente, una vita completa?”. Ecco, in questo breve periodo prodotto dal nervosismo di Myriam per il costante rifiuto di Yaìr di rivelarsi, l'esplicitazione di una realtà troppo significante dal significato ancora in fìeri a causa di una completezza assente raggiungibile solo mediante l'aspetto fisico della vita. Completezza che compresa rende Razionale (ragione a questo punto in termini praticamente hegeliani) l'intellettuale e l'estetica (intesa come conoscenza del dato empirico).
Dunque da un lato in entrambi i personaggi la frequentazione epistolare completa il loro 'bilancio esistenziale' nei suddetti termini, dall'altro sempre per i motivi sopra indicati esso non è sufficiente a se stesso.
Ed ecco il coltello. Questo tagliare, scalfire il rivestimento della quotidianità e l'infrazione del senso del pudore a cui siamo assuefatti e che ci permette di mitizzare noi stessi per svelare quanto difficile sia invece il rapporto umano (sia con gli altri che con-in noi stessi).
Il risultato non può che essere un'opera a dir poco travolgente in cui lo scontro tra possibilità e necessità, biasimo ed elogio, contingenza e idealità rende impossibile una lettura diataccata e serenamente superficiale
Tuttavia è un testo intriso anche di psicologismo. Per quanto riguarda il travaglio conscio ed inconscio di Yair e di Myriam dovuto rispettivamente ad un padre e ad una madre decisamente non all'altezza di un figlio e alla loro differenza dai relativi contesti di vita cedo volentieri la parola a chi è in grado di parlarne con il lessico appropriato. Io mi limito a percepire quest'altra forza pontentissima che sprigiona ogni frase dei due e a pensarci su.
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Un po’ troppo per essere amore
Una donna sconosciuta fa un gesto. Un uomo rimane colpito da quel gesto, semplice ma evocativo. Nasce qualcosa, un’esigenza di dialogo. Inizia così una corrispondenza insolita.
Iniziamo leggendo soltanto le parole di lui, che dà inizio allo scambio.
Lui cerca di mantenersi privo di identità, nella speranza di costruire un mondo nuovo, piccolo ed esclusivo, interiore ed estraneo alle mura di casa e al cielo del quotidiano. Lui desidera un mondo di parole, ritagliato su misura per due. Inseguendo i desideri, le parole danno voce ai ricordi nascosti, ai gemelli più oscuri, alle vergogne che non si possono condividere con chi condivide già la vita quotidiana, la carne, la tavola apparecchiata. Ma dei segni sulla carta forse possono sedurre come il corpo, anzi più del corpo. Le parole diventano nutrienti e preziose “come oro, grano e burro”. Un po’ troppo per essere amore.
I sentimenti, materia prima irrinunciabile per la narrativa, in questo romanzo non sono raccontati, ma trasformati in parole. E i segni sulla carta danno vita a qualcosa che è concreto, qualcosa che trasforma la materia in astrazione. Amore? “Un po’ troppo per essere amore.” Così il dialogo si interrompe; iniziano le parole di lei, che ci trascinano verso un finale drammatico, inaspettato.
La scrittura, sontuosa e lenta, avvolge il lettore in una stretta morbida ma insidiosa. Azzardo il solito paragone culinario: questo libro è come le ostriche crude, un piatto che può piacere alla follia o essere sputato nel piatto con disgusto. I personaggi, i drammi, il passato emergono lentamente dalle parole, che fuggono come le immagini di un film. Le emozioni e il coinvolgimento del lettore crescono insieme alle sorprese.
Non è un libro facile. Non è un libro per tutti, ma lo consiglio a tutti. Vale la pena provare.
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..IN BILICO..
Devo dire che quando ho iniziato il libro, le prime parti, le ho trovate noiose e opprimenti ed ero tentata a chiuderlo e iniziarne un'altro. A mano a mano che leggevo però ho capito il significato che vuole dare il libro ai lettori, i vari sentimenti dei personaggi che li legano tramite parole, scritte da loro stessi. In se è un bel libro, con un finale inaspettato devo dire. Non so se consigliare o meno questo libro, io dico che a secondo dei propri gusti.
Da precisare che questo libro non ha come base una storia, ma ha delle storie all'interno raccontate dai personaggi che messe insieme formano la storia che è il libro.
Una frase che mi ha colpito molto:
"Amore è il fatto che tu sei per me il coltello con cui frugo dentro me stessa".
Buona Lettura :)
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L'IRREALE NON E' PER TUTTI
In genere scelgo quali libri leggere in base all’ispirazione del momento, in base a un commento alla radio, o a un argomento che desta la mia curiosità. Raramente affronto un libro consigliatomi . Eppure per -Che tu sia per me il coltello- ho fatto una eccezione.
Non conoscevo la trama né l’autore, e mi sono lasciata “convincere” dal titolo, molto particolare e intrigante.
Mi sono anche lasciata convincere (sbagliando,ora lo so) dalla grande pubblicità che circolava in merito.
Odio quando compro un libro e poi me ne pento, ed è questo uno dei rari casi.
La mia recensione è soggettiva, perché il libro in sé è scritto bene, bella sintassi, bella grammatica, nulla da contestare. Il problema per me è stato che non sono in grado di comprendere libri privi di una trama, privi di un tema, privi di luoghi, e di personaggi con delle storie, con uno scopo.
Il libro, come già scritto in parecchie altre recensioni, inizia improvvisamente con la parte maschile che scrive e scrive e scrive, e io, purtroppo, non riuscivo a capire a chi scrivesse, da dove scrivesse, perché scrivesse. Non capivo la storia passata che ha spinto il personaggio a scrivere, non capivo se stava scrivendo realmente e spedendo le sue lettere a un personaggio reale, o se fosse un interminabile monologo con se stesso.
L’ho portato avanti solo per sfinimento, per poter dire: l’ho letto anche io.
Male.. male.., non si dovrebbe mai leggere con questo scopo.
A metà libro credo, appare la controparte femminile, che a sua volta scrive e pare rispondere a queste lettere. E anche qui non capisco, mi pongo tante, troppe domande: chi sei, dove sei, perché scrivi, cosa ti è successo?
Una tortura.
Chiaramente non sono stata in grado di capire il finale e ho chiuso il libro con l’amaro in bocca. Ammetto il mio fallimento.
Non sconsiglio questo libro perché, ripeto, non è scritto male, ma per chi ama come me leggere di storie con una trama, con luoghi ben raccontati, personaggi con un passato e un presente, non fa per noi.
E’ stata una lettura troppo “irreale” e purtroppo non l’ho apprezzata affatto.
E’ un libro troppo introspettivo, troppo incentrato su due soli personaggi la cui storia ho potuto solo, con molta fatica, immaginare e presupporre.
Non me ne voglia chi ha amato questo libro, ammetto di non esser stata io a comprenderlo, forse sono troppo concreta, non amo leggere elucubrazioni e pensieri astratti.