Cavalli in fuga
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La guerra dei gigli.
Questo libro è scritto benissimo da un punto di vista dello stile ma è una lettura davvero pesante per i contenuti del tutto estranei e quasi incomprensibili per la nostra mentalità occidentale. Le tre stelle al contenuto non sono un giudizio sulla profondità e ampiezza del contenuto, perchè anzi il libro è quasi un trattato filosofico ma per la qualità e per le idee dello scrittore.
Lo scrittore e quindi anche il giovane protagonista della storia, Isao, reincarnazione del protagonista del precedente romanzo della tetralogia Kijo, criticano aspramente il materialismo che sta allungando i suoi tentacoli anche sul Giappone, materialismo di cui sia il capitalismo occidentale sia il marxismo sono espressione. A queste culture aberranti è contrapposto il culto per l'Imperatore, figura quasi divina. La purificazione del Giappone passa però per una serie di omicidi di personaggi chiave del capitalismo che ricordano in un certo senso gli obiettivi delle BR. Non c'è astio nei loro confronti, niente di personale perchè non sono persone ma obiettivi astratti. Dopo l'omicidio che deve avere il compito di risvegliare le coscienze nei piani di Isao e seguaci c'è il suicidio rituale. Il sangue di giovani puri serve a vivificare la patria. C'è anche un libro nel libro, terribile sinceramente, in cui si parla di un atto simile verificatosi nel passato. "Come il candido cigno che si invola non lasciate traccia alcuna sulla terra."
Le prime 300 pagine del romanzo parlano di questo e sono di una pesantezza estrema.
"A partire da oggi, verrò tutti i giorni, ormai e vi farò vedere come si uccide un uomo. Sarebbe opportuno fabbricare un manichino di paglia e soprattutto allenarsi......"
Fortunatamente la banda di fanatici viene arrestata per una soffiata alla polizia che viene proprio dal padre di Isao. AMore filiale? Magari, qua sono tutti fanatici, non sperate che l'amore filiale sia un motivo sufficiente per un tradimento del genere. Naturalmente c'è un mero calcolo politico dietro al gesto. Ma, fortunatamente, nelle ultime 100 pagine c'è un accenno di storia d'amore e ci sono delle dichiarazioni di Isao che sono molto belle per il loro idealismo per quanto l'idealismo che prevede il sacrificio di vite umane non mi va a genio. E c'è anche un tocco d'ironia. Quelli di sinistra per farli parlare ci vuole la tortura e non basta mentre a Isao basta chiedere.
L'azione però è necessaria perchè chi sa e non agisce è come se non sapesse.
Il mio proposito non era quello di uccidere: ciò che volevo era distruggere lo spirito letale che avvelenava il Giappone. Ma per riuscirvi occorreva che io lacerassi la veste di carne, l'involucro di cui lo spirito dei morituri era rivestito. In virtù di codesta azione anche le anime di coloro che ci apprestavamo ad abbattere si sarebbero purificate e lo spirito di Yamato limpido e salubre sarebbe rinato dentro i loro cuori. Giacchè noi pure dopo aver trafitto quelle carni avremmo dovuto por fine immediata ai nostri giorni commettendo il seppuku.Perchè voi mi chiedete? Perchè se non ci fossimo liberati seduta stante della nostra spoglia carnale non avremmo potuto assolvere al nostro ruolo recando in cielo l'urgente invocazione.
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Spirito nipponico
Con “Cavalli in fuga” Mishima ufficializza la seconda parte della sua tetralogia “Il mare della fertilità”.
Inutile dire che prima di approcciarsi a questa lettura è consigliabile aver incontrato la voce dell'autore in “Neve di primavera”.
Se il primo volume della tetralogia brillava per la levità e la poeticità della scrittura unitamente ad un tessuto narrativo godibile e scorrevole, qua il “gioco” si fa più duro e la lettura richiede impegno.
A questo secondo volume, Mishima affida il suo credo, tutta la sua ideologia nazionalista, patriottica e nostalgica.
Ad attenderci è uno spaccato socio-politico nipponico a cavallo tra '800 e '900; l'avvento del capitalismo, il collasso dell'economia, la devozione per la figura dell'Imperatore.
Tanta parte della narrazione è dedicata alla ricostruzione di eventi storici, con citazioni di antichi testi nazional popolari, vere e proprie fonti ispiratrici per lo sviluppo del pensiero e della tradizione giapponese.
Questo è un romanzo in cui il tessuto narrativo si avviluppa a pagine dense di storia politica di un paese rimasto sempre un po' avvolto da un alone fumoso, un paese in cui la corsa all'occidentalizzazione si è sempre scontrata con i fortissimi retaggi culturali ancorati ad un passato colmo di tradizioni.
La penna di Mishima si adatta a ciò che richiede il contenuto, assumendo connotati più didascalici, rimanendo tuttavia nitida e profonda quando coglie gli stati d'animo ed accarezza i pensieri dei suoi personaggi.
Nel complesso è un lavoro di cui è impossibile non apprezzarne l'ampiezza del contenuto e la forza dapprima velata eppoi più scoperta del pensiero dell'autore, abilmente trasfusa nel corso dell'intera narrazione.
Una lettura dall'intenso sapore di testamento ideologico che assorbe tanta attenzione da parte del pubblico, ma che lo ricompensa con un epilogo in cui tutti i fili del pensiero convergono e danno forma e sostanza al romanzo.
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Honba
Ambientato negli anni '30 , lo spirito nazionalista giapponese sembra ormai cedere il passo all'occidentalizzazione , alla corsa del capitalismo ed al dilagare di una classe politica fortemente corrotta. Le masse contadine sono ridotte allo stremo delle forze, sempre piu' povere ed affamate.
Isao, giovane di radicata fede imperiale non puo' assistere oltre allo sgretolamento della fervida tradizione e decide di agire. Ispirandosi agli ideali di un manoscritto dove sono racchiuse le gesta sovversive di un gruppo di samurai, Isao raduna altri giovani patrioti cospirando gesti mirati ed eclatanti che inducano alla restaurazione del Paese ed alla salvaguardia del suo popolo.
" Sapere e non agire e' non sapere"
Secondo capitolo della tetralogia IL MARE DELLA FERTILITA', il romanzo non e' a se stante ma e' necessario leggere il precedente NEVE DI PRIMAVERA , sia per il ripresentarsi dei personaggi che per il ben netto filo logico che lega i due libri.
L'opera e' impegnativa e la lettura abbastanza lunga, ma lo sforzo richiesto e' ben riposto.
Scrivere di simili eventi, dal concepimento all'epilogo e' una cosa , comporre un testo come HONBA e' molto di piu'. Mishima affonda la sua penna come lama tagliente nelle carni del complotto, disseziona la cospirazione per i nostri occhi, dischiude un varco nelle menti e nelle anime di coloro che credono in un nazionalismo solido, spingendoci non solo ad osservare, ma a capire esattamente lo spirito di una cultura, di luoghi e di tempi tanto ameni.
Il fervore del testo non manca di ricordarci quanto lo stesso Mishima fosse patriota e si opponesse alla profanazione della tradizione nipponica, senza dimenticare che questa tetralogia e' l'ultima produzione dell'autore. Ancora due libri e sara' infatti il 1970, l'anno del suo seppuku.
Moderatamente faticoso, interessante, spirituale, infervorato...bellissimo, nelle ultime cento pagine aumenta il ritmo per poi terminare abbagliandoci con un'alba di Sol Levante, intrisa di sole, intrisa di sangue.
Buona lettura.