Casa di giorno, casa di notte
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Nowa Ruda
Classe 1962 è Olga Tokarczuk, polacca, nota al pubblico italiano per molte opere tra le quali “Dio, il tempo, gli uomini e gli angeli” si propone ai lettori con un libro che ripercorre la Storia e le storie. “Casa di giorno, casa di notte” esce per la prima volta in patria nel 1989 vincendo il premio letterario polacco NIKE e focalizza su Nowa Ruda, città polacca dove la narratrice si trasferisce insieme al marito. Siamo nella Polonia occidentale e la situazione che si prospetta innanzi ai nostri occhi è estremamente complessa. Siamo in una fase storica che risente del passato, la guerra non è solo un ricordo e qui gli abitanti sono guardati a vista dalle guardie di frontiera ceche. Non solo. È il confine a destare sconvolgimento. Da un lato vi è il mondo polacco, dall’altro la frontiera con quella musica e quelle discoteche che varcano ogni distanziamento e limite geografico. Due realtà diverse che sembrano inconciliabili, quasi rette parallele. La situazione politica stessa risente di quel che è stato. Ci troviamo davanti ad anime che hanno dovuto lasciare la zona orientale della Polonia e in particolare i territori della Lituania ma anche Bielorussia, che sono passati all’Unione Sovietica, e che si trovano ora a ovest dove hanno occupato le case abbandonate dai nazisti in fuga dopo la Seconda guerra mondiale. Ma il passato non è mai solo passato. Quel che apparteneva ai tedeschi esiste ancora, è seppellito forse sotto le foglie o le radici nei boschi, ma esiste ancora. È storia, storia che vuol tornare a galla e che vuol parlare di sé anche per mezzo della forma del ricordo che nel suo essere è anche estremamente doloroso. È con l’aiuto di Marta, enigmatica, non più giovanissima, controversa vicina, che queste storie vengono raccolte sino a ricostruire la storia di Nowa Ruda sin dalla sua fondazione. Pian piano tornano alla luce racconti eterogenei che si intrecciano con racconti agiografici, aneddoti eclettici anche volontariamente non cronologicamente ordinati, personaggi con storie variopinte che vengono descritti in modo da ricreare una cartina tornasole del posto. Tra i tanti Marek, ubriacone convinto di avere un uccellaccio nero imprigionato nel corpo, o ancora Franz Frost che pensa di essere colpito dalle influenze celesti maligne e che per questo costruisce un copricapo in legno, sono solo alcune delle tante verità che ricostruiscono questo puzzle fatto di vite, quartieri, oggetti, tra loro interconnessi seppur apparentemente sconnessi. Tra aneddoti, realtà, passato, presente e Storia che si ricompone.
«L'unica cosa che posso dire di me stessa è che mi lascio vivere, scorro attraverso un luogo nello spazio e nel tempo e sono la somma delle proprietà di questo luogo e di questo tempo, niente di più.»
Al tutto si somma uno stile semplice, fluido, rapido che ben si confà a quelli che sono i personaggi ma anche le vicende narrate con autentica e semplice genuinità. L’opera conquista anche per il suo riuscire a trattenere e coinvolgere il lettore in un filo conduttore principale anche se, nel concreto, si è davanti a una lettura frammentaria, non convenzionale, che si ricompone un poco alla volta.