Cani neri
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Cani neri
Per chi conosce McEwan da altri titoli, la lettura di “Cani neri” non risulta propriamente dello stesso livello.
Pur approcciandolo esenti da pregiudizi di sorta e predisponendosi all'ascolto incondizionato, tuttavia si giunge al capolinea con una sensazione di non detto, di non riuscito, di vaghezza e inconcludenza.
Il tema predominante vuole essere un'analisi politica che tocca alcuni aspetti storici, dai drammi prodotti durante il regime nazista al consolidarsi delle idee marxiste fino alla caduta del muro di Berlino. Ora, citati questi argomenti “colosso”, la carne al fuoco su cui costruire un romanzo appare tanta, invece, anche se duole affermarlo, la materia non prende mai consistenza nell'intero arco narrativo, limitando la penna ad un vacuo abbozzo di eventi e situazioni.
Possibile che un autore come l'inglese sia scivolato su un errore banale come quello di costruire un' opera senza gettare le fondamenta e senza seguire il disegno di una trama ben congegnata?
Oppure McEwan temeva di appesantire la narrazione con messaggi politici troppo evidenti?
Lo definisco uno scritto anomalo, che ci priva dell'anima graffiante dell'autore, dello scandagliare nei recessi dell'animo umano, del saper disegnare personaggi dai volti comuni ma capaci di risvolti imprevisti.
Manca la tensione emotiva, il gelo che la penna sa creare.
Non può essere la lettura indicata per chi deve approcciare l'ottima penna di McEwan per la prima volta, perchè a parte il darne la misura stilistica, ne provocherebbe la delusione contenutistica distogliendo da altre opere che sicuramente meritano.
Un'occasione mancata, un bocciolo destinato a non fiorire, una trama sociale e politica tracciata con una matita che lascia un segno sbiadito.
Indicazioni utili
- sì
- no
Mancanza di ispirazione
E' un romanzo tutt'altro che riuscito, che dimostra come dalla penna di uno scrittore di tutto rispetto possano a volte uscire banalità e persino sdolcinatezze di prim'ordine.
La trama è sconclusionata, la noia incombe tra le righe, si aspetta che qualcosa accada e non accade nulla, a parte l'incontro ampiamente preannunciato della suocera del protagonista con due enormi cani neri e la sfilza di considerazioni esistenziali mescolate ad altri ricordi di gioventù che ne consegue. E' un po' la folgorazione sulla via di Damasco della donna, che rimette in discussione tutti i suoi valori comunisti, trova Dio e in un percorso lungo una ventina d'anni finisce per lasciare il marito, troppo razionalista per i suoi gusti.
L'antipatia che ispirano i personaggi (compreso l'io narrante, con le sue uscite da satollo borghese di sinistra) depone a sfavore della qualità della narrazione, dato che l'intento dello scrittore è con tutta evidenza quello di suscitare partecipazione e interesse per le idee e gli stati d'animo che via via va snocciolando. C'è una visita a Berlino, subito dopo la caduta del Muro (il protagonista accompagna il suocero ex comunista) e per par condicio c'è un tour in un campo di sterminio nazista in Polonia (in questo caso il nostro si trova in compagnia della futura moglie), viaggi che hanno tutta l'aria di appunti di viaggio di un solerte turista con un discreto talento per la scrittura.
Nelle ultime pagine, certi paesaggi bucolici del Sud della Francia, indubbiamente ben tratteggiati, presentano però l'inconveniente di cui sopra, lasciando la sensazione di una distanza siderale tra chi scrive e chi legge. Mancanza di ispirazione, probabilmente.
Indicazioni utili
Amore, dialogo ed equilibrio
Un romanzo breve ma intenso, che rappresenta l'eterna lotta tra mente e anima, materia e spirito.
Un'unità scissa da una visione, due cani neri che diventano simbolo del male e un uomo, Jeremy, che si trova a fare da ponte tra queste polarità rappresentate rispettivamente da Bernard e June, i suoi suoceri. Un libro da leggere, scritto bene, che ci fa riflettere sulla necessità di dialogo e su come ogni verità sia giusta in se stessa, ma allo stesso tempo, senza equilibrio tra le parti, sia solo una presa di posizione vana e inconcludente.
A volte l'amore non basta.