Cane bianco
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Mitico Gary
"Quando vado a sbattere contro qualcosa che non riesco a cambiare, che non riesco a risolvere, che non riesco a raddrizzare, lo elimino. Lo evacuo in un libro"
Una grande e paradossale metafora che, attraverso l’ironia e il cinismo compagni di giochi perversi, e "sigla" stessa che contraddistingue la scrittura di questo grande e geniale autore, ci pone di fronte ai disordini razziali che negli anni’60 segnano un tratto della storia americana, ma presto si espandono oltre il confine.
Così umanità e bestalità nel romanzo di Gary perdono i loro confini, e si mescolano nel gioco dei paradossi,uomini che sembrano bestie e bestie umanizzate. Bianchi che lottano in nome dei neri, addestrandoli a loro volta ad odiare i bianchi.
"La provocazione è la forma di legittima difesa che preferisco."
Ma di fronte a questo marasma, in cui non rimane altro che constatare che anche i bianchi sono schiavi quanto i neri; schiavi dei loro preconcetti, di pregiudizi religiosamente tramandati da padre in figlio, e legati mani e piedi “al grande cerimoniale delle idee preconcette”,giunge da parte di Gary l’ammissione finale, dell’impotenza di fronte all'ineluttabilità stessa degli eventi.
Così ciò che accomuna uomini bianchi e neri, non è certo il dolore che trasuda in queste pagine di storia, ma la bestialità che come una museruola stringe il cuore di molti di loro, indipendentemente dal colore della pelle. Quella stessa bestialità che permette di addestrare un cane grigio a diventare bianco e poi nero.
Ma nonostante tutto:
"sento che bisogna continuare a fidarsi degli uomini, perché preferisco esser deluso, tradito e preso in giro, ma continuare a credere in loro e fidarmi di loro. Preferisco permettere ad altre bestie astiose di abbeverarsi a mie spese, nel corso dei secoli, a questa sacra sorgente,piuttosto che vederla inaridita. E’ meno grave perdere che perdersi."