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‟Prima di tutto parlerò della rapina commessa dai nostri genitori. Poi degli omicidi, che avvennero più tardi.” Ai nostri giorni, a distanza di mezzo secolo dai fatti, il professor Dell Parsons, americano trapiantato in Canada e alla vigilia della pensione, ricorda i due avvenimenti che hanno impresso una svolta decisiva alla sua vita e a quella di Berner, la sua gemella. Nel 1960, Dell e Berner hanno quindici anni e i Parsons sono una famiglia americana assolutamente normale, da cui sarebbe stato assurdo aspettarsi cose simili. Ma, come scrive Richard Ford, ‟il preludio a cose molto brutte può essere ridicolo, ma può anche essere casuale e insignificante. Cosa che merita di essere riconosciuta perché indica il punto da cui possono originarsi eventi disastrosi: a un pelo dalla vita di tutti i giorni”.



Recensione della Redazione QLibri

 
Canada 2013-04-18 16:04:13 Maso
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Maso Opinione inserita da Maso    18 Aprile, 2013
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Vivere, nonostante tutto

Quando ho iniziato a leggere “Canada” non sapevo esattamente cosa vi avrei trovato. Non conoscevo l’autore, se non di fama, e non ero sufficientemente informato sul suo conto da sapere di trovarmi al cospetto di un Premio Pulitzer, che ha visto entrare uno dei propri romanzi nella classifica dei cento migliori libri in lingua inglese scritti dai primi del Novecento. Benché non abbia la pretesa di potermi formare un’opinione valida su un autore dopo aver letto solo una delle sue tante fatiche, devo ammettere che prima di venire a conoscenza dei trascorsi così sfolgoranti del signor Ford non avrei mai sospettato tanti e importanti riconoscimenti. Probabilmente leggendo “Canada” non ho letto il suo meglio, quello che lo ha incoronato come appartenente ai massimi esponenti della letteratura statunitense novecentesca. Mi riprometto quindi di approfondire per capire meglio di quali virtù letterarie il pubblico e la critica si siano così pazzamente infatuate. Per il momento, analizzando brevemente l’ultimo lavoro di questo autore, mi limito a considerare ciò che ho notato, ricevuto e interiorizzato senza avere la possibilità di fare confronti con altre sue opere e con il quadro completo della sua poetica. “Canada”, per quanto mi riguarda, è il classico romanzo d’oltreoceano che ci racconta una contemporaneità tangibile e ormai trascorsa, un contesto temporale, quello degli anni ’60, vissuto e rievocato con un buon gusto che non prevede esagerate pretese di caratterizzazione e veli nostalgici troppo mielosi. Nessuna malinconia inutile e manieristica tenta di compromettere il sicuro andamento narrativo, che fluisce con una trama essenziale raccontata da voce adulta innestata su corpo di ragazzino, il quale rivive per noi nei ricordi (immaginari) dell’autore. E questo ragazzino è Dell, quindicenne, legato e slegato alla sua volubile gemella dizigotica Berner, ed insieme figli di una coppia di genitori caratterialmente male assortita. Bev, ex capitano dell’aeronautica militare statunitense, convinto, malgrado l’abbreviazione, che Beverly sia un nome maschile, persona allegra e distinta, fondamentalmente molto confusa sulla gestione più concreta della propria vita. La controparte è Neeva, ebrea, figlia di una conservatrice famiglia di immigrati, ripudiata per aver sposato Bev in un momento di assente lucidità. Persona eclettica, creativa, incisiva, schietta e dall’aspetto stravagante. Una coppia di genitori dai rapporti apparentemente normali che celano immensi canyon di incomprensione, incomunicabilità sentimentale, divergenze esistenziali. Una famiglia periodicamente sradicata a causa dei trasferimenti professionali di Bev, senza un’identità propria riconducibile ad un luogo da chiamare “casa”. Lavori inconsistenti e vacillanti che solo a tratti portano uno stipendio sicuro. Una somma di ragioni che logorano, una situazione che goccia dopo goccia scava silenziosamente la patina rocciosa della sopportazione. Un insieme di problematiche sommerse che porteranno la coppia di genitori a compiere un passo definitivo, che porrà irrimediabilmente fine a qualsiasi futuro “normale” potesse avere in potenza questo nucleo famigliare dalle complesse interazioni. I genitori, spinti dal bisogno di denaro, compiono una rapina in banca e vengono arrestati dopo pochi giorni, lasciando così allo sbando la coppia di figli quindicenni, che si separano e intraprendono ignote e differenti strade di vita. Il lettore segue Dell, che viene indirizzato verso il Canada dove verrà ospitato a Fort Royal, una sperduta e deprimente cittadina periferica del Saskatchewan. E’ da questo momento che, venendo gradualmente a contatto con il suo sedicente benefattore, Arthur Remlinger, la vita di questo giovane protagonista passerà dal vivere nello squallore alla definitiva discesa in una spirale di comportamenti violenti di cui sarà, suo malgrado, spettatore. Una violenza sorda, mascherata, cautamente annidata nelle multiple e volubili personalità di questo Remlinger dal carattere schivo e circospetto. In un’attrazione/repulsione questi due personaggi così distanti dialogano in un reciproco interesse fino al raggiungimento del secondo punto di non ritorno della vita di Dell, secondo climax della storia. Storia con un epilogo piacevole e ben gestito, attuale e verosimile, ancora una volta senza pesanti risvolti tragici, con un distacco sempre e comunque sufficiente a tenere alta l’attenzione del lettore. Quella raccontata da Richard Ford, nella mia personale lettura, è una storia che riguarda due tematiche principali, quella dell’egoismo e quella dell’intraprendenza, o, se vogliamo, della forza d’animo. L’egoismo, quello degli incoscienti genitori incapaci di gestire i propri sentimenti, i propri affetti, la propria vita, che in nome di una boccata d’aria fresca, come quella portata dall’anticonformismo e dall’anarchismo, in nome di una scarica di adrenalina che li faccia uscire da una quotidianità asfissiante, minano la giovane esistenza di due ragazzi bisognosi solo di radici e di educazione. Proprio quei ragazzi che, in un modo o nell’altro, dovranno tirare fuori quella forza d’animo che permetterà loro di vivere la propria vita nonostante tutto, cercando di trarre il massimo del bene possibile in qualsiasi cosa capiti sulla loro strada. Ragazzi che cresceranno, che condurranno vite certamente non perfette, magari insoddisfacenti, ma con la consapevolezza di aver tratto un importante insegnamento, quello del non perdersi d’animo, quello di prendere le cose per come sono, così, alla luce del sole. Una buona lezione questa, espressa con delicato, poetico vigore dalla penna di un autore che merita di essere ascoltato e che sicuramente ricomparirà tra le mie prossime letture, con il caloroso augurio che avvenga anche per voi.

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Canada 2023-10-04 09:37:49 topodibiblioteca
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topodibiblioteca Opinione inserita da topodibiblioteca    04 Ottobre, 2023
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Romanzo di formazione contemporaneo

Un romanzo che merita indubbiamente di rientrare nell’olimpo della letteratura americana contemporanea, “Canada” di R. Ford. Una storia in cui si capisce subito, fin dalle prime righe dell’incipit, che all’autore non interessa tanto raccontare degli avvenimenti di per sé (“Prima di tutto parlerò della rapina commessa dai nostri genitori. Poi degli omicidi, che avvennero più tardi. La rapina è la parte piu importante, perché fece prendere alla mia vita e a quella di mia sorella le strade che da ultimo avrebbero seguito”), bensì narrare un percorso di crescita, un “romanzo di formazione” direttamente attraverso le parole di Dell Parsons, il protagonista.

Della dolorosa storia di questa famiglia del Montana e delle conseguenze che ebbe sui figli Dell e Berner la scellerata scelta dei genitori di architettare una rapina ad una banca come forma di riscatto sociale, a Ford preme sottolineare, attraverso le parole del poeta irlandese W. Yeats, che “Non può esistere alcunché di unico ed intero che non sia stato strappato”. Lo stesso Dell, diventato adulto e narratore degli avvenimenti fornisce la chiave di interpretazione di questi versi: “le cose sono imperfette e tuttavia accettabili”. La comprensione di queste riflessioni per Dell e la sorella Berner passa dalla fuga, dalla ricerca di nuovi luoghi dove costruirsi un futuro che, in particolare per Dell, si materializza in una sperduta cittadina di provincia del Canada, famosa come luogo di ritrovo dei cacciatori per sparare alle oche. Ecco che improvvisamente il titolo del libro diventa subito chiaro: il Canada non tanto come luogo geografico bensì come luogo di formazione in cui il passaggio (di frontiera) con gli Stati Uniti assume i contorni di un doloroso passaggio dall'età adolescenziale verso l'età adulta. Qui in un posto sconosciuto che necessariamente diventa una nuova casa, con accanto persone sconosciute che diventano una nuova famiglia in sostituzione dei genitori finiti in carcere, Dell prosegue il suo percorso di crescita, la sua esperienza della vita, continuando ad apprendere che la fiducia è un concetto in continua evoluzione ed il prezzo da pagare rimane alto.

Un romanzo assolutamente consigliabile anche se, parere personale, la scrittura di Ford è piuttosto lenta, ripetitiva, nel ribadire i medesimi concetti in modi differenti, con la conseguenza che a tratti la lettura può diventare pesante impattando sulla capacità di concentrazione del lettore.

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Canada 2018-06-15 07:37:02 kafka62
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kafka62 Opinione inserita da kafka62    15 Giugno, 2018
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UNA VITA SURROGATA

“Sono davvero affascinato dalla capacità che una condotta normale ha di esistere accanto al suo contrario”

“Prima di tutto parlerò della rapina commessa dai nostri genitori. Poi degli omicidi, che avvennero più tardi”. Le prime parole di “Canada”, che mi liberano una volta tanto dallo scrupolo di non spoilerare la trama del libro che vado a recensire, costituiscono un curioso paradosso: non si sa infatti se prenderle come una sorta di captatio benevolentiae del lettore (del tipo: “ti prometto una storia ricca di avvenimenti, colpi di scena ed elementi thrilling, come rapine ed assassinii appunto”) o al contrario come una dichiarazione di intenti autoriale (in altre parole: “non mi importa quasi nulla della trama, quello che conta sta nascosto altrove e sta a te scoprirlo”). In realtà, la rivelazione di ciò che avverrà nelle pagine seguenti (tra l’altro raccontato quando dai fatti narrati sono trascorsi ben cinque decenni) è un modo per togliere ogni suspense al racconto e, privando chi legge di qualsiasi distrazione emotiva legata alle aspettative di come andrà a finire, concentrarsi su quello che è il vero e proprio tema portante del romanzo, ossia la storia di formazione del protagonista Dell, un quindicenne condannato da un giorno all’altro alla condizione di orfano prima e di esule poi, solo al mondo e costretto a fare affidamento soltanto sulle proprie forze e sulla sua scarsa esperienza della vita. “Canada”, che ricorda alla lontana l’universo di Charles Dickens (e ancor di più un’opera più recente di Donna Tartt, “Il cardellino”), è suddiviso in brevi capitoletti e in due parti nettamente distinte. Nella prima Ford ci proietta in una normalissima famiglia della provincia americana degli anni ’60 (padre, madre e due figli gemelli), raccontando con minuziosa dovizia di dettagli cronachistici e psicologici la sua dissoluzione dovuta alla sciagurata scelta dei due genitori di commettere una rapina in banca per riuscire a pagare un grosso debito contratto dal padre a causa di un affare andato a male. I novelli rapinatori, non essendo propriamente due Bonnie e Clyde, vengono ben presto individuati dalla polizia e arrestati, ma quello che più attira in queste pagine è la interessante descrizione degli ultimi giorni di “normalità” vissuta dalla famiglia, quando gli ignari figli percepiscono uno strano movimento dentro le mura di casa, quando il padre non assomiglia più a quello di prima pur non potendo dire precisamente il perché, quando le domande che si affacciano nella testa di Dell e di sua sorella rimangono inesorabilmente senza risposta e una minaccia inespressa sembra incombere su tutti come un temporale di fine estate. Allorquando i due genitori vengono arrestati e Dell, separatosi dalla sorella, viene caricato su un’auto e portato nel vicino Canada per sfuggire all’orfanotrofio inizia tutta un’altra storia. Catapultato in un mondo sconosciuto, tra estranei che si accorgono a malapena della sua presenza, il fragile ragazzino sperimenta la solitudine più spaventosa (“La solitudine – scrive Ford – è come fare una lunga coda in attesa di arrivare allo sportello dove hanno promesso che succederà qualcosa di buono. Solo che la coda non si muove mai, e gli altri ti passano davanti, e lo sportello, il posto dove vuoi arrivare, è sempre più lontano, finché perdi la speranza che abbia qualcosa da offrirti”). Solo il tempo gli permetterà di imparare che “non abbiamo sempre la possibilità di scegliere i nostri inizi”, una formidabile lezione di vita che oggi, nell’epoca del precariato, si potrebbe anche riassumere con la parola “flessibilità”. Privato repentinamente dalla sorte della esistenza comoda e rassicurante che immaginava dovesse durare per sempre (l’accogliente nido familiare, la tranquilla vita di provincia, il college), Dell è costretto a vivere una vita “surrogata”, la quale manda completamente a gambe all’aria quella esigenza di ordine e razionalità rappresentata dalle sue passioni per il gioco degli scacchi e per il mondo delle api. Egli impara a non pensare troppo al futuro (“Presta attenzione al presente. Non scartarne dei pezzi”, gli raccomanda l’amica della madre che lo accompagna al di là del confine), a non vivere nel rimpianto del passato perduto (“È sbagliato desiderare che le cose non siano accadute, persino le peggiori, come se uno avesse mai potuto trovare la sua strada fino al presente con altri mezzi”) e a capire che fra l’ammirazione per gli altri (siano essi i genitori o il misterioso e ambiguo Arthur Remlinger, il cui rapporto con Dell ricorda un po’ quello tra Jim e Long John Silver ne “L’isola del tesoro” di Stevenson) e la scoperta della loro scelleratezza il passo è più breve di quello che si può immaginare. “Canada” è un romanzo sull’accettazione del proprio destino (“Sai cosa significa avere un senso? – dice il padre a Dell – Significa che accetti le cose. Se capisci, poi le accetti. Se le accetti, capisci”), sulla capacità di non rassegnarsi anche quando si è costretti a ricominciare da zero: è cioè, in buona sostanza, un romanzo impregnato di quello che è un po’ il carattere saliente dell’american way of life, ossia la necessità di trovare la propria strada nella vita sfruttando unicamente (nel bene e nel male, come dimostra il lugubre colloquio finale con la sorella malata) le proprie doti e le occasioni incontrate lungo il cammino. Il romanzo di Ford è anche un lungo, inesorabile interrogarsi sul destino dell’uomo, su ciò che lo ha infine condotto ad essere ciò che è diventato e sulle condizioni che avrebbero potuto orientare la sua esistenza in un’altra, opposta direzione.
Eppure, nonostante le indubbie qualità artistiche dell’autore, non si può affermare che “Canada” sia un’opera del tutto riuscita. Se la prosa di Ford vorrebbe indubbiamente aspirare allo stile di Philip Roth (quell’inimitabile connubio tra complessità tematica e semplicità di lettura che caratterizzava così bene il compianto scrittore di Newark), c’è da dire che la storia di Dell non riesce quasi mai ad assurgere a metafora di una nazione o di un’epoca, e di quando in quando affiora persino un certo didascalismo di fondo (come quando invita “a non cercare troppo accanitamente significati nascosti od opposti – anche nei libri – ma a guardare nel modo più diretto possibile le cose”, solo così “riuscirai sempre a trovarvi un senso e a imparare ad accettare il mondo”). Inoltre, se a tratti le descrizioni dell’ambiente canadese riescono nella non facile impresa di richiamare alla memoria il fascino di un maestro del ritratto paesaggistico come il Turgenev de “Le memorie di un cacciatore”, non va sottaciuto che in molte pagine a prevalere è soprattutto la noia. Se questo sentimento sia da attribuire più all’ostico paese scelto, oltre che come titolo, anche come sfondo geografico, e ancor più simbolico, della storia (“un luogo di assenza e di promesse abbandonate”), oppure al tono straniante e anti-emozionale adottato dal narratore, lascio ad altri lettori decidere. Fatto sta che “Canada”, pur lasciando intravedere un notevole potenziale (ad esempio come sceneggiatura per una possibile trasposizione cinematografica), non riesce del tutto a mantenere le sue promesse implicite. Aver preteso di abbandonare di punto in bianco al loro destino personaggi di grande spessore umano, che probabilmente avrebbero meritato un maggiore spazio e una maggiore empatia (i genitori e la sorella del protagonista, Arthur Remlinger), e aver voluto privilegiare un realismo eccessivamente scabro e disadorno, forse più adatto alla penna di uno scrittore come Cormac McCarthy, è stata una scelta artisticamente onesta e sotto certi aspetti perfino coraggiosa, ma, a mio modesto e perfettibile parere, non pienamente convincente ed azzeccata.

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"Il cardellino" di Donna Tartt
"Il mare" di John Banville
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Canada 2016-05-14 11:00:42 Pelizzari
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Pelizzari Opinione inserita da Pelizzari    14 Mag, 2016
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Legami reciproci

Questa è la storia di una famiglia ed in tanti punti il libro mi ha ricordato scrittori statunitensi di grande portata. Una famiglia normale, padre, madre e due figli, che viene a trovarsi sottosopra dopo che padre e madre, insospettabilmente, rapinano una banca. Questo è l’evento del prima e del dopo. Quello che fa da spartiacque. Ho apprezzato molto la figura della madre, per cui tutto nella vita familiare è una croce, la vita la isola da tutto, ha una gran voglia, mai soddisfatta e repressa per anni, di cambiare. Penso sia il personaggio meglio caratterizzato. La lettura è un po’ lenta, forse stanca un po’ il lettore. Ma è bello addentrarsi nei segreti di questa famiglia e, più di ogni altra cosa, nei loro reciproci legami. E’ questo il cuore da scoprire leggendo, lentamente, e da fare proprio perché in quella famiglia ci può essere anche qualcosa che assomiglia alla nostra.

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Canada 2014-05-22 18:51:33 catcarlo
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catcarlo Opinione inserita da catcarlo    22 Mag, 2014
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Canada

Non si può dire che l’ultimo romanzo dello scrittore di Jackson, Mississippi, prenda il lettore per la collottola e lo trascini fra le sue pagine. Innanzitutto perché è costruito come l’unione di due lunghi racconti, tenuti insieme dal protagonista e da una assai più breve sezione finale. Poi a causa del ritmo lentissimo utilizzato dall’autore, che si lascia andare a dilungate descrizioni dei fatti, delle ambientazioni e, in maggior misura, degli stati d’animo: a ben vedere nel libro succede ben poco, anche se ci sono una rapina e due morti ammazzati (il tutto, peraltro, già anticipato nel primo capoverso), perché sono l’analisi e l’introspezione a prevalere di gran lunga sull’azione. Eppure, specie su chi non va di fretta, questa sorta di noir al rallentatore finisce per esercitare una sorta di fascino magnetico che scaturisce dalla voce affascinante che lo scrittore riesce a dare al suo personaggio – e il merito va attribuito anche al traduttore Vincenzo Mantovani – che riesce a coinvolgere anche narrando i minimi spostamenti di prospettiva. A tenere insieme il tutto, c’è la storia di formazione della voce narrante Dell, quindicenne figlio di una coppia piccolo borghese (padre in aeronautica, madre insegnante) che, assieme alla gemella Berner, si trova la vita stravolta dalla sgangherata rapina in banca architettata dai genitori per porre rimedio a un debito. Il percorso che porta i Parsons a diventare delinquenti per caso è raccontato nella prima parte del libro partendo dalla nascita di questa famiglia senza radici, in balia com’è degli spostamenti da una base aerea all’altra: è inevitabile che Dell cresca chiuso e solitario, ma, comunque, la semplice routine familiare procede fino a che non giunge il fulmine a ciel sereno: quando l’irreparabile accade, i due fratelli salutano per sempre i genitori e sono destinati a perdersi di vista. Il destino di Dell è un’anonima cittadina nelle praterie del Canada, dove un suo misterioso compatriota decide di occuparsi di lui. Arthur Remlinger è affascinante, ma nasconde un cuore nero: prima di arrivare a scoprirlo, Dell è costretto a vivere in una sorta di città fantasma (i desolati paesaggi di Partreau restano indelebili nella memoria) e a lavorare insieme a un inquietante métis. In tutto questo il protagonista finisce inevitabilmente per crescere imparando che è necessario essere capaci di accettare a ciò che la vita offre, anche perché anche la situazione più banale può nascondere una svolta improvvisa ed inattesa: nella maggior parte dei casi, non è colpa di nessuno se le cose vanno in un modo invece di un altro. A tirare le fila in questa luce serve allora la terza parte, in cui i due fratelli, ormai anziani, finiscono per reincontrarsi per un’ultima, dolente volta: si tratta però delle pagine di gran lunga meno interessanti, ammalate come sono di una certa ripetitività. Ben diversa è la capacità di Ford nell’immedesimarsi in un adolescente del 1960 (forse anche perché autore e pesonaggio sono in pratica coetanei) e sviluppare una storia che ha tra i suoi punti di forza il suo procedere con estrema lentezza e che, se cala un po’ nella seconda parte, riesce a trovare un equilibrio davvero mirabile nella prima (poi, ovviamente, se uno fatica a sopportare che ci vogliano duecento pagine perché accada ciò che è stato preannunciato nella prima riga è meglio che si rivolga altrove).

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Canada 2014-05-20 09:17:29 Donnie*Darko
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Donnie*Darko Opinione inserita da Donnie*Darko    20 Mag, 2014
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Un ragazzino coraggioso

Dell è un ragazzino come tanti nell'America degli anni '60. Ha speranze e passioni, oltre due genitori amorevoli ma incasinati che per un debito compiono ciò che nessuno si sarebbe mai aspettato da loro: una rapina. Vengono incarcerati e Dell, abbandonato anche dalla gemella, trova rifugio in Canada, presso l'ambiguo e affascinante Arthur Remlinger.
Scritto benissimo è una sorta di romanzo di formazione che si sofferma soprattutto sulle psicologie dei personaggi. In particolar modo l'autore narra in prima persona e tenta di sviscerare al meglio i fatti cercando di estrapolare la vera anima dei personaggi. Impresa ardua, con la natura umana difficilmente sondabile soprattutto nei suoi anfratti più bui, comunque assolta dall'autore con gran senso della misura . Dell poi non è un eroe, e nemmeno un ragazzino particolarmente intraprendente, resta sullo sfondo, quasi trascinato dagli eventi che tenta sempre di analizzare, incapace di amalgamarsi con il mondo circostante.
Ford però riesce nel portare a galla con delicatezza il tormento e la paura dettati dalla lontananza da casa, dall'assenza della tranquillizzante routine famigliare, oltre all'urgenza spaventosa del dover crescere in fretta. Allo stesso tempo riveste con una corazza in apparenza facilmente scalfibile il suo protagonista, in realtà molto più robusto di quanto ci si possa aspettare. Un'autodifesa impenetrabile adeguata a un microcosmo glaciale nel quale si ritrova catapultato senza comprenderne le coordinate principali, fondato su ambiguità e malizie di coloro che lo attorniano, ovviamente ignote a chi è ancora troppo immaturo per apprendere le leggi spietate della sopravvivenza.
La lettura scorre bene anche se a tratti la ripetizione di certi concetti e dei quesiti che balenano nella testa confusa del ragazzo, oltre che la (spesso superflua) descrizione minuziosa degli ambienti, tolgono un po' di respiro al tutto. La piccola epopea di Dell però affascina, e gli eventi descritti, mai furbescamente enfatizzati, avvincono nella sensibile semplicità con cui vengono riferiti.

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