Caduto fuori dal tempo
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Opinioni inserite: 4
Un'interessante lettura oltre le righe
Il primo ricordo che ho della lettura di questo testo è l’angoscia. Un lieve ma profondo senso di angoscia mi attanagliò le viscere fin dalla prima riga. Mi ci sono affacciata alla cieca, senza sapere che tipo di libro avevo davanti agli occhi e non è stato affatto facile capirlo. Rimasi spaesata dalla forma a mò di piece teatrale, tante voci e nessun vero narratore. Un coro confuso che invoca pietà per un dolore che non vuole saperne di affievolirsi. Non capivo, non era una normale storia con un inizio e una fine, dei personaggi e delle descrizioni. Si trattava in vero di tanti dialoghi solitari che pian piano, procedendo nella lettura, si sono uniti in un coro altisonante di pena e speranza. Poche pagine, tanti personaggi, un’unica comune storia che parla di perdita. La perdita di un figlio per i motivi e nell’età più varia, una perdita che non si riesce ad accettare. Una pena che si vuole lenire con il ricordo.
Raccontare un simile testo vorrebbe dire rovinare il piacere della scoperta di una storia che ti fa sentire il dolore dei personaggi come se fosse il tuo. Ne sono rimasta affascinata tanto quanto sconvolta, non mi aspettavo qualcosa di così avvolgente e profondo. La cosa sorprendente è che Grossman riesce a trasmettere un dolore reale fatto di angoscia e pesantezza interiore che non ha niente a che vedere con il pianto e la commozione. Non posso che consigliarne la lettura per provare con la propria mente un coinvolgimento tanto profondo quanto breve. Si tratta infatti di un libricino che si può benissimo divorare in poche ore capace però di arrivare fino in fondo a ciò che di più umano e viscerale possediamo!
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Caduto fuori dal tempo di David Grossman
La forma espressiva di quest’opera non è certo quella del romanzo. La parola qui è quella profondamente evocativa della poesia e la struttura si avvicina a quella della tragedia greca. Ci troviamo di fronte a una scena popolata da personaggi diversi per estrazione sociale, interessi, occupazione, ma tutti segnati da un dolore comune, la perdita di un figlio. È come se si assistesse al lamento di un coro e istintivamente si pensa a “Le troiane” di Euripide.
Lo scriba delle cronache cittadine, anche lui colpito dalla stessa disgrazia, è quasi lo scenografo che coordina i personaggi e descrive la scena nel dettaglio.
Entriamo nel vivo del dramma con il dialogo tra l’uomo e la donna, fatto di versi brevi, quasi singhiozzi, che rivelano l’esigenza di allontanarsi, muoversi per andare “Laggiù” e ricongiungersi con il figlio perduto. E “Laggiù” si configura subito come il confine tra la vita e la morte, tra l’essere e il non essere. L’uomo dunque inizia il suo viaggio e diventa l’Uomo che cammina, l’uomo che, svuotato di ogni desiderio, sogno, felicità, ha in sé solo dolore e disperazione. Come non pensare di fronte a questo personaggio, all’Uomo che cammina di Giacometti, la cui essenza è ridotta a un fascio di nervi e di ossa che gli permette a stento di procedere e attraversare una realtà priva di ogni senso e di umanità?
Il dolore e la perdita alterano la percezione di ciò che è intorno a ciascun personaggio, da qui l’esigenza di unirsi nel viaggio per tener vivo il ricordo.
La levatrice, abile ed esperta nel portare alla luce l’essere umano, qui subisce la morte e il suo linguaggio e le sue azioni sono come disgregate, atomizzate. Allo stesso modo la donna prigioniera della rete, simbolo della condizione umana, vede intorno a sé un mondo immagine del caos.
Il centauro, costretto a essere uomo-scrivania, dal momento in cui il lutto lo ha colpito, il maestro di aritmetica, i viandanti, sono tutti in movimento, non possono fermarsi. Sono come morti in vita la cui unica meta è “Laggiù”.
Ognuno di loro va incontro al figlio “caduto fuori dal tempo”, perché la crudeltà più grande per il genitore privato del figlio è pensare “come posso passare a settembre, mentre lui rimane ad agosto?”
Un’opera, questa, in cui c’è la costante contrapposizione tra movimento e staticità, vita e morte e dove il dolore si chiude in se stesso, in una sofferenza personale e egoistica. Ed è proprio l’universalità del dolore che unisce il lettore all’artista e ai suoi personaggi. E la conclusione raggiunge l’apice della poesia con quel grido espresso dal Centauro, che unisce il dolore a un profondo senso di colpa:
“ E’ solo che il cuore
mi si spezza,
tesoro mio,
al pensiero
che io….
che abbia potuto…
trovare
per tutto questo
parole.”
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SE MUORI...COME POTRO' IO VIVERE?
LE PAROLE... GRIDATE ... SUSSURRATE...DETTE...NON DETTE... DEL DOLORE.
Perdere una persona cara nel corso di una vita...a qualcuno capita...e una delle peggiori perdite sicuramente è quella di un figlio...
In questi casi ci sono delle parole giuste che si possono dire?
Difficile rispondere a questa domanda, molto difficile...forse ognuno ha le proprie...forse le parole non esistono: ecco il mio pensiero prima di leggere questo libro.
Qui troviamo "il dolore" che cerca in modo struggente delle parole, come valvola di sfogo.
Attratta quasi in modo misterioso dalla copertina e dal titolo, ho iniziato il racconto; da subito mi sono accorta che stavo leggendo il libro più strano e folle che avessi mai letto...inizialmente ho pensavo di lasciare stare...poi, essendo consapevole che si trattava della disperazione che aveva indotto lo scrittore a scriverlo, ho insistito nella lettura e con un rispettoso e assoluto silenzio ho ascoltato questo straziante sentimento che tentava di trovare le parole giuste... messaggi da accogliere , ricevere ... cercare di capire.
I vari personaggi che parlano nel racconto sono accomunati dallo stesso strazio : la morte di un figlio.
Ognuno a suo modo cerca di rielaborare l'accaduto,ma è difficile...ce la faranno?
Si può accettare una simile perdita? Si può continuare a vivere ed è lecito poterlo fare tornando all'amore e nuovamente alla vita?
Si assiste all'apnea dei sentimenti : silenzi invalicabili, rabbia, incredulità, emozioni ribaltate e sconvolte, pianti, respiri affannosi, nostalgie, rimpianti, strette al cuore e tanti sospiri ... anche nel sonno.
Come si può riuscire a dire : "Mio figlio è morto"? Come si può far vincere la morte ?
Ricordi belli ma dolorosi : è possibile riuscire a separare i ricordi dal dolore?
E ciascuno delle varie persone toccate da questa tragedia, trova un suo modo: chi si isola dal mondo, chi evade dal proprio ambiente, chi non trova pace, chi sproloquia, chi scrive...ma quanto è difficile trovare le parole!...Forse il silenzio sarebbe la cosa migliore...ma riuscire a condividere scrivendo può far bene, può essere un sollievo per l'anima e per chi vive ancora...arrivando finalmente a capire che "la morte non è morta"!
Ho sentito sulla pelle e dentro me, nel cuore e nella mente, il grande dolore che lo scrittore voleva trasmettere...Devo essere sincera: alcune frasi mi sono state chiare, molte altre no e allora ho cercato di leggerle con l'anima. Ho immaginato di aver provato io una simile sfortuna...ma non credo sia possibile riuscire ad immedesimarsi del tutto...No, penso che solo chi vive in prima persona può veramente capire nel suo intimo l'assurdo vuoto...l'incredibile stato in cui ci si possa sentire.Ecco perchè ho deciso di accettare tutto quello che mi veniva proposto senza dare alcun giudizio...solo con rispetto.
Sapevo che stavo leggendo l'estremo tentativo di una persona che cercava di esternare il suo dolore...e con altrettanto dolore in qualche modo ci è riuscito...ma io sono convinta che solo una gran fede potrebbe essere l'aiuto più grande in queste occasioni, oltre che una gran forza fisica e mentale...
Durante la narrazione mi è venuto spontaneo pensare ad alcune persone che conosco alle quali è morto il figlio: una è rimasta con un tic nervoso provocato dallo choc subito; un'altra non è più riuscita a vivere, pur avendo altri figli perchè caduta in una distruttiva depressione...una coppia continua a vivere con l'aiuto di una gran fede ed un ribaltamento di valori e priorità di vita.
Un libro struggente...particolare e tanto triste, che però tocca nel profondo... sicuramente non per tutti...
Pia
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è il libro
Se ne: "A un cerbiatto somiglia il mio amore" il viaggio sembra non finire, "Caduto fuori dal tempo" rappresenta la consecutio, il punto di arrivo , paradossalmente un itinerario che scandaglia l'animo dei protagonisti, che induce i lettori ad una profonda riflessione. Lo stile di scrittura ricorda i poemi omerici, dove il narratore fuori campo, propone un dipinto in cui le immagini anticipano la parola ed il peso prepotente che essa ha. Ci racconta del dolore sordo, profondo, pungente vissuto da tanti ma sempre da soli. Troppo privato troppo intimo per essere condiviso. descrive l'amore , lo strazio dell'essere, l'urlo,la rabbia,lo sgomento, la compassione,il coraggio . Descrive il desiderio di rinascita, e, per parafrasare un altro suo titolo, la voglia di avere ancora "qualcuno con cui correre". Apprezzi non solo Grossman scrittore, ma anche Grossman uomo . Il romanzo che si fa poesia.