Cacao
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la dura vita nelle fazendas
"Ho cercato di raccontare in questo libro, con un minimo di letteratura per un massimo di onestà, la vita dei lavoratori delle fazendas di cacao del Sud dello stato di Bahia. Sarà un romanzo proletario?"
Rio, 1933, J.A.
Pubblicato nel 1933, Cacao è la seconda opera del famoso autore brasiliano Jorge Amado che scrisse questo testo quando era poco più che ventenne. La storia è in parte autobiografica: Amado nacque infatti nel 1912 in una fattoria nell'interno di Itabuna, nello stato di Bahia. Figlio di un grande proprietario terriero produttore di cacao (un cosiddetto "fazendeiro"), fu testimone fin da bambino delle lotte violente che venivano scatenate per il possesso della terra; tali ricordi sono stati da Amado più volte utilizzati nella stesura delle sue opere.
Protagonista e voce narrante di Cacao è Josè Cordeiro, detto il Sergipano per via della regione del Nordeste da cui proviene, un ragazzo di origini benestanti che, per sfortunate vicende familiari, si ritrova a quindici anni a fare l'operaio e poi, a venti, a tentare la fortuna nel Pirangi a Ilhéus, “terra del cacao e del denaro”. Lì José viene assoldato come bracciante nelle roças, terre strappate alla foresta e trasformate in piantagioni grazie allo sfruttamento degli “affittati”, uomini, donne e bambini praticamente ridotti in schiavitù.
Nella fazenda Fraternità, José si confronta con un'umanità che Amado descrive con pochi, ma efficaci tratti: Honorio “nero, forte, alto, attaccabrighe” con “grandi mani da assassino” ma “la coscienza pulita e limpida come acqua di fonte”; Joao Grilo, “magro come uno spiedo, un mulatto simpatico che raccontava un sacco di storie” e Colodino, carpentiere “che passava le sue dita sulla chitarra e faceva i conti”. Su tutti sovrasta la figura del coronel Mané Frajelo, il re del cacao, signore feudale della Fazenda Fraternidade “un vero flagello, grasso, di settant'anni, che parlava con voce strascicata e che vestiva poveramente”. Non mancano le figure femminili, donne dalle mani callose e dai piedi grandi, invecchiate anzitempo, strumenti di piacere fin d bambine, destinate ad amori infelici che sovente sfociano in delitti d'onore. Solo Maria, la superba figlia del coronel, si distingue per i suoi capelli biondi e la sua pelle chiara, per la sua passione per la letteratura e la poesia; al fascino della ragazza, audace e passionale, José non potrà restare indifferente.
La vita nella fazenda è durissima: un piatto di fagioli per lavorare da mattina sera al ritmo di piogge incessanti e febbri malariche, una tavola per dormire un sonno “senza sogni e senza speranze”, pochi soldi da spendere allo spaccio o a Pirangi in divertimenti, qualche ballo, pinga e prostitute.
Esistenze dominate dalle piante di cacao che crescono maestose, con i cocchi che maturano gialli come lanterne appese mentre sotto le foglie, sparse al suolo come un tappeto, dormono e si nascondono i serpenti. Le mani si tagliano e si consumano, i piedi si rivestono di una crosta spessa che l'acqua del fiume non riesce a lavare; i bambini, pallidi e gialli con le pance gonfie, mangiano jaca come animali e valgono meno di un cocco acerbo di cacao.
Josè nel suo percorso, da figlio di ricchi a povero bracciante, non può restare indifferente di fronte alle profonde ingiustizie e alle vessazioni avallate da una religione infarcita di superstizioni sostenute da una chiesa asservita al potere e da preti “vestiti di oro e di seta”. Nel giovane uomo si matura giorno per giorno la coscienza di classe e la consapevolezza della necessità di “una lotta col cuore pulito e felice” che possa ridare dignità ai braccianti e agli operai. Josè seguirà dunque la sua strada, voltando le spalle alla possibilità di diventare un fazendeiro pur di restare fedele al suo unico vero amore, quello per il popolo.
Un libro breve, poco più di un centinaio di pagine, scritto in modo semplice e diretto, ricco di dialoghi espressi con un linguaggio che si adatta al contesto e ai personaggi. Non conoscevo Amado, ma ne sono rimasta piacevolmente colpita: mi si è aperto un mondo su un luogo e su una storia di cui avevo solo lontanamente sentito parlare, ma soprattutto mi è sorta la curiosità di leggere altre opere di un autore che ha cercato con la sua opera letteraria e il suo impegno politico di ridare voce e valore alle culture negate dei diseredati brasiliani.
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Dio è dalla parte dei ricchi
Un goccio di pinga e un piatto di fagioli per colazione alle cinque di mattina. Il tempo di affilare i coltellacci sulla porta dello spaccio e alle sette si è già a tirar giù cocchi di cacao dalle piante, tra le foglie secche che tappezzano la terra e i serpenti che si scaldano al sole. I profumi, i colori, l’atmosfera sono belli, dolci, irreali. Il lavoro invece è un vero incubo. Alle nove si è già stesi su tavolacci di legno, il silenzio regna sovrano, il sonno è di quelli senza sogni né speranze. Il giorno dopo si ricomincia da capo e i tremilacinquecento réis, frutto di questa immane fatica, finiscono tutti nello spaccio dove si è costretti ad acquistare viveri e bevande a condizioni disumane. Qualcuno riesce a risparmiare qualcosa per passare il sabato sera in dolce compagnia a Pirangi, altri passano mesi senza uscire dalla fazenda e spesso soddisfano i loro istinti nei modi più beceri. Una vita fuori dal mondo, una miseria che non interessa a nessuno, un vago presentimento che tutto ciò un giorno finirà. Come, non è dato saperlo. Il prete, vestito di oro e seta, chiede obbedienza per sé e per il padrone e ammonisce, pena l’inferno, dal dare ascolto a pericolose teorie egualitarie. I braccianti si guardano intorno, vedono la casa del Coronel, bella, immensa, elegante. Poi guardano le loro baracche di fango, coperte di paglia e allagate dalla pioggia. La differenza è abissale. Qualcuno afferma rassegnato che in fondo è Dio a decidere a chi dare la fortuna e a chi no. Qualcun altro risponde stizzito che anche Dio è dalla parte dei ricchi. La premessa di Amado è chiara, l’opera punta poco sull’aspetto letterario e molto sul dovere di cronaca. Il secondo è ampiamente rispettato, la vita dei braccianti delle piantagioni brasiliane di cacao negli anni Trenta è descritta in maniera magistrale, con tutta la durezza, la tristezza, l’ingiustizia che ne scaturiscono. Il primo, nonostante il preludio, non appare certo di secondo livello, grazie alle grandi doti letterarie di un autore capace di tirar fuori sempre e comunque libri di grande spessore che affiancano la goliardia alla denuncia, la magia di atmosfere quasi oniriche all’efferatezza della realtà, l’amore all’odio, l’allegria alla tristezza. Sempre nel preambolo, Amado si chiede se quello che verrà fuori sarà un romanzo proletario. La risposta, inevitabilmente, è affermativa ed eloquenti, al riguardo, sono le parole del protagonista: “Perché non hai ammazzato Colodino? Perché gli volevi bene? - Mi piaceva Colodino…Non l’ho preso perché era affittato come noi. Uccidere un Coronel va bene, ma uno che lavora non lo ammazzo. Non sono un traditore… - Solo parecchio tempo dopo ho saputo che il gesto di Honòrio non si chiamava generosità. Aveva un nome più bello: Coscienza di Classe.”
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Cacau
Scritto nel lontano 1933, nonostante CACAO sia il secondo romanzo di un giovanissimo Amado io non trovo affatto sia acerbo anzi, l'unica differenza dalle sue opere piu' mature potrebbe essere la lunghezza, si tratta infatti di un libro molto breve.
Benche' non ami particolarmente la sua scrittura, semplice e talvolta confusionaria, non posso negare di essere pazza di lui e dell'inevitabile empatia che ogni volta si crea.
In premessa lascia due righe : " Ho cercato di raccontare in questo libro , con un minimo di letteratura per un massimo di onesta' , la vita dei lavoratori delle fazendas di cacao del Sud dello stato di Bahia. Sara' un romanzo proletario ? "
Ecco, minimo di letteratura e massimo di onesta' , questo e' esattamente cio ' che incontrerete sfogliando Cacao. E sara' bellissimo.
Il giovane protagonista lascia la sua casa per raggiungere l'Eldorado : le piantagioni di cacao del Nordest, sempre voraci di nuovi braccianti.
Ma se il lavoro non manca, si tratta spesso di sgobbare come schiavi in cambio di due soldi e se il fine era di sfuggire alla poverta' le vane speranze sono disattese , qui cio' che si trova e' solo miseria.
Miseria significa non solo non avere nulla, significa vendersi la dignita' pur di sopravvivere.
Ecco dove ci porta Amado, con le sue braccia di papa' protese a stringere in un abbraccio caldo e protettivo la sua povera gente, in un luogo dove un ragazzino val meno di un cocco di cacao. Dove il padrone puo' deflorare una bambina e poi buttarla in strada, a MORIRE di prostituzione.
Un libro di piccoli uomini che sputano sulla ricchezza, in nome dell'amore e dell'amicizia.
Un'epoca in cui la ricchezza sputa su tutto, in nome di altra ricchezza.
Breve, semplice, intenso, scritto con uno stile leggermente zoppicante e' il romanzo di denuncia di un bracciante brasiliano , per intercessione di un autore innamorato del suo Paese che non solo ti entra nel cuore, ma ti permette anche di entrare nel suo.
Buona lettura.