Biografia della fame
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Fame di parole, fame di sapere
“Ha una percezione ben misera, chi non vede l'esplosione della sovrabbondanza nel cuore stesso del senso della misura.”
Cosa significa avere fame? Come si può resistere a quel bisogno impellente che emerge dentro, che esplode, che prende il sopravvento? La fame è sì volere ma è anche volontà e forza perché chi ha fame cerca, cerca, cerca. Amélie Nothomb è da sempre alla ricerca di quella sazietà per quel bisogno che ha dentro, per quella fame da crampi allo stomaco, all’anima. Ha fame di cibo, ha fame di abbondanze ma ha fame anche di parole, di arricchimento, di crescita. Ed ancora di amore, letture, seduzione, verbi.
Ed è così vicino questo tema alla scrittrice che quasi sembra paradossale pensare a quel periodo della sua vita così nefasto all’interno del quale ella è stata affetta da anoressia. Anche per questo è più che mai interessante questo viaggio in cui ci conduce, un percorso che tocca più paesi, che ci guida tra le tappe di un atlante immaginario ma corposo. Scopriamo di Amélie bambina, scopriamo delle sue radici spezzate, l’accompagniamo nel suo diventare una giovane e poi adulta donna, assaporiamo del suo umorismo, della sua capacità evocativa ma anche di quel sapore dal retrogusto amaro che ce la fa percepire nella sopravvivenza alla malattia.
"Non che la bellezza letteraria non esista: ma è un'esperienza incomunicabile quanto le grazie dell'amata per chi non è ad esse sensibile. Bisogna appassionarsi o rassegnarsi a non capire mai.
Quella scoperta equivaleva per me a una rivoluzione copernicana. La lettura era, insieme all'alcol, l'essenza dei miei giorni: ormai, sarebbe stata la ricerca di quella bellezza insolubile."
Un ritmo rapido, contenuto nel numero prestabilito di pagine che da sempre la caratterizza, ma che è capace di far emergere tutta l’amozione per uno scritto che alterna momenti di piacere ad altrettanti di riflessione, momenti di dolore e vuoto a semplici e pure verità del vivere. Una autobiografia fuori dagli schemi, originale nella sua struttura e nel suo messaggio. Da leggere e custodire.
“Ma esiste una fame che è solo di cibo? Esiste una fame del ventre che non sia indizio di una fame più generalizzata? Per fame, intendo quel buco spaventoso di tutto l'essere, quel vuoto che attanaglia, quell'aspirazione non tanto all'utopica pienezza quanto alla semplice realtà: là dove non c'è niente, imploro che vi sia qualcosa.”
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Fame famelica
“La fame è volere. E’ un desiderio più grande del desiderio. Non è la volontà, che è forza. Non è neanche debolezza, perché la fame non conosce passività. L’affamato è qualcuno che cerca”.
E Amélie è in continua ricerca, ha fame.
Fame di piacere. Di zucchero e cioccolato, cortocircuito di piacere quasi mistico.
Fame di ebbrezza. Di alcool, infuocato e forte stordimento. Di esperienze.
Fame di abbondanza. Di acqua, miracolo d’infinito.
E poi fame del nulla. Di un’anoressia razionalmente voluta e portata fino al limite dell’agonia e della morte.
E fame d’amore. Di persone ammirate, sedotte, cercate.
E ancor più fame di letture. Di storie, astuzie narrative da assaporare. Di parole, le più belle, le più preziose, le più sublimi.
Avevo letto un romanzo di questa scrittrice diversi anni fa e sinceramente non mi aveva conquistato del tutto. Ne avevo sì apprezzato l’originalità rocambolesca, divertente e un po’ folle ma non ero riuscita a percepire la profondità del contenuto e le emozioni nascoste tra le righe brillanti. Con la sensazione di non essere in grado di capirla, non avevo letto più nulla. Ecco invece che nella libreria spunta fuori questo libro, comprato secoli fa per regalarlo ad un’amica, sua fan, e mai donato. Perché non riprovare con un romanzo diverso, non con una favola, strepitosa ma magari “fredda”, ma con un’autobiografia?
Ovviamente Biografia della fame non è un’autobiografia classica e non lascia mai capire quanta parte degli episodi di cui narra sia frutto di umorismo e fantasia, ma non importa. Tra le note surreali, ironiche e spiazzanti che rimandano ad Amélie Nothomb, ci permette a tratti di scorgere qualcosa di Amélie. E vediamo Amélie bambina nomade tra terre esotiche, intelligente e speciale, che a tredici anni ha collezionato più esperienze, paesi e storie di quanti molti ne mettano insieme in un’intera vita. Ma anche Amélie spaesata, sradicata, sempre all’eccesso nelle gioie come nelle malinconie. Insaziabile nella sua ricerca febbrile. E la scrittura come unico approdo.
A trovare un difetto, il romanzo, seppur breve, non riesce a mantenere costante la stessa intensità e gli ultimi capitoli mi sono parsi un po’ frettolosi, ma è comunque una lettura speciale perché dalle righe emergono emozioni vere, di piacere e di dolore, di vuoti incolmabili.
E si capisce che la via per l’unicità passa sempre da una fame famelica.
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L'acquolina della mente
I romanzi sono specchi di dolore e di piacere. E la lettura è il luogo privilegiato dell'ammirazione. Quest'autrice è capace di creare un piccolo gioiello in ogni romanzo ed anche questo non è da meno. Si parla di fame a 360°, fame intesa come vuoto che attanaglia, perchè l'affamato è qualcuno che cerca. Amélie dà la sensazione di essere sempre in cerca, delle idee più originali, del linguaggio più particolare, delle esperienze di vita più uniche. E più la si legge, più la si conosce, più si vede il suo volto dietro le storie che racconta, perchè c'è molto di lei dentro ognuna di esse. E più la si legge, più si ha fame di lei. E' spettacolare. E' unica.