Bambini nel tempo
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DIMENSIONE TEMPO
Un’ ossessione perseguita Stephen e la moglie Julie da quando la loro bimba di tre anni, Kate, è stata rapita in un supermercato, mentre il padre che era con lei chinava il capo per una frazione di secondo in un gesto di routine, tipico di chi è alla cassa.
Da quel momento l’incapacità di condividere l’immenso dolore opera una frattura insanabile che allontana i due, la narrazione da allora predilige il percorso dell’uomo e ci rende partecipi della sua esistenza o meglio sopravvivenza.
La caratteristica principale della scrittura è la sua perfetta adesione ai singoli momenti che si vogliono rappresentare e ciò emerge con uno stile potente, nel ritmo serrato, asfittico, carico di tensione che si coglie nelle pagine dedicate alla sparizione di Kate o ancora in quello dilatato all’estremo, teso a fermare il tempo scindendolo in nitidi fotogrammi separati, che si respira nelle pagine dedicate all’incidente automobilistico in cui si trova coinvolto Stephen, o in ultimo nelle bellissime e ancora una volta sorprendenti ultime pagine dedicate ad un evento risolutivo degno dei migliori lieto fine. La narrazione però vive anche di momenti statici ai quali manca uno sviluppo narrativo imminente e allora può predominare la noia. Il materiale narrativo oltre alla rappresentazione degli stati emotivi dei due genitori, è dedicato alla critica del sistema politico inglese, alla dimensione temporale e alla sua ineffabilità come nella miglior lezione di T.S. Eliot dei “Quattro quartetti”, all’attenzione verso l’età infantile intesa dall’autore come un’età magica che segna tutta l’esistenza e che può prepotentemente riemergere, nei suoi tratti peculiari e scomodi, anche durante l’età adulta talvolta concedendo lussuose fratture temporali , tutte da scontare. La nostalgia dell’infanzia, il senso del tempo, la sovrapposizione dei suoi attimi inducono a interessanti riflessioni,riportano alla memoria i racconti de “L’inventore di sogni” e incuriosiscono circa la restante produzione.
Consiglio la lettura in virtù di quanto scritto, consapevole che a numerosi lettori è piaciuta in modo incondizionato questa produzione. Io, al momento, ho maturato un giudizio di gradevolezza ancora tiepido dovuto al fatto che percepisco questa scrittura originale e a tratti coinvolgente ma emotivamente spenta, involuta, fredda, se non rari sprazzi.
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Il tempo perduto e ritrovato
E' davvero edificante trovarsi tra le mani un pezzo di ottima letteratura come “Child in Time”, tradotto in italiano come “Bambini nel tempo” di Ian McEwan.
Si tratta di un romanzo complesso e denso di argomenti, elaborato attraverso una stratificazione di immagini, personaggi, concetti e riflessioni che inchiodano il lettore alle pagine, scatenando un effetto non solo di calamita, ma un percorso vorticoso attraverso il tempo.
L'autore esordisce con un evento forte e doloroso nelle primissime pagine, che il lettore fatica a togliersi dagli occhi e dal cuore, per le immagini nitide create e per la profondità psicologica con cui si dettaglia la perdita più inaccettabile per un genitore, ossia il rapimento di un figlio.
La sparizione diviene elemento di un mosaico avvincente che solo una penna come quella dell'inglese poteva disegnare.
L'elaborazione del lutto da parte di una coppia di giovani genitori è il punto di partenza narrativo con cui sviscerare il concetto di tempo, dando la stura ad un rincorrersi di storie e di volti che marciano tra presente, passato e futuro.
Il tempo crea e distrugge, addolcisce e inasprisce, cura le ferite o esaspera le mancanze.
McEawn non fa sconti, non edulcora i sentimenti, regala momenti di tenerezza a momenti di desolazione, ritrae uomini sinceri che vogliono vivere senza maschere il loro tempo e uomini avvezzi al potere, al conformismo, all'arrivismo.
Un romanzo che contiene elementi forti di satira sociale e politica, che si fondono a tutte le altre tematiche, generando un lavoro ottimale dove ogni tessera incontrata durante la lettura assume un significato e diviene parte integrante del tutto.
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Ti rivoglio. Ti rivoglio indietro. Adesso!
Iniziamo subito col dire che ho una bambina di 3 anni, e che la porto spesso con me, al supermercato, a fare la spesa...
È sufficiente a chiarire lo stato d'animo con cui ho letto questo libro?
O devo spiegarvi che non esiste incubo peggiore per un genitore se non quello di voltarsi e non trovare più il proprio figlio/a accanto?
È ciò che succede al nostro protagonista, alla cassa di un supermercato, pochi secondi e Kate, la sua bambina di 3 anni, non c'è più.
McEwan non è uno strappalacrime, non punta a farti commuovere, no, lui vuole solo portare in superficie le parti più remote, più nascoste dell'animo umano, ma leggendo tra le righe si può trovare tutta la disperazione di un uomo finito, che tre anni dopo, il giorno del compleanno della figlioletta perduta, le intona un "Tanti Auguri" in una ricetrasmittente di un walkie talkie che le ha comprato come regalo, insieme ad altri 15 pacchi...per sfidare il destino, per dimostrare che lui ci crede ancora, per farsi ancora più male...
"Ricordarla diventava sempre più difficile.
Kate stava sbiadendo, mentre il suo amore inutile per lei gonfiava strozzandolo e sfigurandolo come un gozzo.
Pensò: ti rivoglio. Ti rivoglio indietro. Voglio che ti riportino adesso. Non voglio nient'altro.
Divenne una specie di incantesimo...finché tutto quanto non si ridusse, in termini verbali, a due sole parole: Sto male."
Ma il libro non è solo questo, non è soltanto l'elaborazione di una perdita che non conosce consolazione, che chiede risposte...è anche la conseguente disgregazione del rapporto d'amore tra due genitori "spezzati" da una mancanza troppo "presente".
Che non riescono più a trovarsi, che perseguono il loro dolore percorrendo strade differenti, pur amandosi ancora...perché non esiste un modo "giusto" di soffrire, né lo si può imporre all'altro.
Ma soprattutto questo è un romanzo sul tempo, sul tempo che si ferma, che si dilata, che rallenta, che si riavvolge e ritorna...(a dispetto dell'immagine di una bambina che avrà sempre 3 anni, cristallizzata nel tempo della loro memoria).
Un libro difficile, che alterna brani di una profondità ed intensità notevolissime ad altri, di taglio politico/sociale, notevolmente noiosi (a mio parere).
Un finale bellissimo, forse non proprio sorprendente, ma dolce e struggente, pieno di luce.
Un McEwan diverso dai precedenti da me letti ("Cortesie per gli ospiti" e "Il giardino di cemento"), meno torbido, meno inquietante, ma sempre grande esploratore della nostra parte più buia.
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Il dolore e lo scorrere del tempo
Sembra una mattina come tante a Londra. Stephen Lewis, affermato scrittore di libri per l’infanzia, come spesso accade esce a fare compere con la figlioletta di tre anni Kate. Questa volta però tornerà a casa senza di lei. Un solo attimo di distrazione durante una banale operazione di pagamento alla cassa del supermercato è infatti fatale: l’uomo si volta e non vede più la piccola. Kate è sparita, volatilizzata. A nulla serve l’intervento delle forze dell’ordine, vani sono tutti i tentativi di ritrovarla. Un’evento nefasto che inevitabilmente avrà strascichi negativi sulla vita dell’uomo e su quella della moglie Julie. I due coniugi verranno travolti da un indicibile dolore cui reagiranno in maniera diversa, lui impegnandosi con tutte le sue forze in disperati quanto inani tentativi di ricerca, lei abbandonandosi ad una cupa ed indolente solitudine. Ad un certo punto la separazione apparirà inevitabile, ma il tempo saprà rimarginare la ferita. McEwan racconta il lato sentimentale e psicologico di un dolore straziante come può essere quello che nasce dalla perdita di un figlio, entrando nella mente dei protagonisti ma tenendo sempre un certo distacco, una sorta di freddezza, di cinismo, che se da una parte limita l'empatia dall'altra evita di cadere in facili e mielose drammatizzazioni. La storia è raccontata attraverso continui salti temporali, passato, presente e futuro si intersecano e si confondono, la maturità si scontra con l'infanzia ora vincendo ora soccombendo e ricordandoci del bambino che si cela dietro ogni adulto. McEwan non risparmia poi frecciatine velenose alla politica Thatcheriana dell'epoca e alla società britannica in generale. Non mancano i luoghi comuni, alcuni passaggi possono risultare scontati e lo stile non è dei più virtuosi, ma i contenuti sono di valore e importante appare il messaggio finale che invita a non abbattersi troppo nei momenti difficili, a non annullarsi nel dolore, perchè potrebbe sempre arrivare un'occasione buona per rialzarsi e rinascere.
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se ti piace McEwan, questo romanzo fa per te
Certamente un romanzo "difficile" da leggere, lo devi voler leggere, perchè non è di quei romanzi che non vedi l'ora di ripendere in mano, in una parola non è "appassionante". E' un libro difficile da definire; ti rende subito partecipe ai fatti narrati; che sono difficili da digerire, vorresti che le cose andassero diversamente e covi dentro una forte rabbia per la piega che l'autore vuole dargli.
Ma come sempre ciò che più colpisce leggendo McEwan è la capacità di raccontare in modo così coinvolgente storie che se non così ben narrate potrebbero invece sembrare già lette e rilette. Che non hanno nulla di più da dire. Forse non è il racconto in sè in questo libro a meritarsi una convinta approvazione, quanto il saper raccontarla e in modo così poetico.
E alla fine non te lo aspetti, ma il finale...riesce a sorprenderti (ma come è possibile??!!)e...non posso dirlo!
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... è stata una perdita di TEMPO
Il primo capitolo è l'unica parte a salvarsi da questo, a mio parere, inutile libro. Dire che ne sono rimasta delusa è dire poco. E' una lettura che mi ha profondamente tediata, l'ho trovata pesante, sia per lo stile di scrittura che per il contenuto. Il primo capitolo imbastisce una storia piuttosto sensata e interessante. Stephen, il protagonista, va a fare la spesa con la sua amata figlioletta di sei anni, che all'improvviso sparisce nel nulla, probabilmente rapita, e ciò getta nell'angoscia più profonda lui e sua moglie. Da lì mi aspettavo un sviluppo di una storia inerente a ciò che era accaduto, ma invece McEwan cambia scenario, inizia a far disperdere completamente tutta la consistenza della trama e, tra pedanti filosofeggiamenti sull'infanzia in tutte le sue sfumature e inconsistenti avvenimenti, il romanzo galleggia in mezzo ad astrazioni, che hanno anche la presunzione di voler ostentare qualche frase ad effetto qua e là, giusto per ricordare che il contenuto del libro è di un certo spessore e se il lettore non riesce a percepirne l'importanza, beh... allora sono problemi suoi!
Per portare a compimento questa "somma" lettura ci ho messo un paio di settimane, il mio istinto sarebbe stato quello di abbandonare e passare ad altro, ma in tal caso non avrei potuto esprimere la mia totale stroncatura nei suoi confronti, e allora con molta fatica sono riuscita a terminarlo. Inutile dire che il finale è stato deludente come il resto del libro. Voleva presentarsi come un finale ad effetto, ma io l'ho trovato grottesco ed insipido.