Aspetta primavera, Bandini
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Arriverà la primavera, Bandini!
Primo romanzo della saga di Arturo Bandini, cronologicamente parlando, che permette di fare la conoscenza della famiglia Bandini ed in particolare di Arturo e del padre Svevo, muratore di professione, sullo sfondo di una cittadina del Colorado dove è ambientata la vicenda. Per capire a fondo la figura di Arturo Bandini, i suoi tormenti interiori, la ricerca di riscatto e del successo come scrittore, i sensi di colpa di un cattolico osservante (tutti aspetti ben evidenti nel celebre “Chiedi alla polvere”), occorre sicuramente affrontare questo romanzo della saga nel quale si fa la conoscenza con il giovane Arturo-Fante (“Lui era Arturo e aveva quattordici anni. Era suo padre in miniatura ma senza baffi...Era il maggiore e pensava di essere un duro”).
Tra queste pagine si respirano affanni e atmosfere di una famiglia italo americana, le difficoltà del vivere quotidiano magistralmente rappresentate dalla madre Maria, moglie di Svevo, ferita, tradita, arrabbiata a causa della scappatella di Svevo con un’altra donna. Se Arturo è appunto l’alter ego di Fante, Svevo lo è di Nick, il vero padre dell’autore: figurata temuta, ammirata, modello per lo stesso figlio nonostante i comportamenti sui generis, i problemi con l’alcol e la lotta quotidiana per sbarcare il lunario. Un amore che verrà riconosciuto in un altro celebre libro di Fante tutto dedicato alla figura paterna “La confraternita dell’uva”.
Nell’emblematico titolo di questo romanzo, l’unico della saga raccontato in terza persona da un Fante non ancora pienamente maturo e pronto al passaggio di stile in prima, si racchiude il senso di un’attesa. L’attesa di una primavera, dopo il rigido inverno del Colorado, che per Arturo saprà di riscatto, di sfogo alla rabbia repressa a causa della sua natura di italo americano non pienamente accettato se non addirittura disprezzato dai compagni di classe, ma anche a causa dell’amor non ricambiato da Rosa, la sua prima grande passione giovanile. Ma prima ancora che in Arturo questi elementi, questo desiderio di riscatto sociale, è ben visibile in Svevo e risulta evidente nel capitolo tutto dedicato alla parentesi con la ricca vedova invaghita alla quale fa da contrappeso la sofferenza di una Maria, moglie tradita, che cerca conforto nella preghiera. In sintesi, ritratti d’autore che Fante ha tratteggiato splendidamente nella loro dimensione autobiografica.
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L'attesa della primavera dopo l'inverno di povertà
Spaccato di una povertà autentica di una famiglia di immigrati italiani in America. Sogni, rabbia, amori e tradimenti si alternano cullati dallo stile unico, ironico e schietto di John Fante. Le pagine scorrono veloci e mai smielate da inutile idealismo.
La rivalsa dei Bandini non passa attraverso gli ideali nobili di fiabe e favolette. I "poverelli" qui non cercano la pietà di nessuno, sono incazzati e rabbiosi nel loro schiantarsi quotidianamente contro la miseria della loro realtà. Qui nessuno piange su se stesso, nessuno si rassegna a subire i piccoli grandi drammi di una vita di stenti, qui si combatte giorno dopo giorno con unghie, rabbia e preghiere, e se ci si lascia andare alla dolcezza è solo per impulsi momentanei. L'umanità nella sua totalità e non nel suo idealismo.
"Sei un uomo in gamba, papà! Stai uccidendo mamma, ma sei magnifico!"
Una nota finale allo stile di John Fante, a dir poco geniale nel mescolare i diversi punti di vista dei protagonisti del romanzo. Il capitolo relativo al Bandini padre preso dalle sue vicende con la vedova Hildegarde è a dir poco da applausi per come in maniera più o meno indiretta riesce a portar avanti una narrazione fluida e dinamica di eventi in evoluzione alternando il punto di vista della moglie di Bandini con le sue accuse (peraltro non presente direttamente nelle vicende specifiche) e la visione del Bandini stesso, con le sue spiegazioni. Applausi.
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Presto arriverà la Primavera...
Un nuovo autore, un nuovo amore.
Sì, perché non avevo ancora (ahimè) letto nulla di suo, per fortuna però, non è mai troppo tardi per incontrarsi...ed innamorarsi.
Fante ci regala questo romanzo dal sapore autobiografico, ci racconta quanto sia stato duro essere figlio di immigrati in America, nascere in una famiglia povera, cattolica, dove la povertà la percepisci in ogni cosa, la respiri dal naso e dalla bocca, ti invade...e non ti abbandona più, un po' come la fame, un po' come il marchio di "straniero".
Ma lo fa attraverso lo sguardo di un quattordicenne, quindi con la leggerezza e la rabbia tipiche di quell'età...nessun pietismo, nessun sentimentalismo gratuito.
Arturo Bandini è un ragazzino con il desiderio di essere diverso da quel che è, lo struggimento di un amore adolescenziale non corrisposto, la vergogna di essere povero e la passione per il baseball...combattuto tra l'adorazione e l'odio verso il padre, ai suoi occhi forte e solido, ma anche causa del dolore di sua madre.
"Sei un uomo in gamba, papà! Stai uccidendo mamma, ma sei magnifico!"
Svevo Bandini è un "uomo" orgoglioso, orgogliosamente italiano, tutto d'un pezzo, rabbioso e arrogante anche di fronte ai fallimenti di una vita che non gli ha mai regalato nulla, se non una moglie devota e innamorata che, probabilmente, neanche merita...
Maria è una donna dalla fede incrollabile, la sua dignità supera qualsiasi mancanza materiale, il suo dolcissimo essere madre e il suo amore sconfinato e "ingiustificato" per un uomo granitico e indegno...(o forse solo disperato) la rendono forte, ma non immune al mal d'amore.
Ed eccoli lì, a combattere ogni giorno contro una vita che non li risparmia di nulla, ad aspettare Primavera... Svevo per poter lavorare, Arturo per giocare su un campo da baseball, Maria per tornare a credere nell'amore...tutti in attesa di un nuovo rifiorire, desiderosi di giocare ancora una partita col destino.
"Presto arriverà la primavera, – disse.
– Certo! –
In quello stesso istante, qualcosa di freddo e minuscolo gli sfiorò il dorso della mano. Lo guardò sciogliersi, un piccolo fiocco di neve, a forma di stella..."
Ed eccola qui, la speranza, la voglia di crederci ancora...
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Tale padre...tale figlio?
Rocklin, Colorado. Inverno.
Lei è Maria, lui è Svevo. Loro sono Arturo, August e Federico Bandini, i figli di una coppia di italiani naturalizzati americani. Lei snocciola infiniti grani di un rosario che dovrebbe compensare tutta la sua miseria, lui bestemmia, muratore maledetto in un maledetto inverno.
I toni di Fante sono questi. La narrazione quasi anaforica all’inizio, ha il potere di dipingere un quadro realistico di una realtà marginale ed emarginata, ai limiti della sopravvivenza, nella quale la fanno da padrone miseria e rassegnazione. Arturo, il figlio quattordicenne e la traduzione in parola dei suoi pensieri (anche nei momenti meno opportuni) , sono un’efficace messa a nudo di quel marasma di pensieri e di emozioni tipici dell’adolescenza. Gli eccessi nel comportamento, sanati sempre da un’indulgente e immediata confessione, sono invece l’esito tutto personale del substrato familiare e sociale di appartenenza e spesso sono tinteggiati da una gradevolissima vena ironica.
Durante la lettura, a più riprese, mi è venuta in mente l’esperienza autobiografica raccontata da Frank McCourt nei romanzi “Le ceneri di Angela” e “Ehi prof” e quanto poco io l’abbia apprezzata. Non sono riuscita a capire subito perché invece questa narrazione, così simile nei temi, mi giungesse al contrario gradita, per arrivare poi a comprendere che è la forma la chiave di volta del mio gradimento. Aspetta primavera, Bandini è narrato in terza persona e il narratore alterna i punti di vista focalizzando l’attenzione sul padre e sul figlio, ciò fa intuire al lettore l’humus autobiografico che sorregge l’impianto narrativo per cui immediata è la corrispondenza John- Arturo e Nicola- Svevo, diversamente da quell’io auto commiserante che mi aveva irritato negli scritti di McCourt.
Nello scritto di Fante ci si può concedere il lusso di abbandonarsi alla finzione narrativa anche se si rimane perfettamente consapevole che tutto il suo vissuto è lì tra quelle pagine e il pensiero corre a immaginarlo. Spesso la stessa narrazione, alleggerita dai toni sornioni e quasi umoristici, contribuisce ad allontanare dalla miseria, dalla bassezza del quadro familiare, da una coppia di genitori così insana nella loro unione maledettamente tenuta unita dal medesimo destino di immigrazione e di povertà non solo materiale.
Insomma una lettura gradevole, originale ma deludente nell’epilogo ( a livello narrativo), a tratti anche una lettura amara che implica una riflessione profonda sui legami familiari e sulla strutturazione delle singole personalità in base ai modelli di madre e di padre che capita di avere. In questo caso più volte mi ha preoccupata la psicologia del giovane Arturo, la mitizzazione della figura paterna e l’inconscia ammirazione scaturita dai suoi comportamenti più riprovevoli o ancora le proiezioni fatte sulla povera Rosa di cui si dice innamorato... , per non parlare dei sentimenti contrastanti provati nei confronti della madre.
Non so se affronterò gli altri testi del ciclo Bandini o se lascerò Arturo nell’irresolutezza della sua adolescenza.
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Miseria e nobiltà... d'animo
"Avanzava, scalciando la neve profonda. Era un uomo disgustato. Si chiamava Svevo Bandini ed abitava in quella strada, tre isolati più avanti. Aveva freddo e le scarpe sfondate. Quella mattina le aveva rattoppate con dei pezzi di cartone di una scatola di pasta. Pasta che non era stata pagata. Ci aveva pensato proprio mentre infilava il cartone nelle scarpe."
Chi è Svevo Bandini? Un muratore, di origini abruzzesi emigrato in Colorado, tra americani "purosangue", padre di 3 figli e sposato con Maria, una moglie "con grandi occhi neri, follemente accesi dall'amore, occhi maliziosi, capaci di spiargli in bocca, nelle orecchie, nello stomaco e nelle saccocce.. che occhi, per una moglie!
Vedevano tutto ciò che era e che sperava di essere, ma non vedevano mai la sua anima."
Il maggiore dei tre figli, Arturo, è quello che più assomiglia al padre nel temperamento, accomunati entrambi dal desiderio impetuoso di dare una svolta alla loro vita, l'impaziente attesa di quel giorno che non sarà più identico ai precedenti ma migliore, il giorno in cui anche loro potranno godere delle piccole gioie della vita sinora negate da un destino di povertà e privazioni che sembra voler accanirsi contro loro.
Questa è la tanto attesa primavera per i Bandini, così come lo è per tutti noi.. perchè tutti, chi più chi meno, attendono la propria primavera, quando il calore del sole interromperà la triste monotonia dei giorni più freddi e nevosi in cui lo sconforto, la rassegnazione e le difficoltà della vita sembrano allontanare drasticamente ogni possibilità di riscatto, di cambiamento.
Ma la primavera prima o poi arriva, bisogna solo saper aspettare.
Un romanzo positivo, quindi, seppur calato nella tragicità di un contesto familiare fragile in quanto duramente minato nelle fondamenta dai colpi di un'esasperante povertà.
Ed è mirabile la capacità di John Fante nel raccontarci l'inverno della famiglia Bandini, attraverso i pensieri e le tribolazioni dei singoli componenti della famiglia, tratteggiati in modo superlativo, senza alcuna manipolazione 'stilistica'; i loro sentimenti, la loro rabbia, le loro azioni sono estremamente realistiche, umane.
E personalmente non ho potuto fare a meno di affezionarmi ad Arturo, il figlio maggiore... sarà perchè anche io come lui ho frequentato la scuola elementare dalle suore, non c'era suor Celia dall'occhio vitreo ma c'era suor Giovanna dalle sberle d'acciaio; anche io soffrivo per le incomprensioni tra mio padre e mia madre, patteggiando ora per uno ed ora per l'altra con l'unico desiderio che non s'allontanassero; anche io ero innamorato follemente di una mia compagna di classe, Rosa anche lei, che il destino - complice la mia timidezza ed uno stronzo di nome Stefano - mi ha portato via; ed anche io ero fermamente convinto di potermi guadagnare, non dico il Paradiso, ma almeno un posto d'onore nel Purgatorio purificando la mia anima con la confessione almeno una volta al giorno, pure due nei periodi di tempesta ormonale (tanto che Don vincenzo era diventato ormai come un barista per me: 'Quali peccati vuoi confessare oggi?' - mi chiedeva - ed io: 'Il solito.. don Vincenzo, il solito.').
"L'adulterio. Non se ne parlava in quarta elementare durante il catechismo. Suor Mary Anna l'aveva saltato per soffermarsi a lungo su 'Onora il padre e la madre' e 'Non rubare'. Così era accaduto che, per qualche inesplicabile ragione, Arturo aveva sempre associato l'adulterio alla rapina in banca. Tra gli otto ed i dieci anni, quando faceva l'esame di coscienza prima di confessarsi, saltava sempre quel 'Non desiderare la donna d'altri' perchè non aveva mai rapinato una banca."
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Sei un uomo in gamba, papà
Aspetta primavera, Bandini è l’ammonimento che John Fante rivolge al suo alter ego nell’opera che rappresenta l’esordio della saga di Arturo Bandini.
In questo primo romanzo assistiamo al rapporto che l’adolescente ha con la propria famiglia d’origine, nella quale riveste un ruolo centrale il padre Svevo (“Arturo temeva il padre, aveva una fifa matta di lui. In vita sua lo aveva picchiato solo tre volte… ma erano state violente, terrificanti, indimenticabili”): immigrato di origini abruzzesi, si stanzia nel Colorado (“Questo Colorado, l’ultimo lembo creato da Dio, sempre ghiacciato, il posto peggiore per un muratore italiano; ah, che vita maledetta!”) con la moglie e i tre figli.
La moglie è una pia donna (“Un giorno August avrebbe preso i voti”), probabilmente responsabile dei contrasti intimi (“Peccati veniali? Peccati mortali? Quella classificazione lo turbava”) che in Arturo – sospeso tra paure indotte dalla religione e propensione all’ateismo - trovano un campo fertile che produce riflessioni comiche e volubili.
Durante le visite della suocera, mal sopportate dal genero (“Ogni lettera di Donna Toscana lo accecava”), Svevo si assenta da casa e, in una di queste fughe, il muratore ha occasione di conoscere la donna più ricca del paese (“Chi non la conosceva a Rocklin? Una città di diecimila abitanti, e una donna che possiede la maggior parte del terreno, chi poteva fare a meno di conoscerla?”). La tragedia familiare esploderà alla vigilia di Natale, quando la moglie – accecata dalla gelosia – reagirà scacciando Svevo (“Il padre aveva il viso straziato dalle unghiate di sua madre e in quel momento sua madre pregava, i suoi fratelli piangevano, e le ceneri nella stufa del soggiorno una volta erano state cento dollari. Buon Natale, Arturo!”) e sprofondando progressivamente in una depressione di fronte alla quale i tre figli si sentono impotenti.
“La parentesi in terza persona di Aspetta Primavera” costituisce un’eccezione rispetto alle altre tre puntate successive del ciclo ed è stata considerata un limite (Emanuele Trevi: “Questa sovrapposizione di prospettive ci fa conoscere molti più elementi della trama… ma ci impedisce di vedere Svevo con gli occhi di Arturo”) rispetto alla narrazione in prima persona che consente a John Fante una perfetta identificazione nel personaggio di Arturo: immedesimazione così idonea a rappresentare i sentimenti, le manie di gloria e la fenomenologia evolutiva di uno degli eroi della letteratura contemporanea.
Bruno Elpis
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Il giovane Arturo
Dopo "Chiedi alla polvere" e "La strada per Los Angeles" proseguo con la lettura della tetralogia del grande Arturo Bandini. È la volta di "Aspetta primavera, Bandini" secondo libro della serie ma primo ad andare in stampa, visto che come sappiamo "La strada per Los Angeles" verrà pubblicato solo negli anni 70 e quindi dopo gli altri tre di Bandini anche se cronologicamente scritto per primo. In questo libro Fante inverte la tradizione dei libri precedenti, non si sà se lo faccia per dimostrare la sua bravura nello scrivere o semplicemente per attirare maggiormente l'attenzione degli editori e realizzare il suo sogno (diventare uno scrittore di successo), ma sta di fatto che non scrive più in prima persona come nei primi due ma usa la terza. In sostanza, a parte lo shock iniziale, cambia poco visto che lo stile rimane sempre e comunque diretto e travolgente quindi il lettore resta comunque coinvolto nonostante il cambio. Questo romanzo mi ha ricordato molto "Panino al prosciutto" di Bukowski e non escludo che il vecchio Charles si sia inspirato a questo libro per scriverlo (essendo Buk un grande ammiratore di Fante). Il romanzo è in realtà la biografia d'infanzia del piccolo Fante, del duro e libertino padre Svevo (coprotagonista del libro), della dolce e mite mamma Maria e dei due fratellini August e Federico. Nel libro Fante racconta la povertà in cui è cresciuto, i problemi che avevano mamma Maria e papà Svevo nel riuscire tutti i giorni a mettere qualcosa in tavola. Povertà che il piccolo Arturo si porta addosso, andando a scuola sporco e mal vestito, e questo lo sa Arturo e prima di essere discriminato dagli altri si discrimina da solo. E’ proprio qui che secondo me nasce il personaggio Bandini, il presuntuoso e arrogante Bandini di “Chiedi alla polvere” nasce in questa povertà e solo qui può essere compreso a pieno. Una cosa che ho sempre pensato è che l’arroganza di Arturo Bandini è semplicemente un mezzo che lui usa per mascherare le sue debolezze, i suoi vuoti, le sue mancanze. Ne avevo avuto il sospetto già dai primi due libri ed ora ne ho la certezza. La stessa presunzione che fà si che il padre Svevo, povero emigrante che di professione fa il muratore, tradisca la dolce e mite Maria con la vedova Hildegarde. Lo fà non per la bellezza della vedova in sé, ma per i suoi soldi. E’ vero che sta tradendo la moglie ma in realtà lo fà solo perché così può ottenere dei soldi facili che li possano far uscire dalla povertà. E soprattutto, un po’ come il piccolo Arturo, così facendo pensa che finalmente può riscattarsi contro la società che da sempre lo umilia ( che, se poi vogliamo, è un po’ lo stesso discorso del Fante che le tenta tutte per diventare uno scrittore di successo). In piccolo, anche Arturo cerca di inseguire il suo amore, Rosa. Rosa è figlia di emigranti italiani anch’essa, ma a differenza sua è sempre ben vestita, educata e di buona famiglia. Anche Arturo, come il padre, fa gesti condannabili (ruba la collana della madre) per colmare quella distanza che c’è tra lui e l’amata e apparire così ai suoi occhi non inferiore agli altri. Ma lei lo capisce e lo rifiuta. Finirà poi tragicamente. Elemento sempre presente è la discriminazione, che vediamo prima nel piccolo Arturo a scuola ed infine nei confronti del padre Svevo da parte della vedova Hildegarde. Splendido il finale. Meravigliosa la frase che da il titolo al libro. Arturo chiede ai suoi compagni di andare a giocare a baseball, ma è inverno, e d’inverno non si gioca a baseball, ed ecco la risposta “Aspetta primavera, Bandini” che sta a significare “Aspetta momenti migliori”. Lui poi ci va lo stesso al campo da baseball…ma non c’è nessuno…Fante come al solito merita una letta, mai scontato e mai banale, ma sempre impetuoso e travolgente come un fiume in piena. Genio vero.
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"il consorzio umano di Fante"
Ecco a voi la genesi di Arturo Bandini!!!In quest'opera troviamo il più sfacciato, irriverente, anticlericale(da notare i due "dio cane" solamente alla seconda pagina del romanzo) ed anticondormista John Fante di sempre!!!L'irresistibile amante di Camilla Lopez, qui è soltanto un bambino di 14 anni...ah quasi dimenticavo..un bambino italiano!!!Disprezza tuttò ciò che è miserabile e sciatto,ammira in modo imprescindibile ogni cosa possa essere contrassegnata dall'aggettivo "americano" e avrebbe preferito chiamarsi John Jones e non essere imparentato con una lurida vecchia baldracca di nome Donna Toscana....questi sono gli albori dai quali prende vita e si plasma l'Arturo Bandini che ci ha divertito e amareggiato in "Chiedi alla polvere". AH!!...non se la passa bene il nostro Arturo, che insieme ai suoi fratelli, condivide una giovinezza caraterizzata dall'espressione "chiedi se ti fa credito"....ovvero una gioventù di stenti e difficoltà, non tanto alimentari quanto sociali e familiri.La "fame italiana", tema ricorrente in ogni opera di Fante, qui raggiunge il suo apogeo,è una vera commedia dell'immigrazione quella che approda sotto gli occhi del lettore, il quale non deve guardarla da lontano con deferenza, ma vi si deve immergere a piene mani e capire cosa ha contraddistinto e smembrato parer mio fortificato la prima generazione di immigrati italoamericani. Di mirabile fattura è anche Svevo Bandini, padre del nostro amato Arturo,duro come una roccia ma al contempo smemrato e dilaniato dai problemi che attorniano la famiglia.La figura paterna è granitca la prima generazione di immigrati italoamericani. Di mirabile fattura è anche Svevo Bandini, padre del nostro amato Arturo,duro come una roccia ma al contempo smemrato e dilaniato dai problemi che attorniano la famiglia.La figura paterna è granitica ed imponente per buona parte dell'opera; si scoprirà solo alla fine l'anima spossata del padre....che però non riuscirà a sopraffare il suo "orgoglio italiano".Ogni personaggio frutto della geniale mente letteraria di Fante cerca, durante le vicissitudini narrative, la riconciliazione con le sue tradizioni, ma allo stesso tempo è dilaniato dalla smania di congedarsene.Opera epica,mirabilmente riuscita,"aspetta primavera, Bandini", è un inno all'orgoglio che dovrebbe caratterizzare ogni "alieno" in terra d'oltreoceano,un'ovazione a ritrovare quei sentimenti che ognuno di noi ha smarrito cammin facendo,un monito a non ficcarci l'orgolio dentro le tasche.Aspettiamo primavera...magari qualcosa , scavando a fondo dell'anima, emergerà!!!