Arrivederci piccole donne
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Piccole donne crescono
“ Le piccole donne “ di Marcela Serrano nascono e crescono nel Cile degli anni ‘50 e ‘60, ma forse le norme a cui hanno dovuto sottostare non sono così diverse da quelle che hanno condizionato le sorelle March nella seconda metà dell’800 a Concord.
Nives, Ada, Lola, Luz, cugine con un destino che le ha trasformate quasi in sorelle, ciascuna concepita per essere e vivere in solitudine, una saga famigliare costruita attorno alla casa del Pueblo, dove sono cresciute, ed alla segheria custodita dalla zia Casilda, motore, riparo, collante, sostegno delle loro vite.
Anni dopo sono disperse in giro per il mondo, all’ inseguimento di un ideale, alla ricerca di se’, per sfuggire ad un passato doloroso o per motivi strettamente politici, dopo la stretta dell’11 settembre 1973, un giorno che ha cambiato le loro vite e quelle del paese.
Una data spartiacque tra passato e futuro, niente più come prima, anche nel privato, e l’ estate del ‘73 sarebbe stata l’ ultima condivisa al Pueblo, il cugino Oliverio nelle mani dei militari, Ada emigrata all’ estero, Lola impegnata giorno e notte per potere studiare, Luz partita per l’ Africa, per Nives il matrimonio come unico raggio di sole.
Tre continenti a separarle, rapporti apparentemente flebili, sullo sfondo sempre l’ amato cugino Oliverio, avvocato di successo trasferitosi in America, e la speranza un giorno di un ritorno nella idealizzata località del Pueblo, dove tutto ebbe inizio e si fermò, parecchi anni prima.
L’11 settembre segnera’ momenti decisivi per vicende patriottiche, internazionali e personali, avvenimenti traumatici scanditi dal ritmo di anni difformi.
Un’ unica storia, quattro storie, un filo comune, impercettibile, vite altrove connesse dal flusso della memoria, da questioni fondamentali irrisolte, dal dolore della perdita, da ferite insanabili, dal mistero di una violenza, di un tradimento, da vendette personali.
Nessuna resa dei conti, fino alla fine, per tanti anni, un solo senso di appartenenza, in un luogo, in un tempo, nel respiro della giovinezza, quegli anni ‘ 60 e ‘ 70 in cui sentirsi padrone del mondo, un mondo che credevano sarebbe stato infinito.
Nives, la più grande, sposata con quattro figli, innamorata dell’ idea della maternità, ha svolto un ruolo da intermediaria con le cugine senza possedere talenti, meno intelligente di loro e con un senso di inferiorità. Il matrimonio l’ ha estromessa dalla tribù, oggi dubita di una vita sacrificata, che ha anteposto gli altri a se’.
Ada, nubile, molto poco femminile, così’ lontana dal concetto di vanità delle cugine, la preferita della zia Casilda, un presente poco significante, ha girovagato per il mondo, sopravvissuta a relazioni fragili ed inconcludenti, vittima di violenza fisica, della vendetta di Lola, per rifugiarsi in un mondo letterario cura e riparo da una realtà invivibile che non le appartiene, apolide ma con un forte desiderio di casa, ed il terrore, un giorno, di diventare una scrittrice.
Lola, bellissima, spavalda, illimitata, pittrice mancata, oggi è ricca, ha fatto i soldi nel mondo della finanza, inseguita dalla fragilità dei propri sentimenti e dal desiderio di un amore. Sarà un avvenimento improvviso, scioccante, a trascinarla in un baratro di riflessione sul valore dell’ esistenza. Un ex marito, figli, un amante, tutto oggi pare rimesso in discussione, un passato che comincia a turbarla, i valori che l’ hanno accarezzata scomparsi all’ interno di un mondo autoreferenziale che si è limitato ad accumulare possedimenti, ma il futuro può indirizzarsi diversamente.
Luz, la più piccola, estranea ai tratti effimeri delle cugine, bellezza, talento, amore, ha scelto la bontà, curandosi in una missione umanitaria nel cuore più povero del continente africano per spezzare quella paura della povertà che aveva ereditato nella brevità di una vita segnata dalla propria essenza.
Queste le “ Piccole donne “ di Marcela Serrano, accorse in una stretta finale dai risvolti imprevedibili, la nostalgia elevata a potenza poetica, tra testimonianze di un tempo irreversibile in cui tutte vivevano in uno stato di grazia mentre la sera si acquieta nella fiducia delle sostanze vive.
Un romanzo di relazioni e sentimenti, intensamente femminile, che racconta di intimità violate e sogni indomiti, di forza resiliente, fragilità nascoste, allontanamenti obbligati, di un desiderio di amare ed essere amate, con sottili venature psicologiche, sullo sfondo un paese alle strette, che porterà per sempre il dolore dei morti ammazzati, ma che pare lontano, sopraffatto dal turbinio personale e relazionale delle protagoniste, che inscenano spezzoni di vite romanzate.
Le voci del passato si affievoliscono in un reale immaginato che non possiede la forza espressiva di narrare e trasmettere una storia tanto vivida e crudelmente esposta, privilegiando i temi personali e famigliari di crescita e maturazione propri del celebre romanzo di Louisa May Alcott.
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piccola donne, arrivederci.
La lettura di arrivederci piccole donne porta, volutamente, a trovare similitudine con le protagoniste del romanzo della scrittrice Alcott. Serrano racconta di Nieves, Ada, Luz e Lola, quattro cugine, e non sorelle, che vivono in Cile tra la fine del secolo scorso e l’inizio del nuovo.
Sono soprattutto i tratti caratteriali a riportarci alla mente le sorelle March.
Jo, tra l’altro la mia preferita, è qui incarnata in Ada una donna autonoma indipendente curiosa e amante dei libri, come Jo è reputata un maschiaccio e come lei intraprenderà la vita da scrittrice.
Meg ,la maggiore, è Nives, punto di riferimento per le altre, vive una vita dedita alla famiglia, con qualche rimpianto per non essere stata intraprendente, per non aver avuto una vita “interessante”.
Amy, la più piccola, è nel libro la giovane bella cugina Lola, ella risulta essere l’opposto della cugina Ada, come Amy lo era nei confronti di Jo. Lola dalle spiccate doti artistiche sceglierà poi di affermarsi in altro campo lavorativo, acquisendo un discreto successo e una certa disponibilità di denaro
La cagionevole Beth è Luz, la cugina buona accomodante, colei che rimane in qualche modo in disparte, ma che la “Serrano” indica come voce narrante del suo libro, come guida per raccontare delle altre tre donne e di se stessa, della loro spensierata e determinante giovinezza trascorsa al Pueblo durante i lunghi periodi estivi. Dal mio punto di vista una rivalsa di questo personaggio, che anche nel libro della Ascott, rimane marginale e che in queste pagine assume un ruolo al di sopra delle parti, un’acuta osservatrice.
Intreccio di punti di vista, di flashback, di giovani ragazze che diventano donne, diverse, distanti, legate in modo viscerale al Pueblo, a quella tenuta di famiglia, forse l’unico posto dove tutte si sono sentite protette, dove tutte si sono sentite a casa. Costantemente le cugine ritornano in quei luoghi con la mente, con i ricordi, perché i fatti accaduti in quei luoghi hanno plasmato le loro vite,condizionandole fino a portarle nel loro presente.
E’ incredibile come la scrittrice sia in grado di raccontare il mondo femminile in maniera acuta profonda, senza mai cadere nel banale e senza essere mai noiosa. Nei suoi libri c’è sempre almeno un pezzo, una sfumatura ben descritta in cui, noi donne che la leggiamo, ci ritroviamo e forse per i lettori uomini una piccola chiave per capire meglio la nostra complessità.
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Arrivederci Piccole Donne
Acquistando questo libro speravo di trovare, declinata in chiave moderna, una versione o meglio una rilettura di Piccole Donne della Alcott che mi facesse rivivere un pò le emozioni di quel libro che tanto ho amato da ragazzina. Dei punti in comune ci sono: le quattro ragazze protagoniste Nieves, Ada, Luz e Lola (non sorelle in questo caso, ma cugine) ognuna riconducibile a una delle sorelle March, una grande famiglia, una zia ricca e la guerra che irrompe nella vita delle ragazze, guerra di secessione per Piccole Donne, ascesa della dittatura militare in Cile negli anni '70 per Arrivederci piccole donne.Tuttavia dell'atmosfera di dolce malinconia e serenità del romanzo della Alcott non è rimasto niente. Il romanzo della Serrano è un romanzo crudo, dove il ricordo lascia il posto all'amarezza e al rimpianto di ciò che sarebbe potuto accadere e così non è stato. L'età dell'adolescenza è passata per le quattro cugine Martinez, dagli anni '70 siamo approdati al 2000, ma i conti con il passato non sono stati chiusi definitivamente e il ritrovarsi tutte insieme nell'occasione del funerale della vecchia Pancha, governante della fazenda in cui sono cresciute e che erano state costrette ad abbandonare a causa della guerra, è un viaggio non solo fisico, ma un ritorno ai luoghi dell'infanzia, un viaggio della memoria a ritroso nel tempo che ci permette di capire meglio la personalità e le scelte che hanno portato le ragazze ad essere così come sono.
Della Serrano mi è piaciuto il modo in cui riesce a delineare la personalità delle quattro cugine, tuttavia ho trovato la prima parte di una lentezza esasperante, più di una volta ho interrotto la lettura per poi riprenderla. Il romanzo si riprende un pò nella seconda parte. Le vicende storiche riguardanti la realtà politica cilena non sono state molto approfondite ma trattate in modo sommario, a mio parere invece sarebbero state utili, oltre che interessanti, per capire l'evoluzione di certi personaggi. La sensazione generale che mi ha lasciato questo libro è stata di amarezza anche se il finale sembrerebbe lasciare un piccolo spiraglio alla speranza. In definitiva potrebbe essere un libro interessante da leggere, non eccezionale, ma interessante.