Aria Aria

Aria

Letteratura straniera

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«Se tu canti un'aria, il mondo saprà tutto di te. Conoscerà i tuoi sogni e i tuoi segreti. I tuoi dolori e i tuoi amori», sussurra dolcemente Behruz alla bambina che tiene fra le braccia. L'ha trovata in un vicolo di Teheran nord, sotto un albero di gelso, tra la neve e i rifiuti, mentre rientrava a casa nella notte gelida. La piccola creatura gemeva, circondata da un branco di cani famelici. Behruz non ha esitato a prenderla con sé, sottraendola a una sorte tragica, ma adesso si chiede cosa potrà offrirle. È un umile autista dell'esercito, abita nella popolare Teheran sud e poi sua moglie, la terribile Zahra, ha già emesso il suo verdetto: con quegli occhi azzurri, simbolo del diavolo secondo la credenza, la bambina non porterà nulla di buono. Behruz è consapevole di possedere poco, ma alla neonata, che battezza Aria, promette tutto l'amore di un padre vero. Nonostante i buoni propositi dell'uomo che l'ha salvata, Aria non vive un'infanzia felice. Approfittando delle lunghe assenze del marito, infatti, Zahra sottomette la bambina alla sua crudele volontà. Gravi maltrattamenti e umiliazioni scandiscono le giornate di Aria, allietate solo dai giochi con l'amichetto Kamran e dai ritorni di Behruz. Quando la situazione precipita improvvisamente, sarà ancora una volta questo devoto padre adottivo a proteggere Aria, affidandola a una signora facoltosa, Fereshteh, che la accoglie con affetto e generosità. Sul tortuoso percorso del destino di Aria si aggiungerà una terza figura materna, la misteriosa Mehri, che sembra custodire la chiave di un segreto sepolto in una notte d'inverno… Aria cresce, studia, stringe amicizie, incontra l'amore, diventa una donna forte e determinata mentre il suo Paese cambia radicalmente: da prospero e cosmopolita, l'Iran si chiude e si piega sempre più sotto il peso dei conflitti sociali e religiosi. Ma è allo scoppio della Rivoluzione che la vita di Aria, come quella di tutti gli iraniani, si intreccia indissolubilmente alla Storia.



Recensione della Redazione QLibri

 
Aria 2021-10-23 16:46:30 archeomari
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archeomari Opinione inserita da archeomari    23 Ottobre, 2021
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Una storia dall’Iran

“Figlia mia, ci sono un sacco di cose che devi ancora imparare riguardo a questo Paese e al suo popolo. Ha settemila anni, forse anche di più. Quando qualcosa arriva a una simile età comincia inevitabilmente a incrinarsi. Comincia a marcire. L’albero più vecchio è il primo a prendere fuoco”.

“Aria” è il romanzo di esordio della scrittrice iraniana trapiantata in Canada, Nazanine Hozar, e narra la storia di Aria, una bambina abbandonata alla nascita e cresciuta da ben due madri adottive in momenti diversi.
Potrebbe rientrare per certi aspetti, ma non per altri, nel romanzo di formazione così come potrebbe rientrare anche nel romanzo storico, ma non a pieno titolo.
Aria vive nel pieno della rivoluzione Khomeinista e la sua storia personale, si intreccia strettamente con quella dell’Iran dagli anni Cinquanta agli anni Settanta. Raccolta in fasce in una notte d’inverno, tra i cumuli di immondizia e gli alberi di gelso in fiore, da quello che diventerà il suo Bobo (il suo papà), Behruz, vivrà una infanzia di abbandono e di degrado, trascurata da Zahra, moglie di Bobo, che non riesce ad affezionarsi a lei. Zahra è una iraniana malvista dalla gente di Teheran sud, perché ama vestire all’occidentale, ama truccarsi, girare per le strade senza velo e coi tacchi, però non ama né il marito né la bambina che questi ha raccolto per strada. Zahra rimarrà per tutto il romanzo una figura enigmatica, forse la più interessante, una madre degenere, paradossale, tesa tra la superstizione e il desiderio di cambiamento, che sparirà nella prima parte del romanzo per lasciare il posto ad altri personaggi.

Aria: questo è il nome che Behruz aveva dato alla bambina, perché amava la canzoni e la musica classica.

“Ti chiamerò Aria, come tutti i dolori del mondo e tutti gli amori del mondo (…) Sarà come se tu non fossi mai stata abbandonata. E quando aprirai la bocca per parlare, tutto il mondo ti conoscerà”.

Gli amici più cari di Aria saranno Kamram, il bambino dal labbro leporino che vedeva la piccola Aria lasciata sola sul balcone tutto il giorno, picchiata e maltrattata da Zahra, e poi, nell’adolescenza Mitra e Hamlet. Si tratta di una lunga storia che ci immerge nelle atmosfere dei bazar:

“…venditori di tappeti, di noccioline e di gioielli; aleggiava l’aroma del fegato bollente, tagliato a pezzetti e infilzato su sottili spiedini di metallo che la gente addentava”

Ci introduce e ci fa addentrare nel cambiamento che l’Iran sta vivendo:

“Erano sparite le foto dello scià. Non c’era neanche una bottega che ne esponesse il ritratto. Scelse un vicolo a caso e comincio a percorrerlo lasciandosi portare dalla folla, sbirciando dentro le botteghe. Non si vedeva da nessuna parte l’immagine dello scià. Ma quello che ne aveva preso il posto lo lasciò stupefatto. In ogni negozio era esposta una foto incorniciata di un vecchio mullah, un uomo che Ramin riconobbe e il cui ricordo risaliva ai tempi lontani in cui era stato messo in prigione. Era lo stesso mullah che aveva fomentato una protesta ed era stata mandato in esilio”.

Si tratta di Khomeini, ormai osannato per le strade di Teheran e non solo, che da Parigi era riuscito, tramite una fitta rete collaboratori, a far diffondere i suoi messaggi per una rivoluzione culturale e politica in Iran. Insieme ai suoi messaggi il Paese conosceva la musica e i divi americani.

Il romanzo è diviso in quattro parti, ognuna prende il nome di una donna : Zahra, Fereshteh, che si prenderà cura di Aria, Mehri, che è la madre biologica della protagonista e poi Aria.
Si apre e si chiude col rosso, come un anello: il rosso del sangue del parto di Mehri e il rosso, colore della passione “Amore. Furore. Cuore. Sangue. Abbi sangue, abbi cuore. Non scomparire mai” le dirà Yaghut, la pazza della città, che inviterà Aria a chiamare la sua bambina Ghermez. Rosso rubino.

L’opera è vasta e contiene molte tematiche: l’amore, l’amicizia, l’abbandono, la violenza, il rapporto e il contrasto tra zoroastrismo, Islam ed ebraismo, la questione femminile, spie e sospetti. Senza contare che i personaggi che ruotano attorno ad Aria sono ben caratterizzati e interessanti. La narrazione è in larga parte lineare, senza piani temporali che si sovrappongono. Ottima scelta stilistica tenendo conto della corposità della storia.
Per essere un esordio va riconosciuto alla scrittrice il merito di aver tenuto sotto controllo una materia multiforme e varia, anche se in qualche punto il romanzo risulta essere dispersivo. Ho trovato un po’ frettolosa la parte finale, quella dedicata agli episodi di guerriglia nei mesi della rivoluzione islamica,che probabilmente sono stati rappresentati in maniera molto più soft di come i sopravvissuti la ricordino.

“Assassinavano le persone per paura? -chiese Mitra.
“C’è mai altra ragione oltre questa? “

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Aria 2022-08-15 20:48:26 Laura V.
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Laura V. Opinione inserita da Laura V.    15 Agosto, 2022
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L’Iran tra anni Cinquanta e Settanta

È l’Iran tra gli anni Cinquanta e Settanta del secolo scorso, con la sua storia da Mossadeq a Khomeini, a fare da sfondo alla vicenda narrata in questa bella opera prima di Nazanine Hozar, autrice della diaspora persiana che, nata a Teheran nel 1978, vive sin dall’infanzia in Canada.
Quello compreso tra l’ultimo scià e la Rivoluzione islamica, e tutto ciò che è seguito da allora sino alla più stretta attualità, è un periodo indagato da diversi autori iraniani, e non solo; il pensiero corre a Marjane Satrapi e al suo indimenticabile fumetto autobiografico “Persepolis”, ma anche all’americana Betty Mahmoody e alla sua drammatica testimonianza riportata nel noto best seller di fine anni Ottanta “Mai senza mia figlia”. La Hozar s’inserisce ora in questo lungo filone letterario e la sua Aria si rivela subito come un personaggio in cui sembra rispecchiarsi un Paese, la Persia appunto, in bilico fra tradizione - spesso culminante in arretratezza e degrado - e modernità, miseria e opulenza, Islam e altre culture religiose. Un ritratto ben riuscito che, attraverso una prosa corposa e coinvolgente, si presta a una lettura molto interessante per chi abbia la curiosità di approfondire la conoscenza di altri mondi.
La trama prende avvio dalla nascita e dal successivo abbandono della protagonista nell’inverno del 1953. Una piccola vita inerme buttata via tra neve e spazzatura a cui il destino, tuttavia, non nega un’opportunità di sopravvivenza e un nome insolito, anche se il percorso che la bambina dovrà affrontare, soprattutto nei primissimi anni, sarà irto di difficoltà. Fame e maltrattamenti, inframmezzati dal commovente amore di chi l’ha raccolta dalla strada e da un’amicizia sincera, scandiscono all’inizio un’infanzia trascorsa tra un balcone e le vie polverose della Teheran più popolare, per poi proseguire in altri scenari e con altre compagnie. Molto ben caratterizzati i personaggi che animano queste pagine, da quello della protagonista stessa a quelli (“buoni” e meno buoni) che, seppur non principali, giocano comunque un ruolo importante nello svolgimento della storia; in particolare, tra i vari, spiccano le figure rassicuranti di Behruz e di Massumeh che, a mio parere, risultano tra le più significative e degne di nota, così come, in un certo qual modo, lo è pure quella di Zahra.
L’esistenza di Aria e del suo microcosmo procede, anche con un inatteso colpo di scena all’inizio della terza parte, mentre tutt’intorno la situazione politica e sociale diviene a poco poco intollerabile scivolando sempre più verso una rivolta che sarà infine inevitabile e tragica come non mai. Questo romanzo, non a caso, mostra per bene come la sacrosanta reazione al dispotismo intollerabile (sostenuto dall’immancabile ipocrisia statunitense, non lo si dimentichi) della dinastia Pahlavi abbia finito per prendere una piega diversa da quella che ci si aspettava e come le aspettative di una larga parte degli oppositori siano state deluse quando hanno avuto la meglio le forze più retrograde e oscurantiste tra quelle scese in campo. E così la violenza dello scià e della sua temuta Savak viene sostituita, dopo il ritorno di Khomeini in patria, da quella teocratica degli ayatollah e dei loro pasdaran indottrinati sulla base di un Islam (di matrice sciita) rivisto e corretto che mette al bando la cravatta e impone il nero del chador. Una rivoluzione tradita, dunque, che anche per i personaggi di questo romanzo avrà esiti diversi e, a seconda dei casi, a dir poco drammatici.

“[…] Come possono arrestare noi quando sono loro che stanno in una prigione? Eh? […]”

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Consigliato a chi ha letto...
... altre opere (romanzi, fumetti, saggi e testimonianze) di ambientazione iraniana, ma non necessariamente.
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