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Quando la nonna decide di lasciare il Giappone, Shizukuishi si ritrova improvvisamente sola e deve abituarsi in fretta alla vita in città: uno spazio nuovo, incomprensibile e persino minaccioso. Porta sempre dentro di sé il ricordo della vita tra le sue amate montagne, in comunione perfetta con piante e animali, le notti stellate e il verde brillante, le mille manifestazioni della natura, gli sguardi delle persone che si avventuravano per quei sentieri impervi serbando nel cuore la speranza di una guarigione. Lontana dal suo ambiente, la giovane cercherà una nuova dimensione in cui poter essere se stessa, una nuova famiglia, una casa in cui tornare, qualcuno da amare. E un giardino pieno di cactus.



Recensione della Redazione QLibri

 
Andromeda Heights 2014-07-06 12:12:08 LittleDorrit
Voto medio 
 
2.5
Stile 
 
2.0
Contenuto 
 
2.0
Piacevolezza 
 
3.0
LittleDorrit Opinione inserita da LittleDorrit    06 Luglio, 2014
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Una Banana poco matura

Shizukuishi è una giovane donna che vive con la nonna in Giappone, in una remota zona di montagna.
La nonna, guaritrice di grande saggezza e professionalitá, prepara tè miracolosi per aiutare chi soffre. Per fare questo si avvale della collaborazione della nipote a cui ha insegnato tutto.
Il loro quotidiano è fatto di piccole cose, di grandi gesti e di simbiosi totale con la natura circostante.
Un giorno, però, questo equilibrio quasi perfetto viene bruscamente interrotto dalla decisione della nonna di lasciare il Giappone e trasferirsi a Malta, inseguendo l'amore per un uomo conosciuto in rete.
Shizukuishi non può opporsi ma solo accettare.
Salutatala all'aeroporto, abbandona le amate montagne, custodi del suo cuore e della sua anima, per trasferirsi in città.
Ricominciare non è semplice, così come abituarsi alla nuova realtà.
La sua "perdita" le lascia vuoti enormi e sentimenti contrastanti, come riuscire a non lasciarsi sopraffare? L'amore e l'amicizia potranno restituirle la perduta serenità?
Primo incontro per me con la scrittura di Banana Yoshimoto, un'autrice di cui, sin da subito, ho potuto apprezzare la delicatezza, tipica orientale, di una narrazione che sfiora l'onirico ma, ahimè, non lo spessore dei contenuti.
Leggendo questo romanzo, sottotitolato "Il regno" e primo di quella che dovrebbe essere una quadrilogia, ci si immerge in una dimensione surreale dove natura, sentimenti, uomini e quotidianità si fondono fino a creare un contesto di grande atmosfera ma, il tutto, resta in superficie, non si scava nel profondo.
La trama è scarna, inconsistente e priva di una struttura precisa; si ha la sensazione di intraprendere un cammino che non conduce a niente se non in un vicolo cieco.
In questo libro si parla d'amore ma è un amore dal sapore stantio; si parla d'amicizia ma non emergono nè i presupposti giusti, né storie precedenti al quale ricongiungerla; si parla di ricordi ma non sono consistentemente evocativi e, per finire, si racconta un brevissimo percorso di vita ma che non ha nessun valore formativo a dispetto di ciò che viene sottolineato nella quarta di copertina.
La scrittura, semplicistica, poco accurata, sviluppata in poco meno di cento pagine, non fa altro che renderci un romanzo di serie b.
La cultura orientale, così ricca, elegante, intrisa di leggende, di storia, di atmosfere può arrivare a supportare storielle di questa portata?
Dovremmo darle delle attenuanti solo perché è il primo libro di una quadrilogia?
Di questo non sono affatto convinta e se è vero il detto che "il buongiorno si vede dal mattino...beh, traete voi le conclusioni.
Auguriamoci che la Yoshimoto faccia un esame di coscienza e migliori con le prossime uscite.
Oggi, però, chiamata in causa, mi sento un po' Mara Maionchi e dico: "per me è no".

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