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Letteratura straniera

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Un romanzo maestoso, di straordinaria intensità, in cui si narra la vita di Sethe, una giovane e indomabile donna di colore che, negli anni precedenti alla Guerra Civile, si ribella alla propria schiavitù e fugge al Nord, verso la libertà. La sua vicenda si intreccia con quella di altri indimenticabili personaggi in un racconto che, come ha scritto nella sua Postfazione Franca Cavagnoli, curatrice del volume, "si insinua nei meandri del tempo, lasciando scaturire ora qua ora là il non detto, scaglie di ricordi troppo penosi per essere contenuti, dolorosi frammenti di memoria". Con questo libro Toni Morrison, Premio Nobel per la Letteratura, ha voluto rivolgere un invito ai bianchi e agli afroamericani: "Tornare a quella parte della propria storia che troppi hanno rimosso.



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Amatissima 2015-07-29 17:34:15 Anna_Reads
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Anna_Reads Opinione inserita da Anna_Reads    29 Luglio, 2015
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Queste mani sono mie!

Beloved (Amatissima) – Toni Morrison, 1987 (Ed. Ita. 1993).

(Lieve Spoiler)

Un po’ per caso e un po’ per desiderio sto leggendo parecchio sulla schiavitù e sulla "questione razziale" americana. Mi sono imbattuta in questo libro per una bella recensione che mi ha fatto superare il titolo che, per me, è del tutto respingente.
Non avevo mai letto niente di Toni Morrison (premio Nobel 1993) e ho cominciato dal suo libro forse più famoso.
“Beloved” cioè “Amata” è il nome di una bambina e la storia raccontata si ispira ad una vicenda realmente accaduto negli anni immediatamente successivi alla Guerra di Secessione, nel Kentucky.
La protagonista della storia è la mamma di Amata, Sethe.
Sethe è una giovane schiava che per un certo periodo, nella fattoria nota come “La Dolce Casa”, vive un’esistenza relativamente serena. Il padrone è un “buon bianco” e la padrona le è affezionata.
Il padrone è anche in un certo senso “progressista” e permette agli schiavi di “comprarsi” la libertà aggiungendo ulteriore lavoro a quello (massacrante) che già svolgono.
Sarà in questo modo che Halle, marito di Sethe, riscatterà l’anziana madre, Baby Suggs.
La donna viene portata dall’ex padrone in “zona libera” e lì, per la prima volta, assapora un’idea di libertà: «Ma, all’improvviso, si vide le mani e pensò con una chiarezza tanto semplice quanto accecante: «Queste mani mi appartengono. Queste mani sono mie!» Poi sentì un tonfo al petto e scoprì un’altra cosa nuova: il battito del suo cuore. C’era sempre stato? Quella cosa che pestava a quel modo? Si sentì una sciocca e cominciò a ridere forte.»
Ma Sethe, Halle e i loro tre bambini (e una in arrivo) sono ancora schiavi. E il “buon” padrone muore. Quello che subentra non lo è altrettanto e la famigliola decide di fuggire. Sethe e i bambini riescono a raggiungere la nonna. Di Halle non sappiamo più nulla.
Ma la loro libertà non è stata pagata e quindi la legge è sulle loro tracce ed alla fine li raggiunge.
Non voglio spoilerare, ma Sethe farà quello che è in suo potere per proteggere i suoi bambini, e con la piccola Amata ci riscirà.

Si tratta di una lettura molto forte e dura, che deriva dal capillare lavoro di documentazione dell’autrice. Le parti in cui vengono descritti le condizioni degli schiavi e i loro pensieri sono di una bellezza straziante e lacerante.
Non esiste la sfortuna – dice Baby Suggs – ma esistono i bianchi.
I bianchi possono impadronirsi così a fondo dei loro schiavi da impedire loro di amare persino le stelle troppo luminose: « se uno glielo permetteva, potevano non farti più sentire le colombe, né amare il chiaro di luna. Così uno si proteggeva e amava delle cose piccole. Dovendo scegliere tra le stelle in cielo, si prendevano le più minute e, prima di addormentarsi, ci si sdraiava con la testa storta per riuscire a vedere la stella amata, oltre il bordo del fossato. Le si dava furtivamente una timida occhiata durante l’incatenamento. Le foglie d’erba, le salamandre, i ragni, i picchi, gli scarafaggi, un reame di formiche. Qualcosa di più grande non avrebbe funzionato. Una donna, un bambino, un fratello – un amore grande così, ad Alfred, in Georgia, poteva schiantare una persona. Sapeva esattamente quel che Sethe voleva dire: arrivare in un posto dove uno poteva amare tutto quello che voleva – senza dover chiedere il permesso di desiderarla – be’, ecco, quella sì che era libertà.»
A volte le situazioni descritte da Morrison sono di rara crudezza, altre volte vengono lasciate all’intuizione del lettore, con poche, vaghe parole: « Sopracciglia folte, spesse ciglia da bambina e l’inconfondibile richiesta di amore che luccicava attorno ai bambini, finché non imparano la lezione.»
Sethe sa, sulla sua pelle «che Che un bianco qualunque può prendere tutto l’io di una persona per il primo motivo che gli salta in mente. Non solo può sfruttare, uccidere o mutilare una persona, ma anche sporcarla. Sporcarla al punto da non riuscire più a piacere a se stessa. Sporcarla al punto da dimenticare chi si è e non poterci più pensare. E anche se lei e altri erano sopravvissuti e si erano ripresi, non avrebbe mai potuto permettere che accadesse anche ai suoi figli: erano loro la sua parte migliore.»
Ed agisce di conseguenza.
L’autrice sostiene la narrazione riuscendo a rendere bene la perdita di identità e di memoria dei personaggi e la loro convinzione che in fondo “niente muore mai” perché la morte potrebbe essere un sollievo.
Su questa linea, però, si inserisce un racconto che, scostandosi dalla narrazione oggettiva, alterna flusso di coscienza dei vari personaggi, flashback a volte difficili da seguire, spiriti, fantasmi e riapparizioni più o meno miracolose. Queste parti mi hanno convinto molto meno e – anzi – a tratti hanno reso la narrazione faticosa.
Con questo – tutto sommato – piccolo appunto, mi sento sicuramente di consigliare la lettura.

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sia interessato alla schiavitù e alla "questione razziale" americana.
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Amatissima 2014-06-05 14:46:44 Stefanocarrera
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Stefanocarrera Opinione inserita da Stefanocarrera    05 Giugno, 2014
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Un esempio di "Ballata dell'amore cieco"

Con il romanzo "Beloved" lo stile unico della scrittrice premio Nobel Toni Morrison raggiunge un livello difficile da replicare. A tutti gli effetti, possiamo dire che in questo romanzo la liricità profonda e toccante, caratteristica delle pagine più felici della produzione dell'autrice afroamericana, viene mantenuta lungo tutto il tragitto narrativo, in un equilibrio leggero e costante che strega il lettore immergendolo nello scenario drammatico della comunità nera degli Stati Uniti post-liberazione. La trama semplice, la storia di una madre che si macchia dell'omicidio di una figlioletta la quale ritorna dall'aldilà prima come presenza immateriale e poi come presenza fisica, svela passo-passo il passato dei vari protagonisti della vicenda, tracciandone ritratti precisi e sinceramente autentici, dove la magia è elemento naturale e plausibile, al pari della violenza, al pari della morte. Nella prosa di Toni Morrison risiede la stessa magia che anima gli scenari tragicamente corretti che si impongono come veri protagonisti dei suoi libri.

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Solomon Song, Native son
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Amatissima 2013-04-05 15:37:46 Angelica Elisa Moranelli
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Angelica Elisa Moranelli Opinione inserita da Angelica Elisa Moranelli    05 Aprile, 2013
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Una storia da tramandare

//ATTENZIONE SPOILER SULLA TRAMA//

"Non era una storia da tramandare.?Così la dimenticarono. Come si fa con un sogno spiacevole durante un sonno penoso."

Così dice Toni Morrison, scrittrice afroamericana Nobel per la Letteratura nel 1993, a chiusura del suo Amatissima, romanzo con il quale vinse il Pulitzer.Una storia da dimenticare, troppo crudele, troppo violenta, troppo umana ma che non si lascia dimenticare.

?Amatissima è una storia di schiavitù, orrore e vendetta. A dispetto del titolo, l'amore è fustigato, fatto a pezzi, ridotto in cenere, proprio come i corpi dei negri schiavizzati. Giganteggia l'amore di Sethe, la schiava nera protagonista del romanzo, per i suoi figli, figli che perde uno per volta, che le sfuggono dalle mani come granelli di sabbia.

L'amore è l'inizio, la morte la conclusione, sempre. Il rancore, invece, veleggia tra le pagine del romanzo dall'inizio alla fine, come lo spirito avvelentato di Amata (Beloved in originale). E con il rancore di una bambina, una bambina che non c'è più, che si apre il romanzo:

"Il 124 era carico di rancore. Carico del veleno d'una bambina. Le donne lo sapevano, e così anche i bambini. Per anni ognuno aveva cercato a modo suo di sopportare il rancore di quella casa ma, nel 1873, le uniche vittime rimaste erano Sethe e sua figlia Denver."

ATTENZIONE SEGUONO SPOILER SULLA TRAMA

Nel 1873 Sethe e sua figlia Denver, sfuggite alla schiavitù, vivono al numero 124 di Bluestone Road, in una casa infestata. Sethe e Denver formano un circolo chiuso, dall'equilibrio perfetto, non intaccato neanche dalla presenza della bambina-fantasma (la prima figlia di Sethe morta). Poi arriva Paul D, un ex schiavo con il quale Sethe condivide il terribile passato alla Dolce Casa, la proprietà dove entrambi hanno servito come schiavi e che di dolce non ha nulla: lì i negri hanno subito violenze inaudite da parte dei padroni bianchi. Da lì Sethe è fuggita, perdendo suo marito Halle, rimasto indietro per consentirle di andare via e salvare i loro figli. Paul D sconvolge l'equilibrio (precario) del numero 124, il fantasma se ne va, ma viene sostituito da una ragazzina ancora più inquietante, che finisce per dominare sul 124 e sui suoi abitanti fino alle estreme conseguenze.

Più Amata diventava grande e più Sethe diventava piccola, più gli occhi di Amata diventavano luminosi e più quegli occhi che non si abbassavano mai diventavano due fessure assonnate.
Amata diventa un'ossessione, corporea e incorporea, capace di spingere alla fuga Paul D (l'unico che era riuscito a dare una sorta di pace mentale a Sethe). Amata è il passato di Sethe che torna con un corpo, un corpo che diventa sempre più grande, che occupa sempre più spazio, crescendo contemporaneamente con il suo spirito. La presenza di Amata si fa così ingombrante che Sethe scompare, preda del rimorso e la verità, che emerge poco per volta, diventa allora orribile: Sethe, in fuga dalla Dolce Casa assieme ai suoi figli, viene raggiunta dal padrone. Per evitare che anche i suoi figli vengano catturati e torturati come schiavi, Sethe decide di ucciderli. Ci riesce solo con la prima, Amata, appunto. E il rimorso per ciò che ha fatto la perseguiterà fino alla fine dei suoi giorni. Il crimine più orribile di cui un essere umano possa macchiarsi, l'infanticidio, è reso ancora più orribile dal fatto che l'assassina è la madre, una madre che ama talmente tanto i suoi figli, da non sopportare l'idea che siano altri ad ucciderli. Vuole farlo lei, giustificando l'azione come un "estremo atto d'amore". A causa di questo, Sethe viene allontanata da tutti.

Il tema dell'infanticidio è il nucleo più cupo e reale del romanzo: un'idea nata da una notizia di cronaca in cui Toni Morrison si era imbattuta durante le sue ricerche. Tutto ciò che si sviluppa attorno, dipinge in maniera indimenticabile l'orrore dello schiavismo, il distacco profondo fra mondo dei neri e mondo dei bianchi (che pure s'incrociano costantemente, benché nel romanzo siano ben separati) e l'oscillare perpetuo dei sentimenti umani fra picchi di odio e baratri d'amore.

"I bianchi credevano che, qualunque fosse la loro educazione, sotto ogni pelle scura si nascondesse una giungla"

Ma il colore della pelle, per tutto il romanzo, scompare. I fantasmi non hanno colore. Il passato non ha pelle. Il colore, la pelle, il sangue sono cose da uomini, non da negri e non da bianchi, da uomini e basta. Ci sono negri buoni e negri cattivi, come ci sono bianchi buoni e bianchi cattivi. Bontà e cattiveria non sono nascoste sotto la pelle, ma sono determinate dalle azioni. Ci sono azioni buone e azioni cattive.?E ogni cosa può essere giudicata buona o cattiva a seconda del tempo e degli uomini.?Sethe uccide la sua bambina, che già "gattonava", per sottrarla agli orrori della schiavitù (orrori che lei aveva provato e di cui porta le cicatrici indelebili). L'infanticidio è un orrore, ma Sethe è convinta di averlo fatto per amore. Non per "troppo" amore, come prova a dirle Paul D, perché il "troppo", in amore, non esiste.

"«Il tuo amore è troppo grande», disse. [...]?«Troppo grande?» disse lei. [...] «L'amore o c'è o non c'è. L'amore piccolo non è amore per niente.»"

Questa è una storia da tramandare. E da leggere, sicuramente.

www.miconoscodivista.wordpress.com

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Amatissima 2013-01-21 12:42:32 Mario Inisi
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Mario Inisi Opinione inserita da Mario Inisi    21 Gennaio, 2013
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L'amore malato

Il libro parte da un'idea forte e terribile che non spiego per non rovinarne la lettura. L'idea di fondo è molto interessante perché potente e surreale al tempo stesso. Rende perfettamente cosa è stata la schiavitù in modo molto forte rispetto ad altri libri come per es. Il mondo conosciuto( altro Pulitzer). In questo infatti la crudezza della schiavitù viene fuori diluita e smorzata da una certa umanità dei bianchi e dal fatto che anche alcuni neri hanno posseduto degli schiavi per cui la schiavitù diventa un problema sociale oltre che razziale. Cioè il fulcro del problema viene in parte deviato. Invece Toni Morrison non fa sconti. Credo che il Pulitzer le venga anche dal senso di colpa americano oltre che dalla qualità del romanzo. Il libro è bello e merita di essere letto ma non è bellissimo, almeno a mio parere. Avrei preferito che il legame tra madre e figlia ne uscisse più limpido e meno morboso. La storia ha un qualcosa di terribile che va al di là della crudeltà della schiavitù e del desiderio di condanna e di rivalsa. E' un libro cupo, quasi delirante. Può piacere o non piacere. L'idea di fondo avrebbe potuto essere sviluppata in modo più forte lasciando più spazio all'amore e meno alla follia, almeno secondo me. Avrebbe catturato meglio il lettore anziché traumatizzarlo.

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