Ada o ardore
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La Recherche di Nabokov
Non so dire se questo libro di Nabokov, ritenuto uno dei suoi migliori, “il libro”, quella della maturità artistica dell’autore, mi sia piaciuto o meno. Sarà anche questo il motivo per qui scrivo il mio commento con un po’ di ritardo, l’ho finito qualche settimana fa e mi riesce tuttora difficile parlarne. Ho amato “Lolita” e ancor di più ho apprezzato le sue doti con “Fuoco pallido”, il libro più inaspettato che mi sia mai capitato di leggere. Con “Ada o ardore” è stato diverso per un insieme di motivi tra cui la difficoltà di seguire Nabokov e la lunga strada che si prospetta davanti: circa seicento pagine. Fortunatamente mi è arrivata in soccorso l’ironia intelligente, la prosa perfetta (anche se a volte un po’ troppo sperimentale) e Marcel Proust, il mio scrittore preferito e probabilmente anche di Nabokov.
Il libro, con un incipit “monello” da chiedere venia a Tolstoj, si spinge con l’immaginazione oltre “Lolita” e narra una storia d’amore incestuosa tra Ada (altra ninfetta al pari di Lolita) e il fratello Van, che dura dall’infanzia fino alla vecchiaia dei protagonisti. Nabokov è un maestro nel raccontare le perversioni insite nell’animo umano e che ogni tanto prendono possesso di certi esseri come Humbert Humbert o Ada. E’ un maestro perché lo fa sempre con eleganza, armonia e poesia e ciò che è una scena degradante della realtà, nell’immaginazione la depura di tutto l’orrore e della volgarità purificandola e rendendola per il lettore un’opera d’arte. Ad esempio, c’è persino una scena di orgia incestuosa, ma non riesce a respingere il lettore anzi lo affascina. Di recente mi è capitato di visitare la Cappella degli Scrovegni a Padova, dipinta da Giotto nel 1300 circa, e quando sei davanti al Giudizio Universale e guardi l’Inferno non puoi non rimanere estasiato di tanta bellezza nonostante le scene disgustose, stesso sentimento lo provo con Nabokov quando “si sporca le mani”, e in generale con qualsiasi artista che dalla miseria crea il sublime.
Ciò che è bello non sempre è anche immediato e facile da conquistare. La narrazione ha presentato per me alcune difficoltà. Innanzitutto il luogo: siamo nell’AntiTerra, c’è questo mondo rovesciato dove il lettore perde i riferimenti territoriali che conosce e deve entrare in quello immaginario dell’autore dove il vero si amalgama con l’invenzione creando un ambiente che a me ha confuso. Cambiano con esso anche i strumenti di comunicazione: cablofono al posto del telefono e la lingua stessa a volte subisce cambiamenti, certi termini diventando un mix di inglese e russo. A tratti la narrazione mi è sembrata frammentaria e non ho percepito una continuità, una fluidità del testo come ad esempio in “Lolita”. Contiene anche un capitolo finale intitolato “La tessitura del tempo”, che rappresenta il libro scritto da Van, il personaggio maschile. In realtà è un saggio sul tempo, argomento inafferrabile per gli scrittori, e che Nabokov lo ha inserito qui, che nel contesto, anche se non dispiace e si possono fare tanti parallelismi con “Alla ricerca del tempo perduto”, devo ammettere che l’ho trovato un po’ pesante ed estraneo al libro per la sua forte impronta accademica.
I riferimenti a “Alla ricerca del tempo perduto” di Proust sono molteplici e azzardo a dire che secondo me con “Ada o ardore” Nabokov abbia scritto la sua Ricerca del tempo perduto sul modello di Proust, nel senso che descrive la vita dei personaggi principali dai primi anni dell’infanzia, con i primi ardori, i primi amori, le ossessioni e li accompagna fino alla descrizione della loro vecchiaia e come si sono cambiati fisicamente e psicologicamente, non mancando l’argomento Tempo appunto nel capitolo La tessitura del tempo che avrei preferito fosse di più immediata comprensione, più letterario come in Proust, ma questo è un mio limite e non certo di Nabokov che è un autore geniale.
“Il lungo raggio che entrava di sbieco dalla porta finestra scintillava nel bicchiere sfaccettato, nell’acqua variopinta e sulla scatola di latta dei colori – e mentre lei delicatamente dipingeva una macchiolina o i lobi di un labello, per la concentrazione estatica la punta della lingua le si arrotolava all’angolo della bocca, e sotto gli occhi del sole la bizzarra bambina dai cappelli color ala di corvo e blu sembrava a sua volta imitare il bocciolo dell’ofride specchio di Venere. Il suo abitino inconsistente e sciolto era così scollato dietro che ogni volta che lei inarcava la schiena mentre muoveva avanti e indietro le scapole prominenti – sorvegliando con il pennello a mezz’aria la sua umida impresa o scostandosi da una tempia una ciocca di cappelli con la parte esterna del polso sinistro – Van, che le si era fermato di fianco, tanto vicino quanto aveva osato, poteva guardar giù la sua lucente ensellure fino al coccige e ispirare il tepore di tutto il suo corpo.”
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L'orrore e l'ardore di Ardis
“... e nel pronunciare il nome alla russa gli diede il suono della parola «ardor»”.
Romanzo dallo stile raffinato e un tantino snob, ricco di digressioni dotte, giochi di parole, citazioni, ammiccamenti, frasi in russo e francese.
Fra tutto questo, si articola una storia d'amore che infrange il tabù dell'incesto con tale grazia da indurre il lettore a chiedersi dove stia in realtà la perversione, che emerge a tratti come in un surplus di erotismo per lo più sfumato, per riguardo vero o simulato verso quella che non senza malizia è presentata come una “cronaca familiare”.
L'influsso proustiano e i continui rimandi, nella prima parte, allo scrittore francese, giustificano tutto, nell'incanto della memoria:
“Mi ricordo sempre quell'azzurra mattina sul balcone, quando tu mangiavi una di quelle tartines au miel, che in francese sono tanto più buone”.
Si parla di Ada, figura femminile enigmatica, sensuale, viziosa, una via di mezzo tra l'Albertine di Proust e la Micòl di Bassani, sullo sfondo di un' “Antiterra” dove la collocazione geografica dei paesi avvicina Stati Uniti e Russia, rispecchiando il background culturale dello scrittore.
Ad Ardis Hall, tenuta di famiglia immersa nel verde, avvolta fin dall'inizio dal velo soffuso e nostalgico del ricordo, si accende la passione tra i due giovanissimi “cugini”.
Impeccabile l'affresco che Nabokov ne tratteggia, con parole che incantano come musica e disdegnano tra le righe chi non riesce ad immergersene: “Ada, gli ardori e gli alberi”.
E' l'incontro, crudo e soave, tra due corpi dissoluti e due anime legate indissolubilmente.