A sud del confine, a ovest del sole
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Alla ricerca di sè..
Hajiime è un figlio unico nato e cresciuto in un’epoca in cui tale condizione era un marchio a fuoco, un’eccezione da guardare con sospetto, con ritrosia. Sin dalla tenera età, infatti, il giovane si è sentito diverso, sapeva di esserlo. Soltanto con lei, Shimamoto, tale diversità veniva meno poiché anch’essa sola, poiché anch’essa priva di quei fratelli e sorelle atti a creare un legame di sangue insondabile. Quando gli anni, la scuola e le circostanze li separano, il protagonista né sente inevitabilmente la mancanza, mancanza questa che accuserà nei rapporti successivi. Sarà per lui impossibile non paragonare le emozioni provate con la ragazza con le future compagne. All’età di trentasette anni, ella riappare in modo costante nella sua vita. O almeno così, lui crede.
Ma chi è Hajiime? Hajiime è un uomo adulto che si ritrova quale bagaglio un passato che cerca in ogni modo di comprendere. Quest’ultimo è rappresentato da Shimamoto, nonché seppur in modo diverso, da Izumi (emblema del senso di colpa, del dolore). Detta condizione fa si che il protagonista verta in una sorta di bolla, di impasse, che non gli consente di integrarsi con il presente, e da qui, di incanalarsi nel divenire. Quel presente in cui vive è dunque privo di colore, ha caratteri mortiferi, di deprimente insoddisfazione.
«Il ricordo di quel contatto è ancora vivo nella mia mente. Era una sensazione mai provata prima, e mai più ritrovata. Era solo una mano piccola e calda di una ragazzina di dodici anni, ma sentivo che in quelle cinque dita e in quel palmo era racchiuso, come in una minuscola vetrinetta, tutto quello che c’era da sapere sulla vita. Prendendomi per mano mi aveva reso partecipe di quei segreti. Mi aveva fatto capire che nel mondo reale esisteva davvero un posto come quello» p. 16
Nello scorrere delle pagine il lettore viene catapultato nel simbolismo crescente della vita e della morte, del passato e del futuro. Si trova di fronte ad una femme fatale fortemente diversa dal personaggio presentato nelle prime pagine, pertanto, la percepisce quale sterile, priva di quel qualcosa che la renda affascinante, che ne giustifichi l’attrazione dell’uomo. Hajiime si riscopre a dover fare una scelta che è più grande di lui: quegli opposti che caratterizzano la sua vita provocano dolore e danno allo stesso la sensazione di essersi perso, disintegrato. Questo carattere è altresì accentuato dalla figura del padre della moglie, personificazione del capitalismo a cui da sempre il trentasettenne è rifuggito per poi risvegliarvisi immerso.
Non solo. L’età adulta è caratterizzata anche da un ribaltamento di quella difformità che precedentemente era causa di malessere: se infatti antecedentemente essere figli unici era una circostanza di isolamento, di discrimine, con il mutare della società diviene uno stato sociale apprezzabile, ben visto, condiviso, a discapito di chi al contrario può godere della presenza di fratelli e sorelle.
Ma quale sarà la scelta di Hajiime, si lascerà andare alla morte dell’io con Shimamoto o sceglierà comunque di vivere con la mano calda di Yukiko sinonimo di speranza, vita e possibilità per il domani?
Con uno stile sobrio, intenso, ammaliante, Murakami conquista il lettore con un testo che nonostante sia stato giudicato non tra i migliori, arriva e colpisce. A mio modesto giudizio, infatti, l’autore si fa apprezzare per la dimensione introspettiva dell’opera la quale è interamente e completamente in essa sostanziata. Sin dalle prima battute ove si rispecchia la solitudine dell’uomo attraverso la figura del figlio unico, il giapponese ricrea perfettamente quella dimensione essenziale e fondamentale al lettore per porre in essere una specifica analisi di sé e del suo vissuto.
Da non sottovalutare.
«Non prestai quasi ascolto alle sue parole. Prima di andarsene, mi diede una pacca sulla spalla e mi disse:”Certo che il tempo cambia le persone, in vari modi. Non so che cosa ci sia stato allora tra te e lei, ma, comunque sia andata, tu non hai nessuna colpa. A chi più. A chi meno, è capitato a tutti di avere un’esperienza del genere, perfino a me. Dico sul serio, è successo anche a me. Così vanno le cose a questo mondo! La vita di una persona appartiene a quella persona. Non ci si può sostituire a lei e assumersi la responsabilità della sua esistenza. E’ come essere in un deserto, non c’è altro da fare che abituarsi. Alle elementari hai mai visto il film della Disney, il Deserto che vive?” “Si”, risposi. “Questo mondo è come quel film. Se c’è la pioggia, i fiori sbocciano e se non ce n’è, appassiscono. Gli insetti vengono mangiati dalle lucertole e queste, a loro volta, vengono divorate dagli uccelli, ma, alla fine, tutti muoiono comunque. Tutto muore e inaridisce. Finita una generazione, ne viene un’altra. E’ così che vanno le cose. Tutti vivono e muoiono in tanti modi, ma non è questo che conta. Alla fine ciò che rimane è il deserto. E’ il deserto quelle che vive veramente!» p. 76-77
«Le illusioni di un tempo non mi avrebbero più aiutato, non avrebbero più creato sogni per me. Il vuoto restava tale, quel semplice vuoto che mi aveva accompagnato per anni e al quale avevo cercato di adattarmi. “Questo è il punto cui sono arrivato”, - pensai - , “e devo abituarmici. Adesso tocca a me creare sogni per gli altri, sarà questo il mio nuovo compito”. Non conoscevo il potere di quei sogni, ma, se la mia vita aveva un significato, era quello di perseverare con tutte le mie forze in quell’intento. Forse.» p. 199
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Come fumo spazzato via dal vento
Non mi aspettavo un tale livello di mediocrità da parte del tanto decantato Murakami, che leggo per la prima volta e collocherei sullo stesso piano della sua connazionale Banana Yoshimoto.
La noia la fa da padrona fin dalle prime pagine nell'educazione sentimentale di Hajime, dapprima bambino e “figlio unico” (diverse sono le pagine dedicate all'approfondimento di quest'ultimo concetto), poi ragazzo e uomo, tra banalità, ripetizioni e un abuso dilettantesco di virgolettati che rivelano l'incapacità dello scrittore di incidere sulla pagina con la semplice forza delle parole.
A trent'anni, dopo un periodo di insoddisfazione esistenziale e qualche ardore giovanile fatto di amoretti e un discreto repertorio di tremiti, Hajime trova finalmente un porto di quiete, mette su famiglia e vive un'esistenza da borghese agiato.
L'incontro con la futura moglie, che darà una svolta alla sua esistenza anche dal punto di vista professionale, viene narrato col solito stile piatto e perle di originalità come questa: “Io e Yukiko ci sentimmo immediatamente attratti l'uno dall'altra”.
Il nostro eroe non dimentica però la bella Shimamoto, l'amore dei suoi dodici anni che non smetterà di cercare per tutta la vita, misteriosa femme fatale che metterà tutto in discussione mentre col suo “sorriso meraviglioso” sorseggia un cocktail e pronuncia la frase di rito: “Hai da accendere?”.
Tutto nel corso della narrazione resta bidimensionale, anche le scene erotiche e i momenti di maggiore pathos, col protagonista che in preda ai tormenti si nasconde la testa fra le mani.
Romanzo a tratti persino insulso e melodrammatico, che non si fa fatica a dimenticare insieme alla sua lunga sfilza di frasi fatte: “...scomparso come fumo spazzato via dal vento”.
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CHE FARE DEL PASSATO?
In questo Romanzo troverete ben poca azione. E’ un’opera di stampo introspettivo, che segue l’ondeggiare delle passioni e dei dubbi del protagonista: Hajime, un uomo adulto che cerca di comprendere cosa fare del proprio passato; un passato che - incarnato dalla seducente figura femminile di Shimamoto - non sa integrarsi con il presente, assumendo invece una coloritura quasi mortifera.
La seduttività esasperata e misteriosa di Shimamoto appare a tratti un po’ sterile, e il personaggio adulto sembra aver poco a che fare con la Shimamoto bambina che l’Autore ci presenta all’inizio del Romanzo.
La scelta sentimentale di Hajime sembra simbolizzare, in sostanza, una scelta tra la vita e la morte, tra il passato e il futuro. Il lettore sperimenta con lui la tensione inconciliabile che nasce dal dover scegliere tra gli opposti, senza possibilità di sintesi né integrazione; questa tensione è più del dolore, è diversa dalla paura: è la sensazione di disintegrarsi e perdere il senso di sé.
Quando Shimamoto infine scompare, Murakami non ci fa mancare un velo di magia, sua firma inconfondibile, facendo scomparire ogni oggetto che costituisse la prova della sua esistenza. E Hajime sente quasi di impazzire: “La convinzione che la busta non fosse mai esistita si allargava a dismisura dentro di me. Corrodeva la mia mente, schiacciava e inghiottiva voracemente la certezza che, invece, la busta era esistita davvero”.
Ma Hajime sceglie la vita: “Quel giorno sarei potuto morire sull’autostrada insieme a Shimamoto, invece ero lì con la mano calda di Yukiko poggiata sul mio petto”.
Non ritengo che quest’opera spicchi tra quelle di Murakami, che tuttavia mi convince di nuovo, e attraverso queste duecento pagine fluide e coinvolgenti dona sempre molto con il suo stile sobrio, intenso, tagliente come un’affilata lama giapponese.
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A Sud Del Confine, a Ovest Del Sole
Passato da poco il mezzo del cammino della sua esistenza, Hajime si guarda indietro, perché è costretto a farlo, e può così meditare sulle decisioni che l’hanno portato a essere quello che è. Non una bellissima persona, a dire la verità, e non può essere tutta colpa dell’essere stato figlio unico in una società – il Giappone degli anni Cinquanta – che non vedeva di buon occhio chi cresceva senza fratelli o sorelle. In ogni caso, Hajime è un uomo dalle potenzialità inespresse e molto concentrato su se stesso (come dimostra la cura che riserva al proprio corpo): le svolte nella sua esistenza avvengono grazie soprattutto a donne che lui non si fa scrupoli di far soffrire, arrivando fino al punto di distruggerne l’esistenza, come succede alla prima fidanzata Izumi: forse perché l’unica donna della sua vita è (o il protagonista pensa che sia) Shimamoto, l’amica d’infanzia, anch’ella figlia unica, persa di vista nella preadolescenza, ma sempre con un posto riservato nel suo cuore. Quando ella ricompare all’improvviso dopo un quarto di secolo, pare che si possa riannodare il filo spezzato tanti anni prima attraverso l’ascolto di vecchi dischi che fanno da preludio a notti infuocate (il nostro è un maratoneta del sesso, quando vuole) con l’unico risultato, però, di incrinare - in maniera irreparabile? - il tranquillo tran-tran familiare e lavorativo che Hajime ha infine trovato al fianco della moglie (e grazie ai soldi del padre di lei). In questo breve romanzo che risale a oltre vent’anni fa, Murakami non utilizza alcun elemento fantastico o comunque esterno all’avventura esistenziale (ovvero sentimentale) del protagonista in pagine dove la riflessione predomina in modo assoluto sull’azione: eppure, grazie a una grande capacità di sviluppare il racconto e dare una voce ben precisa a Hajime, la narrazione scorre con grande facilità seguendo prima il sentiero della formazione di un giovane uomo e poi facendosi coinvolgere dalla lieve suspence creata dal mistero non svelato che circonda Shimamoto. Qualche chiacchiera di troppo e alcune soluzioni un po’ di maniera – su tutte il catatonico vagare del protagonista nel sottofinale – non inficiano il piacere di una lettura in cui il non detto è uno dei grandi segni caratterizzanti: in fondo, chissà se Shimamoto è veramente chi il protagonista pensa che sia e chissà se ci sarà un futuro per la famiglia di Hajime, ovvero se la mano sulla spalla alla fine è quella di una salvifica Beatrice.
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Alla ricerca di sé
“Quando ti guardo, a volte mi sembra di vedere una stella lontana. Sembra che brilli, ma è una luce di decine di migliaia di anni fa. Forse è la luce di un astro che ora non esiste più, ma a volte sembra più reale di tutto il resto”.
Tre donne: Shimamoto, Izumi, Yukiko.
Shimamoto è l'amicizia preadolescenziale di Hajime, la prima “finestra” di un ragazzino sull'altro sesso... forse la prima cotta. Ad attirare verso lei non è la bellezza (non ancora) o il suo corpo (non ancora): è la condizione di figlia unica, la lentezza che dipende dalla sua gamba zoppa, la musica che proviene dai dischi in vinile di suo padre, dei quali si impadronisce quando può. Ma bambini e ragazzini non scelgono (non ancora), e allora le strade si separano per le circostanze più banali... magari un trasloco, o un cambio di scuola...
Izumi è l'amore adolescenziale di Hajime, la prima attrazione fisica, la promessa di poter aspettare il momento giusto, infine la prima storia finita male. Ad affascinare in lei è la dolcezza, quando non la remissività, la voglia di qualcosa che ancora non si conosce, la sensazione di innamorarsi dell'amore. Ma la necessità di crescere di un adolescente può andare più veloce del suo ragionare, delle promesse di un momento (che erano vere, autentiche, ma di quel momento)...
Yukiko è l'amore maturo di Hajime, la scelta consapevole, il desiderio di “stabilizzarsi”, la voglia di una strada maestra, di creare una famiglia. Ad attrarre di lei è l'equilibrio, le possibilità che la condizione economica della sua famiglia promette, la probabilità che sappia essere compagna di una vita. Ma l'ombra della crisi esistenziale, personale, può profilarsi dietro qualunque felicità solo apparente...
E poi c'è qualcosa che appartiene profondamente alla vita: le donne (o gli uomini) e le storie che esse (o essi) significano, ritornano. Appaiono. Scompaiono. Più volte.
Quando Hajime fuggirà verso la villetta (disabitata) di Hakone – nel suo momento di massima incertezza, alle soglie dei 40 anni – sceglierà di portare con sé, per una notte, una sola di quelle tre donne. Ma nel profondo dovrà fare i conti anche con le altre due. Per capire se può capirsi... se può ritrovarsi o finalmente riconoscersi.
Ciò che alla fine accadrà. E in questo le percentuali non hanno importanza: non conta quanto ciò dipenderà da lui, o da ciascuna delle tre donne, o da circostanze del tutto fortuite. Ad un certo momento conta solo giungere a sapere chi si è.
Di Murakami Haruki ne esistono almeno due: quello onirico, quasi “illimitato”, e quello essenziale ed intimista. “A sud del confine, ad ovest del sole” è un libro che appartiene a questa seconda vena letteraria: in 200 pagine (che finiscono per sembrare molte di più) si delineano i primi 40 anni di vita di Hajime, senza trascurare le donne che intrecciano la loro storia alla sua, i soffusi jazz-bar che il protagonista gestisce con una competenza di cui è il primo a stupirsi... e poi i misteri (legati agli anni che le donne di Hajime vivono “fuori dal libro”, ai quali lo scrittore allude attraverso particolari episodi ma di cui, al loro ricomparire, non svela quasi nulla).
La sensazione di chi legge questo Haruki è che in letteratura sia più facile mostrare l'evoluzione dell'animo umano – ovvero le sue diverse età – attraverso il non detto (anzi: il non raccontato) che provare a descriverla. Così, la scelta di lasciare aperto qualche sottile filo secondario della storia può apparire più come un valore aggiunto del romanzo che un fattore di insoddisfazione per il lettore.
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Bah ...
Premesso che finito di leggere non volevo credere al fatto che questo libro l'abbia scritto lo stesso autore di un capolavoro come norwejan wood, andando oltre, quello che alla fine mi è venuto in mente è stato un BAH... e niente più.
Agonia e malinconia gratuita, uno strazio ingiustificato... o meglio non spiegata all'interno del romanzo e il risultato è per me un'opera: semplice, banale, deludente e con personaggi rimasti incompleti e trascurati.
Onestamente mi aspettavo di più della solita storia di un uomo che ha tutto ma è insoddisfatto, che tradisce sua moglie e vuole mollare le sue figlie per una donna "pazza"- tra l’altro , beh,
si potrebbero riempire librerie e videoteche con materiale che raccontano storie simili.
Sarà che come tutte le storie che cominciano male e finiscono peggio anche il mio rapporto con questo libro è cominciato male, malissimo, appena il cassiere mi ha detto il prezzo: “ venti euro” e diciamocelo che per un libro di duecento pagine è veramente un esagerazione ma comunque gli ho voluto dare fiducia,
e così:
E' stata la prima volta che mi sono pentito di aver speso soldi per un libro il che per me e per altri che amano leggere, è tutto.
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NON CONSIGLIO NEMMENO AL MIO PEGGIOR NEMICO.
South of the border, west of the sun
…di Nat King Cole
Haijme è un uomo comune, un uomo che vive il suo tempo, ama la musica, la letteratura, si scopre appassionato di Jazz tanto che apre un bar, figlio unico di una normale famiglia giapponese conduce una vita pressoché normale sin da ragazzo, poi all’università, poi da impiegato e poi il matrimonio con la donna che ama e che gli darà due figlie.
Tutto normale, tutto tranquillo, forse un po’ anche banale, sino a quando non compare dopo più di vent’anni Shimamoto, la sua adorata compagna di scuola a fare breccia nel suo cuore, a esigere uno sprazzo di felicità interrotta a dodici anni quando ancora ragazzini erano inseparabili e che per dei motivi legati alle esigenze dei genitori avevano intrapreso scuole differenti perdendosi così di vista. Anche lei figlia unica.
Ma cosa c’è davvero a sud di quel confine?
Una infinità di spazi vuoti da colmare o lasciarli come sono?
E’ possibile tornare indietro e azzerare tutto e ripartire da zero?
…intanto suona Star crossed lovers… di Duke Ellington e Billy Strayhorn
”amanti nati sotto una cattiva stella”
“Gli esseri umani a volte sono destinati, per il fatto solo di esistere, a fare del male a qualcuno.”
Per buona parte della lettura è Haijme il protagonista della storia, con i suoi timori e le sue indecisioni, le sue storie sentimentali e le sue considerazioni lavorative, con dolcezza e con passione si innescano conflitti e desideri tra realtà e fantasia, la realtà dolce con la fantasia dolce-amara.
Un uomo Haijme affascinato dalla bellezza superficiale, quantificabile, ma nello stesso tempo profonda ed assoluta e che ama molto quell’indefinibile sensazione trasmessa delle donne con passione e determinazione. Ma per tutto ci vuole la chiave giusta, Haijme ha tutto ma gli manca la chiave per aprirsi e far esplodere il suo intimo sentimento, fino a quando non tocca il fondo e risalendo il confine non la trova e si apre alla felicità.
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Hajime,l'inizio
Abbandonate la speranza di ritrovarvi nelle atmosfere oniriche ed inquietanti di 1Q84, non ci sono assassine con rompighiaccio, nè gostwriter venduti alle trame di editor senza scrupoli , non c'è un Kafka in fuga dai suoi timori edipici, in "ASud del confine a Ovest del sole" c'è la descrizione di una storia d'amore , intrigante,originale,affascinante , citando un noto cantautore potrei sintetizzare la storia con il verso : "Certi amori non finiscono, fanno dei giri immensi e poi ritornano" .
Così Hajime all'inizio della storia in un'atmosfera adolescenziale che mi ha ricordato l'altro grande successo di Murakami ,Nerwegian woood ,Tokyo blues, s'innamora di una compagna di classe Shimamoto, una ragazzina dolce e piena di curiosità con la quale condivide l'amore per la musica che ascoltano con un vecchio giradischi, prima ad avvicinarli è la musica classica poi si perdono nelle atmosfere magiche del Jazz, "Pretend you are happy when you are blue it isn’t very hard to do" (Fingere di essere felici quando si è tristi non è poi un grande sforzo)
canta Nat King Cole , questa è la domanda che si fanno tutti quelli che nella vita scelgono l'amore sicuro, ovattato? borghese? Invece di quello che ti squassa l'anima, quello che ti chiede d'investire tutto te stesso e rischiare.Che cos'è l'amore? Quando diventa una scelta hai già perso.
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Nè a sud, nè a ovest: cerco il nord!
Due ragazzetti appena adolescenti , fuori dal comune. Un non so che di magico, di irrimediabilmente dolce nelle mani di Hajime che, ad un certo punto, sfiorano e stringono in modo casuale quelle di Shimamoto …
Cavoli !!! Dieci indefinibili secondi in cui un nuovo mondo si affaccia all’improvviso, quasi che quelle mani pallide e quei polpastrelli fossero una finestra spalancata su un destino diverso…
Come la sensazione che ti coglie al primo timido bacio dato a fior di labbra, quando ancora non si sa nulla dell’amore e del dolore con cui si impasta, giorno dopo giorno.
E’ proprio il capriccio del destino che divide le loro strade, quello stesso capriccio che sospinge la vita di Hajime ( e la nostra con la sua) in altre possibile vie ….
E passa la prima vera relazione d’amore, l'università e poi anche una sciatta e per niente piacevole occupazione in una piccola casa editrice. E poi il matrimonio casuale ma fortunoso , passe part tout per una esistenza agiata.
Ma è proprio vero che il primo amore non si scorda mai . Quella sensazione di incompletezza che giace in fondo al cuore, quel desiderio incompiuto, pungente, dente che duole, sospiro mai tirato, voglia mai estinta, torna, torna a ondate, come il bacio del mare alla sua spiaggia: quelle mani sfiorate a dodici anni, quella donna claudicante e misteriosa che attira e polarizza voglie e desideri sembra essere proprio il suo antico amore: Shimamoto.
Hajime con la sua vita costellata di buchi come un gruviera, sempre a coprire emozioni negate e a lasciarsi alle spalle sogni sfiniti di notti senza perché, vuole Shimamoto, da sempre, perché lei E’ l'Amore, a dispetto della sua luccicosa e piena vita di successo.
E l’amore, Giano bifronte , come accade quasi in ogni storia che si rispetti, si affaccia, ti rincoglionisce, ti scopa e poi ti molla. Almeno nei romanzi.
Shimamoto se ne va, ritorna nel nulla, esattamente da dove era arrivata: evapora, svanisce, si perde e si disperde.
Il tradimento non lascia traccia, fuori di noi: ma quella mano … la mano di sua moglie che, infine, si poggia sulla sua spalla, fiduciosa e comprensiva, brucia. Come un tizzone ardente.
Mi domando che cosa avrà provato, cosa avrà sentito nel suo profondo sé, Hajime, sognatore tradito e traditore.
Perché io mi sarei sentita da cani.
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A sud del confine, a ovest del sole------
"A sud del confine, a ovest del sole" potrebbe presentarsi come un'ideale "continuazione" del romanzo "Norwegian Wood - Tokyo Blue-.
Murakami ci propone questa sorta di "diramazione" con un tocco estremamente delicato, ci svela una dolcezza colma di delicatezza e sconfinante nostalgia, rinchiusa nella solitidune di ogni personaggio inserito nella vicenda, non solo nei due protagonisti, che a mio avviso ne rappresentano l'"emblema principale", ma fortemente viva anche nei personaggi "apparentemente" secondari, che ruotano attorno ad essi.
Quest'opera breve, pur riuscendo a smuovere emozioni e sentimenti di commozione , trasmette una strana sorta di "fragilità", che getta il lettore nel dubbio, portandolo a chiedersi se l'autore si sia per caso imbattuto in un momento particolarmente "timoroso" nell'ambito del suo percorso personale e letterario.
Infatti, pur non non arrivando a considerarlo uno dei suoi lavori più incisivi, ho perpecito la sensazione di trovarmi d'innanzi ad un romanzo fortemente "intimo", trovando in questo il movente di una strana sorta di "palpabile ambiguità", un mistero misto a limpidezza.
Una limpidezza narrativa che evoca lo stile dell'autrice Banana Yoshimoto e un "ombra" esile, sottile che l'autore mantiene dentro di se, gelosamente costudita.
"...Tutti e due avvertivamo la presenza di una nuova realtà che sarebbe presto diventata nostra e che avrebbe colmato quel senso di incompletezza delle nostre esistenze. Una nuova porta stava per aprirsi davanti a noi, soli sotto una vaga e flebile luce, con le mani strettamente allacciate, per dieci, brevi secondi..."
Un altro titolo legato ad una canzone che unisce i due protagonisti primari, Hajime e Shimamoto, un amore nato sotto "una cattiva stella", un racconto che oscilla tra la realtà del vivere quotidiano e un universo immaginario.
L'immaginario e la realtà, il passato e il presente,"il ciò" che è stato e "il ciò" che potrebbe essere stato...