A ovest di Roma
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Era un akita puro
Henry Molise ha origini italiane (“Mia madre si chiamava Maria Martini e mio padre Nicola Molise”) e proprio lì – A ovest di Roma - vuole tornare, frustrato dagli insuccessi familiari (“Il più grande rifiuta la razza bianca e sposerà una negra. Il secondo, disoccupato, cerca di diventare un attore. Il terzo ancora troppo giovane per aggiungersi alla disintegrazione della famiglia. Figlia innamorata di un perdigiorno da spiaggia”) e professionali (“Non vedevo Joe Crispi da sette anni, da quando c’incontravamo all’ufficio di Stato di Santa Monica per ritirare i nostri assegni di disoccupazione… Il duodeno stava zampillando acido… Le mie interiora si annodarono come del filo da pesca…”).
Ma un grosso cane (“Il funzionario che lo registrò scrisse che era un akita puro”), che forse non riuscirà a rimpiazzare il precedente (“Il mio defunto, bellissimo Rocco”), comparso di punto in bianco nel ranch in una notte di pioggia, riesce a incarnare il desiderio di riscossa di Henry, seppur in modo comico e sconclusionato (“Non è un lottatore, papà. È uno stupratore”).
Tra consigli maldestri (“Stai a sentire, cretino. Hai voglia di uscire e sistemare questa faccenda da uomo a uomo?”), la delusione del figlio preferito Jamie (“Jamie. Un essere strano, noiosetto, fuori dalla corrente, uno quadrato”), i tentativi di evitare la leva di Dennis (“Entrare nell’ufficio per la selezione fu come entrare in un romanzo di Dostoevskij”) e molto altro, John Fante confeziona un romanzo con stile unico (“Il destino lo sopraffece come l’inverno artico”) e originale (“Galt... i suoi scintillanti occhi azzurri ci perforarono come un cecchino”) e con qualche tinta di poesia inarrivabile: “Il cielo era di un azzurro così brillante che avrebbe potuto essere stato dipinto da Michelangelo; si cercavano, nei bordi delle nuvole che sembravano di lana, i cherubini che suonavano trombe d’oro… la marea era bassa e melodica…”
Giudizio finale – citazione (credetemi, ho avuto l’imbarazzo della scelta. Con gli animali è tanto facile... ho optato per un poeta!): “Lasciate entrare il cane coperto di fango, si può lavare il cane e si può lavare il fango… Ma quelli che non amano né il cane né il fango.. quelli no, non si possono lavare.” - Jacques Prévert
Bruno Elpis
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Uomini stanchi
Due storie diverse per ambientazione, contesto e personaggi, che si trovano accomunate dall'avere come portagonista un uomo stanco, insoddisfatto, alla ricerca di un riscatto che non arriva e che per questo ripiegano in un 'contentino' che allevi la loro fatica.
Il protagonista del primo racconto é un padre di famiglia, perdente nato insoddisfatto della propria esistenza, conteso fra il sogno di una famiglia che non c'é e la voglia di liberarsi dei propri figli ("fuori uno, dentro tre") che vede nel suo cane stupido uno strumento di riscatto.
Nel secondo, a parlare é un figlio, anche se é suo padre il vero protagonista. Anche lui costretto in una famiglia che non lo rende felice, in una condizione di ristrettezze economiche che é dura abbastanza da farlo sentire inadeguato e fallito, tanto da farlo sperare nella svolta quando gli viene donata una miniera.
Entrambi i protagonisti credono di aver a portata uno strumento di riscatto, le cui sorti lascio scoprire a chi vorrà cimentarsi nella lettura.
Assolutamente consigliato, soprattutto a chi vuole ritrovare lo stile di Fante in due racconti "maturi", brevi ma intensi.
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John Fante cinquantenne e maturo...maturo?;)
“Era un disadattato e io ero un disadattato…”Si, questa è la storia di un disadattato ,un perdente. È uno sconfitto non socialmente ma moralmente parlando. Henry Molise, scrittore di discreto successo, con quattro figli,una dolce e bella moglie, una villa in riva al mare e una Porsche.Emh…credo tutti vorremmo essere disadattati come il sign.Molise…ma scrostiamo la superficie ed andiamo all’osso. Sono ormai anni che è costretto a campare con biasimevoli sceneggiature da campeggio estivo,la moglie lo comanda a bacchetta con false fughe al nido materno,i figli..bè…uno ama le donne”nere” e fuma erba,l’altra è una semi vagabonda,uno è un povero fannullone codardo e il restante è un poco credibile filantropo della domenica. La famiglia è spaccata a colpi d’ascia…ma arriva in una notte di pioggia l ‘elemento rappacificatore…un grosso cane stupido ,sessualmente confuso ed in fregola perenne. Lui è un vincente(di dubbio pudore sessuale),e a ben guardarlo;Henry si ricorda di sé nei momenti migliori,quando anche lui era un vincente. È una epopea domestica quella che ci si staglia davanti,corredata da una serie di buffe e tenerissime catastrofi che faranno macinare(letteralmente parlando)la lettore l’intero volumetto.
Infine l’opera si conclude con un breve raccontino,”l’orgia”,che di apertamente pornografico ha appena una sbavatura finale. Piuttosto pone allo sguardo indagatore del lettore ,la riviviscenza di una situazione ormai abrogata(per molti di noi che non la vivono in prima persona) da anni: la fatica fisica,smembrate e catastrofica,per guadagnarsi la pagnotta, di due muratori,Nick Molise e Frank Gagliano.Cosa può mai essere una “capatina carnale” ad un bordello improvvisato, se non un modo per fuggire dai sudori che impregnano la vita di questi uomini settimanalmente?
“Questi due racconti fanno uno dei capolavori di John Fante e una delle sue opere più amate”(Franco Marcoaldi)
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Quella linea d'ombra...
È noto che laddove l’emozione affiora l’ironia incomincia a scemare. Eppure in quest’incontro diciamo ossimorico, deve esistere una zona neutra, come una linea invisibile che, nel passaggio da uno stato all’altro, la nostra psiche diventa ibrida. Qui, in questa sorta di linea d’ombra alla Conrad, troviamo la scrittura di John Fante: a un tempo, esilarante, malinconica. Basti pensare che le vicende de “Il mio cane stupido” – uno dei due racconti di A ovest di Roma - avevano destato l’interesse di Peter Sellers e di altri attori famosi, interessati a farne un film. Alla fine il film non c’è stato: ma rimane il romanzo. Forse un cane umanizzato, così come lo crea la penna di Fante difficilmente poteva trovare un interprete degno. Un cane di carattere, sempre eccitato e con la voglia di incularsi il padrone, tanto per presentarlo ai lettori. In letteratura non sono molti che hanno utilizzato un personaggio - cane dandogli un ruolo da protagonista. Mi viene in mente Bulgakov, in “Cuore di cane” e Agnon in “Un cane randagio”. Per raccontare le rispettive vicende, entrambi hanno scelto di “farsi cane”. Ma un cane pensante, non può che essere un cane umanizzato. Un punto di vista umano che s’incrocia con le condizioni miserabili di un cane! Non poteva che scatenare il risibile a cielo aperto ma allo stesso tempo scuotere le coscienze più attente: si pensi alla cure amorevoli del medico che nutre il cane randagio col solo scopo di vivisezionarlo, o quelle del cane Balak che, scacciato da tutti, quando scopre che sul dorso porta il marchio del lebbroso (l’ebreo), incomincia ad assalire tutti i suoi nemici e chi incontra davanti a sé. Anche Fante sceglie questa strada: il cane Stupido - alter ego di Fante - infatti, gli resterà l’unico fedele. Dell’altro racconto inserito ne “A ovest di Roma”, “L’Orgia”, a memoria rimane la scrittura fluida e sciolta di Fante: che ad oggi fa impallidire quella di certi nostri autori così tanto acclamati. Di John Fante va letto tutto, anche se a lettura finita ti lascia dentro un macigno che non sai più come toglierti.
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Ottima lettura
questo volume è composto da un romanzo: "Il mio cane Stupido" e da un racconto: " L'orgia". Nel romanzo il protagonista è l'alter ego di john Fante, Henry Molise, scrittore in crisi d'ispirazione che vive con una moglie nevrotica e quattro figli scansafatiche... fino a quando un bel giorno nella loro vita non entra Stupido, un grosso cane di razza akita. Stupido vive in uno stato di eccitazione permanente e oggetto dei suoi desideri sessuali sono i maschi, siano essi umani o cani.Il che procurerà al padrone non pochi problemi. Molise e suo figlio jamie si affezzionano a Stupido ciò avviene nel corso di una passeggiata lungo la spiaggia dove Stupido affronta una serie di cani di razza quali doberman, alani, fino ad arrivare all'epico scontro con Rommel, un pastore tedesco che domina incontrastato il quartiere. Stupido sconfigge Rommel utilizzando il suo solito modo: tentando di sodomizzarlo. Henry ( approdato nella classe medio alta americana ma che non dimentica le proprie origini )si riconosce così nello straniero- disadattato Stupido. Anzi si esalta per la potenza sessuale del cane e per il suo coraggio.Romanzo molto divertente che dipinge in modo cinico e impietoso il mondo di John Fante. Per quanto riguarda il racconto " L'orgia" narra il rapporto padre - figlio in un america di immigrati italiani e neri incatenati dall'ignoranza e dalla superstizione che cercano di superare la loro condizione.
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Due brevi romanzi
Una raccolta di due brevi romanzi di uno dei più grandi scrittori moderni. Una scrittura che porta a farsi trascinare dalla narrazione tragicomica nel primo e nel farsi sconvolgere dagli eventi bruti nel secondo. Il rapporto familiare, in entrambi i romanzi viene scoperto come legame e come scissione. Mentre nel primo racconto Il mio cane stupido, scopriamo un padrone che scopre le affascinanti diversità e le somiglianze nascoste con un animale, nel secondo il rapporto tra padre e figlio prende il sopravvento sull'intera umanità. La difficoltà del raccontare e del raccontarsi in una storia dura apre il mondo alla realtà di Fante, una realtà lineare e rigida, che però non è mai priva di contenuti e di mille diramazioni.
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Cinico e impietoso
"A ovest di Roma", scritto nei primi anni Settanta e pubblicato postumo nel 1986, è forse il libro più riuscito di John Fante.
Con "Il mio cane Stupido", il primo dei due racconti del volume, "l'american dream" giunge ad un fatale cortocircuito: Henry Molise (alter ego di John Fante), scrittore hollywoodiano, dopo aver raggiunto il successo, inizia una lenta deriva esistenziale e professionale. Il panorama familiare è altrettanto fallimentare: quattro figli scansafatiche dediti alla marjuana, una moglie annoiata e sempre pronta alla fuga. I precari equilibri della famiglia Molise, vengono turbati dall'inatteso arrivo nella loro dimora, di un deforme e stupido cane, che scatena reazioni esilaranti nei suoi familiari. Ne "L’Orgia", il secondo racconto breve, la voce narrante appartiene ad un bambino, che rievoca la fine brutale della sua infanzia.
E' un libro cinico e impietoso, in bilico tra comico e grottesco. Un malinconico autoritratto di John Fante, alla soglia di una maturità, che sembra non arrivare mai.
Buona lettura:)