Warlock
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Antigone in salsa Western.
Dunque.
Pacatamente, misuratamente e sobriamente.
Warlock, di Oakley Hall, è un libro PAZZESCO.
Sarò breve.
Siamo nel 1881, a Warlock, paese di “quella che chiamano la Frontiera, termine che suona romantico alle orecchie di chi non ci vive.”
Questa storia – come molte, moltissime storie Western – è una rivisitazione dell’eterno tema dell’Antigone:ci sono le leggi degli uomini (la giustizia, la fedeltà, la responsabilità, la comunità e tutte le cose belle che finiscono in –tà) e quelle divine o del “cuore” (amicizia, famiglia, legami, vincoli non scritti e non detti); ogni tanto, e anche molto spesso, queste leggi scozzano e nascono le Tragedie.
Ma se Sofocle mette in scena un rigido tiranno ad incarnare le leggi umane, e una coraggiosa fanciulla si batte per quelle divine, nel West le cose vanno diversamente.
Il Creonte della frontiera è Johnny Gannon, un ex cowboy con più di qualche macchia sulla reputazione e un rimorso particolarmente brutale che di fatto lo spinge a cambiare vita. Un personaggio dalla determinazione e dalla fierezza adamantina ed insieme di rara e tenera goffaggine.
È a lungo malvisto per il suo passato e poi lo sarà per essere diventato inflessibile e aver “rotto” i vincoli tradizionali.
Insomma, un oggetto inamovibile e in perenne “fuori sincrono”.
Invece la dolce e temeraria Antigone è, Tom Morgan, un losco che più losco non si può; che non si fa scrupolo di uccidere innocenti, umiliare oppressi, offendere angeli della bontà… e voler bene all’unico amico che la sorte gli abbia concesso, Clay Blaisedell, che, del tutto incidentalmente, è il pistolero più veloce del West e diventa il marshal di Warlock.
Forse Morgan ama anche un po’ una donna, cosa che non gli impedisce di ucciderne DUE potenziali mariti quando diventano una minaccia per Clay.
Non manca neppure Tiresia, per l’occasione interpretato dal giudice Holloway, relitto sciancato, rissoso e dedito al whisky più che a qualsiasi altra cosa.
Ma sorprendentemente lucido.
A volte.
Diversamente da quanto mi accade di solito, ho amato fino alla fine sia Creonte che Antigone.
Si certo, alla fine più Creonte, as usual, però questa malvagissima Antigone lascia il segno. Proprio perché “cattiva”.
Come lo lascia anche Johnny Gannon che è protagonista di una delle dichiarazioni d’amore (anche questa piuttosto incidentale) in assoluto più “goffe” e convincenti che abbia letto (e subito dopo fa un gesto d’amore fra i più inutili e commoventi di cui abbia memoria… che non si dica che ci vuol poco a farsi amare da me).
Ma in “Warlock” i personaggi maiuscoli si susseguono senza posa, anche se restano in secondo piano rispetto alla trama portante: Blaisedell è un “buono” straordinario, Abe McQuown un personaggio su cui scrivere un libro “a parte”, Jack Cade un cattivo appena abbozzato, ma… (non spoilero), Curley Burne mi ha fatto piangere e Carl Schroeder quasi. Per tacere del terrificante Fitzsimmons, del rivoltante McDonald e di tutti gli improperi che ho lanciato all’angelo di Warlock, miss Jessie Marlow (e quanto mi son esaltata quando Morgan le ha detto quanto fosse ipocrita e str***a); c’è un altro personaggio femminile a cui ho voluto piuttosto bene, Kate, che ho immediatamente immaginato con le fattezze di Katy Jurado (mentre nel film dedicato è un’attrice incomprensibilmente bionda e con occhio ceruleo. Mah!).
Infine c’è come è scritto questo libro.
Ho letto alcuni commenti in cui l’accento è posto su “come essere lì” ed è proprio così. Alternando la cronaca asciutta ed oggettiva, ma di rara potenza evocativa (quando Gannon cammina verso Blaisedell siamo veramente dentro i suoi stivali stretti) con le pagine del diario di uno dei cittadini di Warlock; in questo modo viviamo l’azione “in diretta” e la sua conclusione in differita.
Ed è perfetto.
Come sono assolutamente perfetti gli “incipit” dei capitoli.
Insomma, ribadisco.
Da leggere. Ora. Subito. Adesso.
(Che pare sia una trilogia e ne hanno tradotto solo uno. Facciamo pressione!)