Un giorno di festa
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Scrittura e vita, quale parallelismo?
C'è un prima ed un dopo, in questo breve romanzo, una linea di confine che segna una vita, un evento drammatico ed inspiegabile che anticipa ed indirizza un futuro altrimenti diverso.
Vi è una eroina romantica, quella che poi diventera' una famosa scrittrice, Jane Fairchild, con una vita tormentata, sofferta, segnata da un destino crudele, lei orfana, cameriera al servizio di un nobile casato nei primi decenni del '900, amante da sette anni di Paul, giovane rampollo della famiglia Sheringham prossimo al matrimonio.
Jane e' sola, vive con tormento le proprie emozioni ed in particolare quella data, il Mothering Sunday, ( siamo nel 1924 ) giorno di libertà che avrebbe trascorso in solitudine, nella quiete della campagna, abbracciata ad uno dei suoi amati libri, se non avesse ricevuto quella telefonata.
E' una Inghilterra uscita malconcia dalla prima guerra mondiale, che piange i propri morti ed ancora divisa da rigide regole di tradizione e separazione di sessi e classi sociali ed ammantata di un rigido perbenismo nelle classi più abbienti.
Il piano narrativo evidenzia una vicenda autobiografica che non può svelare completamente la verità all' interno del romanzo ma solo ai lettori, ed il desiderio di riavvolgere il nastro di una vita che sarebbe stata ricca di soddisfazioni, quel talento letterario ancora inespresso e solo sopito, pronto a spiccare il volo e a raggiungere la gloria nella contemporaneità.
Vi è un tentativo di capire e spiegare il senso della letteratura, la nascita di uno scrittore, quali i propri mentori, le inclinazioni profonde, i punti di riferimento, anche letterari.
Vi è una risposta ed una ammissione, ovvero che lo scrittore e' alla ricerca di un linguaggio comune, universale, cercando di spiegare che cosa si provi ad essere vivi, rispettando la natura più profonda dell' esistenza, per capire e rivelare, alla fine, l' insondabilita' ed il mistero del reale.
Tra le pagine un racconto nel racconto, o forse due tracce separate, distinte ma consequenziali. Una prima parte che ci parla di un mondo e di una storia, arricchita da descrizioni oggettive e da considerazioni soggettive, laddove i personaggi che ruotano attorno a Jane sono figure di contorno, sovrastate dall' eccesso di ego della protagonista, tanto che l'immagine dell' amato Paul appare romanzata, flebile, dissolta nell' immaginazione sconfinata della stessa.
Ma Jane dubita di se stessa e delle proprie dissertazioni, trattasi di realta' o di finzione letteraria?
E quanto di vero o presunto, o solo immaginato o distorto nella mente dell' autrice, e quale realta' percepita dai più?
Forse alla fine tutto è romanzo, finzione, o al contrario verita', fatti realmente accaduti e racconto di se'. Lo scrittore fa questo, assapora ed assorbe i contenuti di una vita, li fa propri e li trasforma in letteratura.
" In fondo essere scrittori non consisteva nell' abbracciare la vita in tutta la propria complessità? Ed abbracciarla non era anche il senso ultimo della vita stessa? "
È un romanzo che affronta in un lungo monologo la storia della protagonista, radiografandone l' esistenza, sconfinando in tematiche vaste, elaborate e sviscerate in poche pagine, dando un' idea di complessita' non sempre adeguatamente rappresentata.
Vi è una tendenza estetica straripante, uno stile che sa di ottocentesca memoria, un groviglio psicologico che parte da lontano, si smarrisce e ritorna, ma si ha l' impressione di troppa carne al fuoco, a rischio smarrimento.
Interessante quel filo della memoria, quella rappresentazione e confluenza di più' storie in un' unica storia, alternando presente, passato e trapassato, quel vivere una sessione psicoanalitica di se' e non se', e quell' universo parallelo di passione ed ispirazione letteraria ( si parla di Konrad come figura di riferimento).
In conclusione, una lettura che, a tratti, da' degli spunti di riflessione, ma nel complesso non mi pare un testo imprescindibile ne' degno della fama del proprio autore.
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Cambiamenti
Leggere, acquistare, scrivere, vendere libri, si rivelano attività vitali risolutive che cambiano la vita, consentendo ad ogni persona di ripartire da sé, dal sentire e dal pensare.
La ventiquattrenne Jane è “orfana, cameriera e prostituta…Amante segreta. Amica segreta.”, da sette anni, per sempre, del giovane rampollo Paul, già promesso sposo di Emma, “il vaso di fiori”.
Con il pretesto di studiare, Paul Sheringham, due settimane prima delle nozze, ha la casa tutta per sé e decide di incontrare Jane invitandola ad entrare dalla porta principale.
E’ il Mothering Sunday, la festa della mamma, ed è il giorno simbolico per venire al mondo e per inaugurare una “perfetta politica della nudità”: perché la gioia e il dolore che sempre segnano la strada, possano essere generativi e tradursi in diverse rinascite, per sé e per la comunità.
“E d’altro canto, sarebbe stato ancora corretto definirla una cameriera, ora che se ne stava sdraiata su quel letto? E Paul, era ancora “un padrone”? Era questa la magia, la perfetta politica della nudità.” p.39
Dopo l’amore segreto, appassionato, sognato e giurato in ogni modo, Jane Fairchild, trovatella venuta al mondo e mandata a sevizio, si rivela donna che affronta la morte e il senso del peccato, con una innata licenza a inventare e con un’intima passione per i tanti modi nei quali le parole possono corrispondere alle cose.
La giovinezza audace e l’intelligenza vivace, le letture dei romanzi di Joseph Conrad, l’accompagnano prima come commessa in una libreria, poi come scrittrice famosa di romanzi. E vive, Jane, fino a novantotto anni: ricorda, soffre, invecchia con ironia, con curiosità, con la forza dell’amore taciuto e custodito.
“D’altro canto, non si poteva in alcun modo sostenere che il mondo sarebbe venuto meno o sarebbe stato meno reale, in assenza delle parole che si usavano per definirlo. Tutt’al più si sarebbe potuto affermare che le cose consacrassero le parole utilizzate per distinguerle una dall’altra, e che le parole potessero a loro volta consacrare ogni cosa.” p.103
“…il senso autentico delle biblioteche, le veniva a volte da pensare, non stava nei libri in sé, ma nella capacità di preservare un’atmosfera da santuario maschile, che nessuno doveva permettersi di turbare. Perciò, era difficile pensare a qualcosa di più scioccante di una donna che entrasse nuda in una biblioteca. L’idea in sé era sconvolgente.” p.73-74