Turno di notte
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In tempo di guerra e in tempo di pace
"Turno di notte" è un romanzo storico ambientato nella Londra degli anni Quaranta, sia durante il Secondo Conflitto Mondiale, sia nel periodo immediatamente successivo, mentre la città e i suoi abitanti ancora faticavano a ritornare alla vita di tutti i giorni. Il volume si focalizza principalmente sulle donne che durante la guerra hanno svolto un ruolo chiave per mantenere attivi dei servizi essenziali alla cittadinanza e ora sentono di avere perso un'occasione, pur nella drammaticità di quanto erano chiamate ad affrontate in alcuni casi.
«Aveva lavorato al ministero dell'Alimentazione [...] "Si aveva l'impressione di fare qualcosa di... importante. Mi piaceva. Anche se in realtà io battevo solo a macchina..."»
Il romanzo segue i punti di vista di quattro personaggi: l'autista di ambulanze Kay, l'operaio Duncan, le agenti matrimoniali Helen e Vivien "Viv"; il volume presenta una struttura inusuale, con la sua divisione in tre parti, ognuna collocata cronologicamente tre anni prima della precedente. Nonostante questa scelta nessuna rivelazione viene anticipata, anzi si crea una piacevole curiosità per sapere quali eventi abbiano portato a determinate situazioni, ad esempio sappiamo fin da subito che Helen ha da tempo una relazione con la scrittrice Julia, ma solo tornando indietro possiamo scoprire come si sono conosciute ed innamorate.
Un ruolo fondamentale nel romanzo è rappresentato dall'ambientazione: la Waters si è evidentemente cimentata in un grandissimo lavoro di ricerca per rendere autentica la componente storica del titolo, puntando l'attenzione anche ai più piccoli dettagli;
«In cielo c'erano quattro o cinque pallini di sbarramento che sembravano gonfiarsi e sgonfiarsi nel loro movimento rotatorio.»
lo stesso impegno è stato profuso per rendere vivida l'atmosfera della Londra distrutta dalle bombe tedesche, con i cittadini costretti a tenersi sempre pronti a scappare nei rifugi sotterranei.
«[...] le strade vittoriane bombardate lasciavano il posto a rosse ville edoardiane, che a loro volta lo lasciavano a linde casette simili a bungalow e prefabbricati. Era come tornare indietro nel tempo [...].»
L'aspetto meglio riuscito del romanzo sono a mio avviso i suoi personaggi, e non solo i quattro protagonisti ma anche alcuni dei brillanti comprimari come il carismatico Fraser e la spigliata Mickey. L'autrice ci presenta una carrellata di personaggi credibili, che anche nei momenti peggiori non cedono alla tentazione di voler essere accattivanti a tutti i costi, anzi li si apprezza proprio per le loro debolezze come Kay quando si permette finalmente di dimostrare la sua ansia per l'impegno estenuante al quale è sottoposta.
«Stette bene per alcuni istanti. Ma poi il whisky cominciò a ondeggiare nel bicchiere quando se lo portava alle labbra e la sigaretta a spargere cenere sulle nocche. Aveva cominciato a tremare. Succedeva, ogni tanto.»
La bravura della Waters nel caratterizzare i suoi protagonisti è dimostrata dal fatto che, pur avendo preferito gli altri, sono riuscita ad apprezzare anche Helen: la sua gelosia nei confronti di Julia risulta spesso eccessiva, rasentando una possessività tossica,
«Se le era immaginate come tante dita sudice che consumavano l'effigie su una moneta a forza di strofinarla; o come uccelli litigiosi che beccavano Julia, portandosela via pezzo a pezzo...»
ma d'altro canto la società non permette alle due donne di ufficializzare il proprio amore, quindi il lettore è portato se non ad approvare per lo meno a comprendere quanto debba essere frustrante per loro vivere una relazione "a metà", quasi come fossero delle criminali.
L'autrice racconta infatti di diversi personaggi LGBT+, elemento che -assieme all'ambientazione scelta- mi ha ricordato "Le gazze ladre" di Ken Follett letto qualche mese fa; ma pur essendo un aspetto comune ai due romanzi, la rappresentazione di diversi orientamenti ed identità sessuali in questo caso è tratta con un'attenzione che non ha alcun paragone con il romanzo di Follett. Lo vediamo bene quando Kay passeggia per strada e si deve sforzare di recitare il ruolo del "ragazzo" o "figliuolo" di turno,
«La cosa migliore era comportarsi sfacciatamente, rovesciare la testa all'indietro, camminare con aria spavalda, trasformarsi insomma in un "personaggio". Talvolta era stancante e basta, quando non se ne aveva l'energia.»
per non essere costretta ad omologarsi in una società che fatica ad accettarla negli anni della pace, mentre la tollerava con sufficienza durante la guerra.
E proprio la guerra è l'altro tema centrale della narrazione, anche se non viene affrontata sul piano macroscopico delle grandi battaglie: del conflitto non vediamo un singolo colpo di fucile, ma ci vengono mostrati con crudezza i suoi effetti sui civili sempre angosciati dagli allarmi notturni e sui soldati lontani dal fronte, reclutati da giovanissimi per combattere a nome di ideali e territori non loro, in un susseguirsi di perdite per entrambe le parti.
«"Strano lavoro, vero? Polvere da tutte le parti. Non come l'altra guerra, che era tutto fango. Viene da chiedersi come sarà la prossima. Cenere, suppongo..."»
Come si sarà ben capito, ho apprezzato moltissimo questo romanzo, e se dovessi individuare dei difetti potrei citare solo la poca incisività del titolo -che, pur essendo abbastanza adatto, a mio avviso non trasmette appieno il contenuto del volume- ed il senso di incompletezza che si percepisce alla fine della prima e della seconda parte, perché si vorrebbe rimanere ancora in compagnia dei personaggi in quei momenti delle loro storie.
Da ultimo, vorrei segnalare anche l'ottimo lavoro svolto dal traduttore che ha curato la pubblicazione italiana di Ponte alle Grazie per aver inserito molte note, indispensabili per comprendere appieno i riferimenti culturali che la Waters ha disseminato nel romanzo.