Trilogia del ritorno
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Le voci di Konradin e Simon Elsas
"L'amico ritrovato" e "Un'anima non vile" costituiscono un unico corpo narrativo della "Trilogia del ritorno" di Uhlman, due facce della stessa medaglia.
Hans Schwarz, figlio di un medico ebreo e protagonista del primo libro, ha incontrato nel tempo un pubblico che gli si è affezionato e che talvolta ritorna al suo racconto anche a distanza di anni.
"Un'anima non vile" ripercorre quella stessa storia di cui, dunque, già si conoscono protagonisti, luoghi, situazioni, epilogo: leggerla potrebbe non avere senso. Ma forse Uhlman avrà voluto restituire al pubblico il puzzle completo di quest'amicizia senza tempo e, per farlo, l'unico modo era dare spazio e voce anche ai pensieri di Konradin von Hohenfels, figlio di una ricca famiglia aristocratica, l'altro giovane protagonista de "L'amico ritrovato".
In "Un'anima non vile", Konradin è la voce di chi è stato vinto dalla sua famiglia prima e più che dalla Storia. Ormai adulto, scrive all'amico di un tempo, anche se non è certo che Hans riceverà la sua lettera: Konradin non vuole giustificarsi ma spiegare, raccontarsi per essere compreso, magari anche perdonato.
Ecco allora che quella "figura che, trasudava agio e distinzione" tale da intimorire i compagni di classe, ripercorre la sua infanzia, la solitudine dell'adolescenza ("I miei genitori, com'è logico, facevano quello che credevano essere la sola cosa importante: pagare. Non hanno mai dimenticato Natale e il mio compleanno... ma d'altra parte il figlio di un contadino greco ha ricevuto più amore in un giorno che io in tutta la vita"), il suo bisogno di amicizia, il suo rivendicare il diritto di scegliere da sé, e difendere finché potrà, il suo migliore amico, l'ipocrisia del padre, i pregiudizi della madre verso gli Ebrei e l'importanza per quest'ultima della forma (non importa che un principe sia un idiota, è pur sempre un Principe, pertanto persona da frequentare), la sua illusoria euforia giovanile nell'abbracciare un ideale, seppur sbagliato, e nel sentirsi parte di qualcosa di "importante".
Konradin ha sbagliato, e lo sa. Il suo non è un racconto ordinato né poetico e suggestivo quanto quello di Hans; il suo tono è amareggiato, impaurito, talvolta confuso, proprio di chi vuole dire tanto, tutto, e sa di avere, letteralmente, i giorni contati per tentare di restituirsi all'amico di un tempo.
In "Niente resurrezioni, per favore", romanzo che conclude la trilogia, Il protagonista, Simon Elsas, non ha alcun legame con Hans e Konradin ma è la voce di un ebreo che, dopo vent'anni, sente, inspiegabilmente, il bisogno di ritornare nella Germania che ha amato e da cui è dovuto fuggire per scampare all'inferno nazista.
"Negli ultimi recessi della sua mente c'era qualche cosa che non sapeva spiegare".
Turbato, sospeso a metà tra la sensazione di un déjà vu e di estraneità proprio di chi si trova in una terra sconosciuta, Elsas sente che "c'era qualcuno che desiderava incontrare, qualcuno di cui aveva quasi dimenticato il nome, ma che aveva avuto una parte importante nella sua vita."
È questo il romanzo del confronto con il passato, col peso della Storia e dei ricordi che esasperano ancora: "Questo suo ritorno aveva fatto sì che la memoria, come un torrente fangoso, scoperchiasse le tombe di morti dimenticati, per trasportarne le ombre da una riva all'altra dell'Acheronte e distruggere la diga da Elsas costruita con tanta cura perché il passato non lo inghiottisse e gli lasciasse iniziare una nuova vita."
"Niente resurrezioni, per favore" è un romanzo di tristezza e nostalgia, amore e odio, confronti e incomprensioni. È, dei tre, quello che, alla fine, lascia un senso di amara compiuta consapevolezza e di necessaria speranza.
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Piccoli capolavori
Si tratta della raccolta di tre romanzi brevi che rappresentano momenti diversi della seconda guerra mondiale . Iniziamo con "L'amico ritrovato" in cui il giovane ebreo Hans Swartz, figlio di un medico che ha combattuto nell'esercito tedesco la prima Guerra Mondiale venendo anche decorato per il proprio valore. Un giorno a scuola arriva un ragazzo diverso da tutti quelli della classe, che per quanto nobili , sono in realtà poveri di mezzi di sussistenza e soprattutto di spirito. Konradin Von Hohenfels è il figlio del Conte Von Hohenfels, una delle dinastie più importanti di Germania. Tra i due ragazzi nasce un'amicizia ispirata dalle affinità culturali dei due ma minata nella sua sincertà da una piaga nascosta, Hans è ebreo e questo non è tollerabile per la famiglia di Konradin , che ricoprendo un ruolo anche istituzionale (la madre è ambasciatrice e odia gli ebrei per tara personale) si trova vicina alle idee di Hitler. Lo scoppio della guerra e inizio della persecuzione degli ebrei separerà i due ragazzi. Molto bella la descrizione del "sentimento " di amicizia nascente tra i due, letto da un uomo del 2020 ad un certo punto hai quasi l'impressione che possa essere qualcosa di diverso tanto intenso è lo struggimento dei due, in realtà è solo il modo puro di vivere una cosa importante come l'amicizia in un'epoca che aveva un altro cancro a minarla nei valori ma che ancora considerava l'amicizia un sentimento e non un vincolo dovuto e facilmente ottenibile per frequentazione. Terribile vedere come a giudicare il valore di un uomo non è il suo comportamento ma l'essere ebreo piuttosto che ariano, il padre di Hans ha dimostrato valore in guerra e rettitudine morale in ogni ambito della sua vita ma è ebreo e quindi feccia.Nel secondo romanzo "Un anima non vile" viviamo la stessa vicenda raccontata dalle lettere di Konradin all'amico, mentre attende di essere giustiziato per tradimento. Scopriamo come un ragazzo di 16 anni potesse essere alieno a tutto quello che stava accadendo nel suo paese a livello politico ma soprattutto come la sua mente ancora non corrotta non riesca a concepire la persecuzione razziale. Il terzo romanzo cambia il protagonista che è Simon Elsas, un ex avvocato fuggito in America allo scoppio della guerra e rientratovi 20 anni dopo. E' il romanzo che mi ha più colpito perchè l'autore riesce a rendere splendidamente il senso di alienazione, di repulsione, di estraneità di un uomo verso il suo paese e il suo popolo, due cose che dovrebbe amare sempre e comunque, ma ai quali non perdona l'abominio compiuto. L'incontro casuale con una persona che lo coinvolge in una rimpatriata tra vecchi amici da il via a quelle che sono tra le pagine più dure contro il nazismo, il monologo di Simon e le reazioni dei suoi commensali sono la descrizione di un'epoca e dei limiti di un popolo, ma soprattutto pagine di alta letteratura . Si tratta di tre romanzi brevi ma , come parafrasando uno dei personaggi , Uhlman come Simon è un pittore, non usa spazio a sproposito, fa stare nei margini della tela tutto quanto vuole raccontare e lo fa non col pennello ma con una penna di alto valore. Bellissimo
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Uno sguardo sulla Germania pre e post Nazismo
Nell'immenso parco di opere riguardanti l'olocausto e la Seconda guerra mondiale, "L'amico ritrovato" è sicuramente uno di quei capolavori che brillano di luce propria, innalzandosi più in alto degli altri. Per un'opinione più specifica riguardante questo romanzo, vi rimando alla recensione sulla sua scheda.
"La trilogia del ritorno", infatti, non comprende soltanto l'Amico ritrovato ma anche altri due romanzi.
Il primo è "Un'anima non vile", che racconta la stessa storia di amicizia del suo predecessore, ovvero quella tra Hans Schwarz e Konradin von Hohenfels, questa volta dal punto di vista di Konradin (nell'Amico ritrovato il punto di vista è quello di Hans, ebreo tedesco).
Il terzo romanzo è "Niente resurrezioni, per favore", che con la trama dei precedenti non ha alcun punto di contatto, se non la città in cui sono ambientati i fatti. In quest'ultima storia il protagonista è l'ebreo emigrato Simon Elsas, che ritorna nella sua Stoccarda in seguito alla guerra e vede gli effetti che il suo paese natale ha subito, sia nei luoghi che nelle persone.
Tutti i tre romanzi ruotano intorno agli effetti che la guerra, l'ascesa e la caduta del nazismo hanno avuto sulla Germania. È interessante vedere come delle folli ideologie che poco tempo prima non erano neppure contemplate, mettano radici nella popolazione in maniera del tutto inaspettata e repentina. Questo si nota soprattutto nei primi due romanzi, assistendo ai cambiamenti che l'amicizia profonda tra Hans e Konradin è costretta a subire, inquinata da un contesto che sta mutando in una direzione oscura. Nell'ultimo romanzo daremo uno sguardo alla desolazione che tutto questo ha generato, nel paese che lo ha generato.
Tre storie molto belle (la prima un vero e proprio "piccolo" capolavoro), che vanno lette assolutamente, e che in certi tratti sono spaventosamente attualizzabili. È interessante mettere a confronto i punti di vista nelle prime due storie; trovare le analogie, scoprire le differenze di percezione e le vicissitudini dei due protagonisti di questa splendida amicizia.
"È la fortuna che conta, e nient'altro - come dicevi sempre tu. Fortuna prima di nascere: lo sperma giusto che incontra l'ovulo giusto, i giusti genitori, il posto giusto. (Che possibilità ha un genio, se nasce in uno squallido villaggio indiano?) Il giusto dottore, il giusto avvocato, la luce giusta per attraversare la strada di notte, la gente giusta da conoscere, l'insegnante giusto - tutto è fortuna. L'uomo più brillante può venire ucciso da una tegola, mentre il suo vicino, un inetto, può sopravvivere. Solo la Fortuna governa le nostre vite." - Da "Un'anima non vile".