So che ci rivedremo presto
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un amore segreto ed infinito
Kristin Harmel, dopo aver pubblicato Finchè le stelle staranno nel cielo, Quando all’alba saremo vicini, e Farò di tutto per tornare da te; si affaccia nuovamente sulla scena letteraria con So che ci rivedremo presto. Narrando in questo modo una storia che parla con perizia e fascino intrinseco di:
“un furto del passato e di qualsiasi speranza per il futuro”.
Una storia accattivante i cui ingredienti principali sono:
“Un quadro pieno di misteri. Una ragazza in cerca di se stessa. Un segreto legato a uno dei periodi più bui della storia.”
La ragazza suddetta è Emily, una giovane donna giornalista, da piccola abbandonata dal padre, che di un tratto decide di lasciare la propria famiglia per costruirsi una nuova vita con la segretaria. Emily non ha mai superato il trauma ed ora che il padre è tornato a capo chino chiedendo perdono, lei fatica molto a concederlo. Un giorno riceve uno strano quadro in dono accompagnato da un biglietto ancor più comprensibile che fa riferimento alla nonna paterna:
“Era un acquerello a tinte vivaci di una donna in piedi al centro di quello che sembrava un campo di grano, il viso in piena luce con lo sguardo rivolto in lontananza. Indossava un abito rosso. (…)e la sua espressione era risoluta e pensierosa insieme.”
Il biglietto, invece, recitava:
“Ho letto il suo articolo e ci tengo a dirle che lei si sbaglia. Suo nonno non ha mai smesso di amarla. Margaret è stato l’amore della sua vita.”
Il riferimento alla nonna è tangibile. Ma che significa? Quale indubbio segreto ha nascosto e per così tanto tempo? Per Emily cercare ed ottenere la verità diventa una priorità assoluta, ma da dove iniziare? Questa ricerca muterà la sua vita? E a quale prezzo? Perché nessuno ha mai affrontato il discorso con lei?
Una storia ben congegnata, che affonda le sue radici in un passato lontano e che studia con determinazione un fatto poco studiato dei prigionieri nazisti in America. Una saga familiare interessante e ben congegnata, articolata e difficile da dipanare. Personaggi intimamente descritti, una trama che mescola con abilità verità e finzione narrativa. Una lettura che trascina con passione lontano nel tempo, con grande intensità. Una bella storia di amore, per confrontarsi con il sentimento e continuare a crederci sempre e nonostante tutto.
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UNA STORIA CHE NON CATTURA IL LETTORE
La protagonista Emily è un personaggio molto insicuro, fragile e all'inizio io lo sentivo anche molto antipatico. Ha trentasei anni è single e ha perso il lavoro, non ha un buon rapporto con il padre e un giorno riceve un quadro con il ritratto della nonna scomparsa, Margaret.
"E' vero, su questo aveva ragione: mi sentivo molto più a mio agio sulla carta stampata che nel mondo reale. Ah, se avessi potuto vivere tutta la vita proteggendomi dietro lo schermo di un computer!"
Da lì inizia una vera e propria ricerca nel passato, l'autrice alterna il presente al passato con il racconto della vita della nonna a partire dalla seconda guerra mondiale.
La storia è molto prevedibile e molto scontata, non c'è nulla da scoprire perché abbiamo capito tutto e comunque l'autrice ce lo dice chiaramente.
Emily è una donna che ha sofferto molto per l'abbandono del padre quando era un'adolescente e ha fatto molti sbagli nel suo passato, a partire dal dare in adozione sua figlia. E' un dolore che si porta dietro negli anni e che non si perdona.
Emily e il padre Victor si uniscono per cercare chi sia il mittente del quadro e capire cosa è successo a Margaret nel passato.
Nei capitoli ambientati nel 1940 in poi, incontriamo la storia di un altro personaggio Peter, un soldato tedesco che viene catturato e mandato in Florida, come prigioniero, per raccogliere la canna da zucchero. Conosciamo un uomo che si è arruolato per forza e che non crede all'ideologia nazista ma che anzi, è sollevato quando capisce che ha finito di combattere.
Ma la strada per lui è in salita.
In Florida non trova solo persone che lo disprezzano ma anche anche degli americani tolleranti come Margaret.
" E mentre teneva le mani in alto, Peter era stato sopraffatto da un improvviso senso di vergogna. Ma non perché era stato sconfitto in battaglia. No, si vergognava perché era felice che quella dannata guerra fosse finalmente finita."
Non è uno spoiler attenzione, l'autrice ci dice chiaramente che Peter è il nonno di Emily e il padre di Victor, ma la trama infatti è incentrata sul perché Margaret e Peter si siano separati.
Tre quarti del libro scorre senza emozione, la trama in alcuni punti mi sembrava molto forzata e prevedibile, poco interessante e poco coinvolgente.
Emily è un personaggio che non emoziona, che non suscita nulla, non ha fiducia negli uomini, è insicura e fragile e troppo distante dalla storia.
La storia di Margaret e Peter è più interessante anche se non si riesce sinceramente ad affezionarsi nemmeno a questa vicenda, sembra un testo scritto senza anima, ma un minimo di emozione la troviamo verso la fine ma non capisco perché solo nella parte conclusiva.
Se non siete abituati a leggere il romanzo storico allora potete apprezzare meglio di me questa storia, ma per me la Harmel riesce a scrivere molto meglio di così.
Qui sembra mancare una trama solida, un'idea di partenza che forse non è stata sviluppata nella maniera corretta.
Mi sono chiesta molte volte cosa ci sarà di così sconvolgente da scoprire?
E se c'era qualcosa in più che non avevo capito, ma avevo proprio scoperto tutto.
E' un vero peccato, perché l'ultima parte è stata molto più coinvolgente e più emozionante ma non basta per arrivare alla sufficienza.
Sono molto critica perché qui manca il cuore, l'anima, manca l'autrice di "Finché le stelle saranno in cielo" e mi dispiace molto.
Spero veramente che la Harmel cambi e che ritorni a raccontarci delle storie emozionanti, altrimenti io passerò a leggere qualcos'altro.
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