Quando l'imperatore era un dio
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Per ricordare
Dopo aver raccontato in maniera stilisticamente singolare ma accorata le tante storie di donne giapponesi emigrate negli Stati Uniti per divenire spose-schiave di propri connazionali in “Venivamo tutte per mare”, Julie Otsuka affida alle pagine del romanzo “ Quando l'imperatore era un Dio” una pagina di storia americana scabrosa e tutta da dimenticare.
Dopo l'attacco di Pearl Harbor, in America è caccia ai nipponici, a tutti indistintamente per il solo fatto di avere quelle radici, anche se si tratta di famiglie integrate e ivi residenti da decenni, i cui figli non hanno mai conosciuto il Giappone.
La narrazione della Otsuka parte in sordina, le immagini scorrono in maniera lieve quasi asettica, il dolore e la sofferenza faticano a bucare le pagine; eppure il tema è forte, rastrellamenti forzati, campi di prigionia affollati, famiglie scisse, madri relegate coi figli senza nulla sapere del proprio consorte, il gelo dell'inverno, il caldo soffocante delle estati nel deserto dello Utah.
Nella seconda parte del racconto, la storia si carica di calore e di tutta quell'umanità che deve sgorgare da uno spaccato simile; la forza e la disperazione di una madre sono fotografati dagli occhi dei figli, muti spettatori di eventi difficili da comprendere.
Il romanzo potenzialmente poteva e doveva dare di più, i contenuti da trattare sono tanti e le vicende accadute meritano di uscire dalla polvere ed essere conosciute.
Un romanzo riuscito per metà, dove il lettore fatica ad essere coinvolto sul piano emozionale nel primo tratto narrativo, per poi trovarsi partecipe di tutta l'ingiustizia, la frustrazione e la violenza psicologica della seconda parte.
Lodevole l'intento della Otsuka, nel mettere nero su bianco una storia che per lungo tempo l'America ha cercato di dimenticare e di renderne meno pubblicità possibile.
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mancanza
Mah. purtroppo in controtendenza rispetto a Pia e a Pupottina non posso dire che questo romanzo mi abbia coinvolto al cento per cento. Purtroppo mi ha lasciato lo stesso senso di incompiutezza che ho percepito leggendo anche il romanzo precedente, di cui "Quando l'imperatore era un Dio" ne è il seguito.
Strutturalmente, però, è molto diverso dal precedente. il primo, "venivamo tutte per mare" ,è un romanzo corale, l'esperienza vissuta è ricostruita attraverso gli occhi di tante donne diverse, ognuna ha voce in quel romanzo.
Questo sequel, invece, trova spazio solo per una esperienza. Nello specifico quella di una famiglia composta da madre, padre e due figlioletti, un maschio ed una femmina. Primo aspetto caratteristico della narrazione è che non conosciamo i nomi dei protagonisti, la soggettività delle persone in qualche modo è volutamente celata anche in questo romanzo.
Credo che essa sia invece volutamente data alle sensazioni. Si chiamano Paura, Incomprensione, Depressione, Scoramento, Smarrimento, Tristezza, Malinconia e soprattutto Mancanza. Mancanza del papà che viene portato via in una buia notte, senza nemmeno il tempo di cambiare le ciabatte. Mancanza della propria casa e dei propri odori, poichè mamma e figli furono "deportati" contro il proprio volere nel derserto dello Utah. Mancanza dei paesaggi. Mancanza degli alberi. Mancanza di normalità. Mancanza di dignità. Questo è ciò a cui fu sottoposta questa famiglia di origne giapponese, in terra americana, subito dopo l'attacco a Pearl Harbor.
Saranno i bambini a raccontarci come cambierà il loro mondo, saranno soprattutto i bambini a raccontarci cosa saranno costretti a vivere durante quei terribili anni. come sarà impossibile adattarsi al cambiamento forzato della loro vita. Saranno loro a farci capire come nulla di ciò che immaginavano di ritrovare al loro ritorno sarà uguale. Ogni cosa muterà, le case, le persone e loro stessi.
Non mi sento di sconsigliarlo, anzi, ma non posso certamente dire di essere appagata da questa lettura. Troppo breve, non nel numero di pagine ma nella narrazione.
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PEARL HARBOR ... E DOPO ???
Moltissime persone sono a conoscenza dell'attacco dei Giapponesi agli Americani presso Pearl Harbor, ( soprattutto grazie al bel film che è stato realizzato) ma poi le stesse persone passano come ricordo sul rapporto tra questi due paesi, al triste evento di Hiroshima e Nagasaki.
Ma cosa successe nel frattempo dopo Pearl Harbor in America?
Come si sa , da guerra nasce guerra, dal male scaturisce altro male.
Ecco che allora in questo bellissimo libro scritto con delicatezza ma col "giusto" realismo, scopriamo, grazie alle vicissitudini di una famiglia qualunque giapponese, il proseguo del destino di questo popolo che in quel momento si trovava a vivere in America.
Il padre venne subito arrestato e portato via...durante la notte, in vestaglia e pantofole...momento che resterà fisso soprattutto nella memoria del bambino; la famiglia poco dopo fu internata in un campo nel deserto del Nevada, dove regnavano il vento, la polvere e la sabbia e dove le uniche cose che si potevano vedere erano grandi armate, riflettori e filo spinato...
No, noi lettori non assistiamo a particolari torture, ma all'inesorabile destino di persone che diventano invisibili alla società...e i giorni passavano tutti uguali...non c'era più vita...e ogni componente della famiglia ( padre,mamma, figlio e figlia) per fortuna riuscirà a suo modo a sopravvivere...ma come?
Perché avvenne tutto questo?...per tenerli in ostaggio?...per necessità militare? ...per proteggerli?...nessuno di loro lo sappe mai...
E il tempo scorreva mentre la vita di queste persone sembrava scivolare via e sciogliersi tristemente...Tre-quattro anni dopo poterono fare ritorno alla loro casa...ma cosa trovarono?Chi rappresentarono a quel punto loro, per la società? Erano i nemici, erano persone che dovevano rinnegare la loro identità...persino la divinità del loro imperatore...
E' toccante come la sensazione di odio misto a paura sia raccontata attraverso il quotidiano, la vita dei bambini a scuola...l'atteggiamento di sottomissione continuo che devono assumere...il trovare un modo per scusarsi e giustificarsi...sempre ...Perchè lì rappresentavano il nemico.
La storia prosegue fino al "momento più bello"...quando "Harry sgancia la bomba"...e tutti i giapponesi, se vogliono continuare ad esistere, devono farsi carico di tutte le colpe, rendersi effettivi fautori delle atrocità commesse da altri loro conterranei...quando loro non avrebbero avuto da dire che una sola cosa: ci dispiace...
E io che ero rimasta affascinata dalla copertina di questo libro con quell'isola splendida di bellezza ,che rappresenta per me la ninfea, è stato davvero impressionante trovare la crudezza di un gesto di quella mamma ,col quale questo libro mi ha accolta inizialmente e che mi ha tenuta a lungo a riflettere di cosa possiamo diventare tutti noi se siamo obbligati ad essere messi di fronte a scelte estreme...e a dover pagare colpe di altri tra noi...
Questa non è la guerra dei libri di storia...questa è la guerra raccontata attraverso la vita di una semplice famiglia...che potrebbe essere la nostra...
Pia
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Una donna, due bambini e la partenza ...
Julie Otsuka ancora una volta, dopo Venivamo tutte per mare, riesce a commuovermi raccontando con eleganza e rispetto pagine di storie che nessuno ci ha mai raccontato e soprattutto lo fa parlando con il cuore e alle donne. Narra il quotidiano di donne del passato che sono state ancore di salvezza in mezzo agli orrori e alle ingiustizie della storia.
La Otsuka utilizza un linguaggio semplice, incisivo e diretto. Sintetizza gli aspetti più angoscianti delle esistenze delle protagoniste, ma riesce comunque a coinvolgere il lettore e ad accompagnarlo per tutta la narrazione.
Il romanzo Quando l’imperatore era un dio racconta cosa accadde alle donne del primo romanzo (Venivamo tutte per mare), cosa accadde alle spose “in fotografia”, dopo lo scoppio della guerra, dopo Pearl Harbor, dopo l’ordine di evacuazione del febbraio 1942 costrinse le figlie di quelle donne a lasciare le loro abitazioni per essere internate nei campi di lavoro. Anche lì le donne lottavano per tenere unita la famiglia …
La storia è resa magistralmente attraverso la narrazione dei due figli di una donna, rimasta sola dopo il l’arresto del marito, avvenuto nel cuore della notte e portandolo via in pigiama.
Il romanzo racconta come fosse assurda l’ostilità nei confronti dei giapponesi, subito dopo Pearl Harbour, e forte il razzismo nei loro confronti.
I giapponesi si sentono colpevoli per quel senso di colpa che li fa sentire appartenenti allo Stato artefice dell’attacco a Pearl Harbor durante il secondo conflitto mondiale. Ma i giapponesi hanno anche pagato successivamente da vittime con l’attacco nucleare a Hiroshima.
L’orrore per quanto commesso ha portato solo altra sofferenza, sterminio e dolore.
Quando l’imperatore era un dio è un romanzo toccante, commovente, lacerante, di grande intensità lirica, ma essenziale. È doveroso leggere il racconto di una parte di storia di cui non si parla.
Consigliato.