Notti al circo
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Un femminista postmoderno inglese
“Nights at the circus”, 1984, poco conosciuto in Italia, rispetto ad altri romanzi inglesi suoi contemporanei, è invece un classico della letteratura britannica, insignito di uno dei più prestigiosi premi letterari inglesi, promosso dall’Università di Edimburgo (il James Tait Black Memorial Prize).
In Italia è stato edito dalla Fazi, con una postfazione di Dacia Maraini.
Angela Carter si inserisce nel filone femminista, ma anche postmoderno e surrealista per la caratterizzazione del personaggio femminile, le idee alla base dell’opera, la complessità del tessuto narrativo che unisce vecchio e nuovo.
Avevo già letto “Le figlie sagge” ed avevo apprezzato la penna duttile, cruda e magica, comica e anche tragica, tutto insieme. Quando prendo in mano un libro della Carter ho la sensazione di immergermi in un caleidoscopio di immagini e di sensazioni, più che in tutti i romanzi che ho letto nella mia vita (per questa pirotecnica di immagini penso alla trilogia di Cartarescu, anche se lo scrittore rumeno sia indubbiamente a livelli molto più alti della Carter).
È la storia di Fevvers (vero nome: Sophia) una donna-uccello, donna-angelo, fate voi. È una famosa, procace trapezista ricercata da tutti i capi di Stato, che durante i suoi numeri circensi volteggia ad ali spiegate sotto i colorati e magici tendoni. Lei dice candidamente, al signor Walser, il biondone americano -il giornalista che la sta intervistando per cercare di carpire il segreto delle sue ali, quel trucco che sicuramente c’è e non si vede-, di essere nata da un uovo, da genitori sconosciuti.
Nata-da-un-uovo!
E non è l’unica stranezza nel libro: lei ostenta la verginità, nonostante sia stata cresciuta in un bordello da una certa Ma’Nelson e poi sia finita nelle mani di Madame Schreck che gestiva un “museo delle donne mostro”, all’occorrenza una casa chiusa per uomini dai gusti particolari disposti a pagare lautamente. In quella casa vivevano “la bella addormentata”, una cerea e smilza fanciulla che si svegliava solo per assumere un pò di cibo per tenersi in vita, una vita narcolettica, Meraviglia, una donna piccolissima, un vero folletto, ma ben conformata in tutto e altre strane creature.
“…ma i distinti signori che sborsavano i loro quattrini per darci una sbirciatina. Cos’è, infatti, “normale” e cos’è “anormale”? Lo stampo che serve a formare gli esseri umani è estremamente fragile. Basta un colpetto da nulla per romperlo”.
Ma non è finita: quando Fevvers viene venduta al circo del Colonnello, troviamo fenomeni da baraccone, non i soliti (il nano, la donna barbuta, etc.) ma scimmie che ragionano e parlano come esseri umani, anzi, meglio degli esseri umani, il maialino dello stesso Colonnello, Sybil, sembra umanizzarsi, l’Uomo Forzuto assomiglia ad un gorilla senza cervello…uno spettacolo esilarante, da leggere e da immaginare. La regina del circo è però lei, Fevvers…
Colori, luccichii come quelli dell’uovo Fabergé , grazie al quale scappa dal granduca che le aveva spezzato il portafortuna e le cui avances stavano per mettere in pericolo la sua incolumità. Cristalli di ghiaccio che si sciolgono, barlumi di luce, colorati travestimenti con piume sgargianti, immagini inquietanti, macabre, accennata sensualità, improvvisi lampi di erotismo, ma anche immagini di squallore.
“Quella vestaglia sudicia, orribilmente incrostata da una riga di cerone attorno al collo... Lizzie alzò la massa dei capelli rivelando, sotto la seta rancida e sdrucita, la sua doppia gibbosità, le cui dimensioni facevano pensare che avesse un seno davanti e l’altro dietro, la sua vistosa deformità, le colline gemelle dell’escrescenza che teneva sempre celata quando si trovava esposta a una luce diversa da quella dei riflettori. Infatti, per la strada, a un ricevimento, a pranzo nei costosi ristoranti dov’era ospite di principi, duchi, capitani d’industria e altri personaggi del genere, era la sua deformità a emergere, anche se lei non mancava mai di attirare gli sguardi e la gente si metteva in piedi sulle sedie per vederla”.
È folle. Una storia che si fa beffe del lettore, non sai fin dove credere a quello che leggono i tuoi occhi, ma Fevver ci è o ci fa? È magia oppure lei e la sua “tata” Lizzie si prendono gioco di te oltre che del povero malcapitato Walser? Dal camerino disordinato e sudicio di Fevvers a San Pietroburgo alla Siberia, più ambientazioni, tante avventure dove il surreale è d’obbligo e la libertà della donna, anche. Cosa rappresenta Fevvers se non la donna libera? Una donna che si dà solo a chi ama e desidera, chi è se non la rappresentazione del Desiderio?
“«Matrimonio? Puah!», sbottò Lizzie, stizzita. «Dalla padella alla brace! Cos’è il matrimonio se non prostituirsi a un uomo solo invece che a molti? Già, proprio così”
“Notti al circo” mi è piaciuto più de “Le figlie sagge”, l’ho trovato superiore e più coinvolgente, tranne che nella penultima sezione della storia, che ho avuto necessità di rileggere tanto mi sono sentita completamente disorientata. È un libro che ti fa sorridere, mentre giri le pagine, è bizzarro, stranissimo, surreale. Ma ci sono anche passi che ti accoltellano, ti fanno riflettere soprattutto nelle parti ambientate nel bordello e al circo, dove gli essere umani sembrano animali, e gli animali specie più sagge ed evolute. La stessa Fevvers ha le sue debolezze: i soldi e i diamanti, ma anche un’altra che si aggiungerà. Un uomo…
Penso di aver detto troppo, vi lascio allora con una frase del libro, credo che a nessuno dispiacerà:
“…noi donne, a conti fatti, sosteniamo il mondo”.