Noi vivi
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Amore tragico e totalitarismo
Romanzo struggente, che narra la lotta dell’individuo contro il totalitarismo. Siamo nella Pietrogrado post rivoluzionaria, prima metà degli anni 20. La guerra civile si è conclusa a favore dei bolscevichi, impegnati nell’edificazione della repubblica dei soviet. La città respira miseria, i timidi tentativi di uscita dal comunismo di guerra con la NEP non portano ad un reale miglioramento della situazione economica. E’ florido solo il mercato nero, alimentato da speculatori senza scrupoli, condannati dall’ideologia ufficiale ma tollerati quando si tratta di fare affari. La maggioranza della popolazione vive di privazioni e stenti, un’altra parte della popolazione, decisamente minoritaria, cavalca l’onda della nuova situazione politica, integrandosi nello stato totalitario. Alla prima categoria di popolazione appartengono gli eredi di un mondo scomparso, quello borghese e aristocratico dell’impero zarista, di cui la famiglia Argunova è degna rappresentante. Una parte dei suoi membri a poco a poco si arrende, accettando di integrarsi zelantemente nel nuovo stato. Non Kira Argunova però, l’eroina indiscussa del romanzo, disposta a sacrificare tutto, compresa la sua dignità, per coltivare il sogno di un amore impossibile e di una fuga all’estero con Leo Kovalenskij, inviso al regime perché figlio di un alto ufficiale dell’esercito zarista e dell’armata bianca. Alla seconda categoria appartengono invece i membri della nuova classe dirigente dello stato bolscevico, cinici, meschini, che si riempiono la bocca di retorica rivoluzionaria ma capaci delle più efferate bassezze. Fa eccezione Andrej Taganov, eroe della rivoluzione e della guerra civile e membro della polizia politica, ma capace di gesti di reale nobiltà d’animo. Come quello di rinunciare alla donna amata (Kira) e sacrificare se stesso autocondannandosi al suicidio (politico e fisico) pur di dare a Kira una prospettiva per se stessa e per io suo amore (quello per Leo). Le pagine in cui Kira, dopo l’arresto di Leo, fa visita ad Andrej confessandogli i suoi reali sentimenti ed il modo in cui Andrej reagisce grondano di fervore e tenerezza, forse le pagine più belle del romanzo. Il finale, tragico ed eroico assieme, è indimenticabile.
Indicazioni utili
L'individuo contro lo stato
Sento di dover cominciare questa recensione dicendo che, secondo me, Ayn Rand è una grandissima scrittrice troppo poco conosciuta. Dico questo in base a constatazioni personali, come la bassa percentuale di recensioni online o il fatto che, se non fosse stato per un caso raro e fortuito, non l’avrei scoperta nemmeno io. Se poi dovesse venir fuori che la conoscono tutti, sarò felice di aver preso una cantonata; sta di fatto che ne sento parlare molto poco. Fatta questa premessa, devo dire che la lettura di questo libro non è stata semplice; l'autrice tende spesso a dilungarsi in dettagli, in descrizioni molto lunghe a volte superflue e ridondanti, con una scrittura tuttavia pazzesca, evocativa, perfetta. Ecco il perché del cinque allo stile, e il quattro (sofferto) alla piacevolezza.
Passando ai contenuti, devo dire che in "Noi vivi" più che in “La fonte meravigliosa" mi sono trovato più di una volta a storcere il naso: non riuscivo a condividere il modo d'agire e di pensare dei personaggi; alcuni li ho persino odiati. Al diavolo, ve lo dirò: i due protagonisti mi stanno enormemente sulle scatole. Oltretutto, molte delle loro scelte portano a eventi che mi hanno lasciato interdetto e deluso. Tuttavia, non ci ho messo molto ad acquietarmi, perché in fondo lo scopo ultimo della letteratura vera non è quello di appagare il nostro desiderio di fiction, di lieto fine; né la soddisfazione di vedere tutte le tessere andare al posto giusto (o meglio, il posto che noi crediamo sia giusto). No. Per queste cose c’è la letteratura d’intrattenimento, e se abbiamo di questi desideri è a quest'ultima che dovremmo rivolgerci. "Noi vivi" appartiene a un altro partito; il partito delle opere che sconvolgono, che dipingono il quadro perfetto di un contesto, che fanno riflettere e ti lasciano in balia di emozioni, anche negative, perché queste in fondo fanno parte della vita. Tutto questo fa di questo romanzo d'esordio di Ayn Rand un libro vero, profondamente reale, pieno di personaggi che sono in tutto e per tutto esseri umani, coi loro pregi e gli infiniti difetti accentuati dal contesto asfissiante e carico di disperazione che è quello della Russia sovietica.
I personaggi sono caratterizzati alla perfezione, bucano le pagine e prendono il lettore per il collo; non solo i protagonisti, ma tutti, in un modo o nell'altro. Vedere come tanti individui intraprendono la propria lotta contro lo Stato (o vi si rassegnano) è qualcosa di unico, che non si può descrivere ma va provato leggendo quello che, secondo me, è un grande romanzo a dispetto della sua tristezza e ingiustizia.
"Noi vivi" si apre col rientro a Pietrogrado della nostra protagonista Kira Argunova e della sua famiglia, dopo un periodo passato in Crimea nell'attesa che la situazione, per le vecchie famiglie borghesi, si facesse più sopportabile in seguito alla Rivoluzione proletaria. Tuttavia, scopriranno ben presto che la situazione non è per nulla migliorata, anzi, Pietrogrado è diventata la capitale di un regno che soffoca gli individui in nome di ideali e di una collettività che vengono gridate a gran voce, ma a cui anche i più fervidi sostenitori forse non credono e sicuramente non praticano fino in fondo. Il risultato è una società surreale, controversa che sparge sangue gratuitamente a volte senza neanche saper perché; un'umanità disumanizzata che a questo snaturarsi o si ribella o si rassegna.
Non molto altro si può dire sulla trama di questo romanzo, perché quest’ultima non è che un mezzo per indagare la natura umana insieme ai suoi rappresentanti, di cui uno spicca su tutti: Andrej Taganov.
Buona lettura.
“Kira, la cosa più alta che c’è in un uomo non è il suo dio. È la parte di lui che gli fa conoscere la venerazione dovuta a un dio. E tu, Kira, sei l’oggetto della mia più alta venerazione.”