Le ore lunghe
Editore
Recensione della Redazione QLibri
La guerra vista da una donna
Sidonie-Gabrielle Colette, meglio nota come Colette è stata una giornalista e una scrittrice assai popolare nella Francia del Novecento. Temperamentosa e sagace, la donna ci ha lasciato un interessante reportage sulla guerra nato quando, mentre suo marito era stato arruolato a seguito dell'entrata in guerra della Francia nel luglio 1914 a fianco all'Inghilterra contro l'Austria-ungheria, a Colette era stato affidato il ruolo di scrivere sul conflitto dal suo punto di vista per conto di alcuni quotidiani e riviste che la vedevano come corrispondente e collaboratrice. Il risultato è "Le ore lunghe", (perché segnate dall'attesa infinita per l'agognata pace), un libriccino vivace puro stile Colette che ci incanta per la narrazione elegante e mai noiosa e al tempo stesso per il punto di vista dell'autrice mai sciovinista o patriottica bensì pratica: si sofferma sul maritino che in licenza trova una moglie vestita da soldato, sulla fatica che si deve fare per preparare e quindi per approvvigionarsi per un pasto elegante, sui soldati all'ospedale da campo che pur brutalizzati nel corpo restano tuttavia giovani e ottimisti, sulla piccina che si lascia trasportare dal senso patriottico del suo paese pur avendo poco più di due anni, sulla scomparsa di alcuni prodotti di bellezza made in Germany agognati da donne e uomini.
Ironico e tenero, il racconto è un documento sulla guerra delle donne, degli anziani, dei feriti e pur occupandosi anche di argomenti seri o talvolta raccapriccianti riesce a toccare con levità l'attenzione dei lettori.
Belle le descrizioni che la scrittrice fa dell'Italia, tratteggiata con la leggiadria di una pittrice nella sua bellezza. L'autrice si sofferma sulla relazione forte che intercorre tra genitori e figli e soprattutto sul numero di bambini mentre in Francia le signore borghesi si risparmiavano le fatiche della maternità. Il suo occhio benevolo tende però sottilmente pur nell'ammirazione a considerare la nazione italiana ancora selvatica, pertanto bella e buona così come Jean Jacques Rousseau supponeva dei beaux sauvages.
Ottima la traduzione di Angelo Molica Franco che a fine testo ci regala un mini saggio per addetti ai lavori e non facendo venir voglia di leggere ancora la grande Colette o anche di tradurla...