Lasciami andare, madre
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Meglio orfani
Questo libro credo che vada visto soprattutto come testimonianza, per cui la voce piacevolezza chiaramente non è adatta a valutare un simile testo. Di piacevole in quello che la povera Helga scrive non c'è assolutamente nulla se non il sollievo di essere stata abbandonata da una simile madre e di potersi permettere, proprio grazie all'interruzione del filo conduttore del rapporto, di sentirsi totalmente estranea alle brutture del nazismo. Credo che la madre le abbia fatto un grande regalo abbandonandola, nonostante la sua terribile infanzia. Solo per questo, può ora permettersi di considerarla con la pietà possibile (anche se non dovuta) verso chi ha sbagliato più di quello che tutti noi riusciremo a sbagliare nelle nostre vite messe insieme.
La testimonianza fa comunque riflettere su come quella madre, donna intelligente, grande lettrice di classici,si sia ridotta facilmente a essere una pedina senza cuore e senza cervello. C'è una cattiveria, un'anima nera nell'uomo su cui si può senz'altro fare leva: non credo che la madre di Helga sia peggiore di noi e comunque i tedeschi coinvolti nello sterminio degli ebrei, o i bianchi nello sfruttamento dei neri o gli iugoslavi nel massacro di altri ecc....sono un'infinità. Troppi per considerarci migliori o diversi.
Questo aspetto del nazismo mi spaventa perché nessuno può essere certo che lui avrebbe agito diversamente dalla madre di Helga. Io credo che siamo troppo superficiali nel dare per scontate certe cose, forse per la sicurezza di cui godiamo nelle nostre democrazie, mentre dovremmo essere inflessibili e intransigenti su alcuni aspetti come la libertà di informazione, la pluralità d'informazione e la correttezza dell'informazione. Dovrebbe essere fatto tutto il possibile per evitare non tanto fenomeni di persuasione e indottrinamento di massa quanto la possibilità teorica di persuasione e indottrinamento di massa proprio perchè il passato ha già ben dimostrato che nemmeno l'istruzione, se guidata, ci mette al riparo da certi rischi.
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Tutti i tedeschi colpevoli dello stermino?
è un libro molto profondo che sono riuscita a leggere in un solo giorno...molti pensano che le vittime della guerra siano stati solo gli ebrei. è vero che il pensiero di Hitler era quello di sterminarli totalmente, ma non sono state solo loro le vittime, hanno sofferto tutti,tedeschi inclusi.
questo libro mi ha permesso di avere una più larga veduta su quel terribile periodo della storia, quasi tutti pensano che gli ebrei siano le vittime e i tedeschi i cattivi.
mi ha fatto comprendere che anche i tedeschi hanno profondamente sofferto, anche se non li scuso di tutto quello che hanno fatto,e ancora non riesco a credere che una persona possa arrivare a fare una cosa del genere, perchè ho sentito le voci di chi ci è passato, di chi è sopravvissuto e non posso che NON DIMENTICARE!
Nonostante non voglio dire che tutti i tedeschi siano stati spregevoli, pensate ai bambini: che cosa potevano sapere ache livello fosse la ignoranza dei genitori?- non dobbiamo però confondere il gesto di Hitler con pura follia, perchè ciò annullerebbe la gravità della cosa, e Hitler sapeva benissimo ciò che staav afcendo, non era solo un pazzo. Helga con il suo libro mi ha fatto molto riflettere, mi ha aiutato ad essere più elastica,lei non vuole scusare nessuno, anzi accusa perfino la madre, non riesce neanche ad abbracciarla,semplicemente vuole farci ragionare, perchè un bambino non avrebbe mai ucciso il bambino con cui giocava nel parchetto di fronte a casa.
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L'amore viscerale
Con questo libro autobiografico, drammatico e coinvolgente, Helga Schneider ci permette di analizzare a fondo l’intimità di un singolare e complesso rapporto tra madre e figlia. Una madre che ha abbandonato i figli, ancora piccolissimi, per dedicarsi totalmente all’ideologia nazista e praticarla nei campi di sterminio di Sachsenhausen, Ravensbrueck ed infine Auschwitz-Birkenau.
Una figlia la cui vita fu segnata indelebilmente da questo avvenimento oltre che da un’infanzia vissuta senza la protezione di una madre, alla mercè di una matrigna distaccata e insensibile e di una guerra atroce che le seminava intorno distruzione, miseria, violenza e morte. Di tutto ciò l’autrice ci ha già raccontato in quello splendido libro che è “Il rogo di Berlino”.
Ora con grande coraggio ci riporta il secondo, definitivo e ultimo incontro con la madre, ormai ultranovantenne, avvenuto a Vienna nel 1998.
Anche il suo primo incontro con la madre fu sconvolgente, privo d’amore e pieno di domande senza risposte, fregiato solo dalla vergogna dell’offerta di una manciata d’oro rubato agli ebrei mandati a morte nelle camere a gas e dalla paradossale richiesta di indossare una divisa delle SS perfettamente conservata.
Helga, dopo quel primo incontro cerca di annullare il legame che, nonostante tutto, la unisce alla madre e lo fa perfino rinunciando alla madrelingua (i suoi libri, infatti, sono tutti scritti in italiano) ma non riesce a provare l’odio necessario per cancellarla definitivamente dalla sua vita.
Per una serie di circostanze si ritroveranno faccia a faccia una seconda volta. Helga si impegnerà in ogni modo e con ogni mezzo (domande incalzanti, tranelli psicologici, inganni, false promesse) a piegare la volontà della vecchia donna che, se da una parte è arrogante, falsa e ipocrita ed ancora spietatamente ancorata alla sua folle ideologia, dall’altra è resa, dall’età, fragile, capricciosa e viziata. In lei si alternano momenti di implacabile lucidità e attimi di provvidenziale oblio, non sempre veritieri.
Il dialogo tra le due protagoniste, con i forti turbamenti appena attutiti dalla muta presenza moderatrice di una nipote-cugina che assiste all’incontro, ci trasferisce impetuose emozioni accompagnate da testimonianze di enorme impatto storico, così come accade in tutti i libri di questa Autrice.
Ella vuole conoscere ad ogni costo ciò che la madre ha fatto, visto e vissuto e soprattutto ciò che ha intimamente provato nel portare a compimento il male commesso e perché vi è stata trascinata dentro nel modo più assoluto.
“Non mi lasciare madre!” gridava una Helga bambina quando fu abbandonata. Sarà la madre ora che presagendo la fine la implorerà di non lasciarla alla fredda solitudine del non-amore. Ma il sentimento dell’odio non riuscirà a farsi strada nel cuore di Helga e a cancellare la madre dalla sua esistenza. Malgrado tutto è sua madre ed ella sa che quando scomparirà dalla vita si porterà dietro una parte di lei, anche se non sa quale.
“Lasciami andare madre” è l’ultima supplica di Helga “ abbandona la mia mente e il mio cuore, confermami che non mi hai mai amato e che mi hai generato e poi gettato in un mondo carico di orrore e solitudine”.
L’amore viscerale, quello esistente in ogni madre e in ogni figlio, subirà ancora l’ulteriore straziante strappo di un addio ormai definitivo.
Da questo libro è stato ricavato un “musikdrama” ad opera di Lina Wertmuller ed Helga Schneider, con scene di Enrico Job, rappresentato, con considerevole successo di pubblico e alti consensi di critica al Piccolo Eliseo di Roma. Sul palco due superbi attori: Roberto Herlitzka nella parte della madre e Milena Vukotic nei panni di Helga.
“Uno spettacolo ferocissimo” dichiara la Wertmuller “forse il più duro che io abbia mai fatto!”.