La via del samurai La via del samurai

La via del samurai

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"Ho scoperto che la Via del Samurai è la morte. Per essere un perfetto samurai bisogna prepararsi alla morte da mane a sera, giorno dopo giorno." La Via del Samurai è stato scritto tre anni prima del plateale seppuku di Mishima eseguito da un balcone delle forze armate giapponesi. E' dunque impossibile parlare di questa personale interpretazione dello Hagakure, breviario e galateo del samurai, settecentesco, testo sacro di etica e di precettistica, senza metterlo in relazione con le ragioni che hanno spinto il suo autore al suicidio rituale, in altre parole se e come abbia razionalizzato, mediante il commento allo Hagakure il proprio atto. Il libro tende pertanto ad assumere il valore di testamento spirituale, di addio alla vita e di giustificazione ideologica del suicidio. Leggendo le pagine di quest'opera, viene naturale pensare che Mishima si considerasse un moderno samurai e che davanti alla decadenza della società nipponica contemporanea, sconfitta dalla seconda guerra mondiale e incapace di rilanciare un modello culturale nazionale, abbia scelto di riaffermare i valori in cui credeva in modo assoluto, tragico e definitivo. La verità su quel gesto non la sapremo mai, restano le sue opere e un biglietto lasciato dallo scrittore la mattina del suo suicidio: "La vita umana è breve, ma io vorrei viverla sempre." Di recente, lo Hagakure ha ispirato il film Ghost Dog di Jim Jarmusch.



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La via del samurai 2017-01-12 14:15:49 C.U.B.
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C.U.B. Opinione inserita da C.U.B.    12 Gennaio, 2017
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Nascosto tra le foglie

“Questa frase – Ho scoperto che la Via del Samurai e’ la morte- puo’ essere intesa come il paradosso che simboleggia il libro nel suo insieme. Fu questa frase, pero’, a darmi la forza di vivere”. Mishima Yukio.

Una nota concisa e irrevocabile, tanto sfuggente quanto affascinante.
Le riflessioni che portano a tale conclusione sono molte e complesse, perche’ lontanissime dalla concezione occidentale. La nobilta’ della sconfitta fu un elemento basilare nella cultura dell’antico Giappone, quindi dell’etica samurai.
Non esiste, nella religione giapponese, il concetto di peccato per morte autoinferta. Un samurai deve essere sempre pronto al trapasso, sia esso sul campo di battaglia o attraverso il suicidio rituale, dedicando cosi’ pienamente il suo servizio al proprio sovrano.
Meditare costantemente sulla morte significa concentrarsi sulla vita; la via della morte diviene consapevolezza della brevita’ dell’esistenza, desiderio di viverla per sempre. Come scrisse su quel biglietto di addio che il 25 novembre del 1970 venne rinvenuto dopo lo scenografico seppuku.
Il suicidio per una causa persa, la fedelta’ ad un Imperatore indifferente e col capo chino, ormai spoglio del suo sommo potere . Non avere paura di morire e’ la contraddizione che sancisce il volere vivere all’infinito.
Lo HAGAKURE contiene gli insegnamenti del samurai Jocho Yamamoto (1659-1719) ed il qui presente volume comprende un commento per nulla super partes di Mishima dei primi tre capitoli. Oltre quindi alla curiosita’ di scoprire le usanze ed il galateo dell’antica casta di guerrieri, la bellezza del testo sta soprattutto nell’utilita’ verso un approfondimento dell’autore, in un ennesimo tentativo di districarsi nella sua complessa personalita’. Le riflessioni sull’antico breviario sono estremamente personali, chiunque abbia avuto occasione di leggere Mishima potra’ riscontrare in questo testo quanto l’etica samurai fosse carnalmente accentrata in lui.
Per quanto ami la narrativa dello scrittore giapponese, ritengo che la sua saggistica sia fatalmente attraente.
Consiglio il testo agli amanti dell’autore, lo rileggerei all’infinito, ma non regalatelo con leggerezza. Vi prenderebbero per pazzi.
Buona lettura.

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