La vera storia del pirata Long John Silver
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Yo-ho-ho e una bottiglia di rum!
“Ma una cosa almeno l'ho capita. C'è della gente che neanche sa di vivere. È come se non si rendesse neppure conto che esiste. Forse è proprio qui la differenza. Io ho sempre avuto cara la pelle attaccata a quel poco che mi rimaneva del corpo. Meglio condannati a morte che impiccati con le proprie mani, dico io, se proprio si è costretti a scegliere. Niente di peggio dei nodi scorsoi, a mia conoscenza”.
Questo libro è stata una sorpresa, non credevo che fosse così bello! Volevo un libro intenso e coinvolgente che parlasse di pirateria e di mare, ma ho trovato anche una bella penna di qualità, quella dello svedese Björn Larsson.
Con questo libro il desiderio di avventura va a nozze con la qualità della letteratura nordica. Opera edita nel 1998 da Iperborea, una casa editrice che seguo con piacere e curiosità.
Chi può dimenticare, il famigerato pirata de ‘L’isola del tesoro’ di Stevenson?
Bene, questo è il racconto di tutta la sua vita, dall’infanzia alla fine (57 anni)comprendente avvenimenti accaduti prima e dopo quelli narrati nel celebre romanzo. La storia è narrata in prima persona, proprio dal celeberrimo pirata Long John Silver che decide di scrivere le sue memorie, senza tralasciare o indorare nulla, prima di tirare le cuoia, sperando che vadano nelle mani giuste, affinché la sua fama non muoia.
Durante queste memorie, interrompe ogni tanto il racconto della sua vita per ricordare l’incontro con Daniel Defoe, autore non solo del celeberrimo romanzo ‘Le avventure di Robinson Crusoe’, ma anche di un interessante scritto, ‘Storie di pirati’, in cui, secondo John Silver, il famoso scrittore non aveva ben capito lo spirito profondo, le motivazioni nascoste che stanno dietro alla vita di un pirata, limitando questi “gentiluomini di ventura” a semplici razziatori, sanguinari, bevitori, commercianti di schiavi, terrore di tutti i mari.
“Questa era la vita dei pirati, signor Defoe, (...) Non eravamo come gli altri marinai. Le nostre navi non navigavano per arrivare da qualche parte. Ci chiamavamo fratelli e compagni , ma la famiglia e gli amici erano l’ultimo dei nostri pensieri. I benpensanti ci chiamavano nemici dell’umanità, e in un certo senso, avevano ragione, perché nessuno poteva essere nostro amico, neppure noi stessi. No, avevamo la memoria corta, e così doveva essere, sul piano umano, se volevamo conservare il buon umore. (...) Ne avevamo visti troppi inghiottiti nel mare dell’incertezza, che era quello in cui vagavamo come anime in pena senza lasciare scia né onde di prua”.
In realtà Silver fa una tiratina d’orecchi anche a Jim Hawkins, protagonista del romanzo di Stevenson, ma non vi posso anticipare questa parte, poiché interessa le pagine finali del libro di Larsson e troverete la risoluzione finale geniale e in linea con lo spirito unico di Long John Silver, presa di ferro in mani di velluto...ah quelle mani! poi scoprirete come mai teneva tanto alla morbidezza delle sue mani!
Scoprirete cosa combina ai danni di vari capitani e pirati da lui conosciuti (realmente esistiti), scoprirete di quali slanci è capace e rimarrete anche colpiti per le menzogne che accumula man mano sulla coscienza, conoscerete le sue paure e la sua follia, amerete la sua parlantina simpatica, condita di autocompiacimento qui e là.
Leggerete delle donne che ha conosciuto...poco meno di cinquecento pagine che si leggono velocemente e che hanno il potere di calamitare gli occhi e l’attenzione di chi legge per ore ed ore, senza mai provare noia.
Qualcuno potrebbe obiettare che in questo romanzo gli avvenimenti narrati da John Long Silver non abbiano la stessa dose di avventura del romanzo di Stevenson. È vero solo in parte. La Jolly Roger sventola a tutta forza: ammunitamenti, rivolte, esecuzioni capitali, viaggi, storie di altri pirati (Roberts, Hands, England, Barbanera, Flint...), di capitani, storie di commercio di schiavi (lo stesso Silver -chi l’avrebbe mai detto!- si farà vendere all’asta come schiavo), però bisogna tener conto che si tratta di memorie, quindi il sapore è quello di un bilancio di un uomo unico nel suo genere che, quando ormai sente la fine dei suoi giorni avvicinarsi, decide di mettere ogni fatto per iscritto:
“Chi avrebbe potuto credere che sarebbe finita così? L’avventurosa e veritiera storia di John Long Silver, detto Barbecue dai suoi amici, se mai ne ha avuti, e dai suoi nemici, che invece erano di sicuro tanti. Basta con le buffonate e le invenzioni. Basta con i bluff e le sparate. Scopriamo le carte (...). Solo la verità, da cima a fondo, senza trucchi né secondi fini”.
Quanti passi che ho sottolineato, quante cose che ho imparato (linguaggio dei pirati, usanze, il matelotage...) e quante volte ho sorriso! un libro indimenticabile che colpisce, perché l’idea di fondo è interessante ed è scritto bene. Intrattenimento e profondità garantiti.
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Consigliato a chi ama biografie di uomini unici, storie di mari e di pirati.
Opera in crescendo sulla vita di un pirata
Per un lungo periodo (oltre un anno) non mi sono avvicinato a libri di narrativa, prediligendo un gran numero di biografie e saggi. Ho trovato questo titolo però in offerta su Amazon Kindle e mi sono fatto tentare, anche grazie alle numerose recensioni positive un po’ ovunque.
Inizialmente, delusione cocente. Ma valicata la metà dell’opera, mi sono fatto conquistare invece dalla progressiva maturazione ed acquisita tridimensionalità dei personaggi, in conclusione rendendo la lettura piacevole oserei dire “nonostante tutto” (piccolo dettaglio: ho letto questo libro interamente in barca sperduto in mezzo al Mediterraneo. Perfettamente a tema quindi!)
Evito il paragone con il capolavoro di R.L. Stevenson, che nasce in altre epoche, con altri fini, con altri mezzi. Credo anche ragionevolmente BJ abbia usato l’espediente non tanto perché interessato a ribaltare il punto di vista de “L’isola del tesoro” (che infatti nell’opera è trattato in modo superficiale e pur potendo non risolve quelli che erano i punti più lacunosi nel testo originale) ma piuttosto per avere un personaggio si letterario (e quindi libero da vincoli reali e vicende storiche) ma nello stesso tempo perfettamente definito e dotato di fama propria, e quindi appetibile stilisticamente. Insomma una sorta di teatro dove i personaggi sono fittizi con la pretesa di esser reali (si veda in tal senso la lunga parentesi, anche poco azzeccata stilisticamente, e poco piacevole dal punto di vista narrativo, con Daniel Defoe).
Il testo non va affatto inteso come “letteratura per ragazzi” (ricordiamoci che in Italia testi “sacri” come Moby Dick o Martin Eden vengono considerati alla stregua di favolette per scolari…impallidisco), sia per le sue sfumature psicologiche sia per la crudità di diversi passaggi (violenza, sesso) e pertanto va approcciato e analizzato con consapevolezza.
La narrazione parte brillante, coinvolgente. Si combatte, si ricorda, si soffre. Avventure in successione, non importa come o perché (immancabile il paragone proprio con il citatissimo Robinson Crusoe). Paesaggi puntuali, riporti storici esatti e verificati. Chi scrive non si improvvisa, conosce la storia e la storia della pirateria, e conosce anche il mare e la navigazione. Qui sta un grande punto di forza dell’opera, in quanto fornisce uno spaccato attendibile sulla nascita e sugli sviluppi della pirateria nel 1600, includendo gli avvenimenti politici in Europa, la tratta degli schiavi, i traffici con le colonie.
Abbiamo poi a mio parere una caduta di tono e di stile. Diverse pagine di pensieri filosofici abbozzati, che vorrebbero far riflettere su libertà e libero arbitrio, ma ahimè scalfiscono appena un tema complesso e risultano infine molto stereotipate. Sceneggiatura che a mio parere vacilla per credibilità e cade nel banale con espedienti prevedibili e triti. Soprattutto il personaggio principale, Long John Silver, invece che conquistare, delude. Se il tentativo era di disegnare un leader pericoloso ma affascinante, beh, a mio avviso qui BJ fallisce miseramente. Vedo in LJS un povero svitato, vigliacco ed egoista, che pur “avendo cara la pelle” si caccia in situazioni grottesche per via della sua scelleratezza, ed infine comunque non coltiva alcun vero legame in tutta la sua esistenza
(INIZIO SPOILER):
- Ricercato dalle guardie per ammutinamento; si spende tempo per trovare un’identità fasulla; appena la guardia chiede il suo nome, dà il nome vero! Nella successione di eventi poco dopo ucciderà il suo amico\salvatore come nulla fosse dimenticato chissà dove la donna amata per cui poche pagine prima aveva perso quasi il senno.
- Si prende una punizione pazzesca per aver superato una riga bianca senza motivo e senza scopo alcuno. I fatti che seguono sono casuali e disordinati, si salva grazie a diversi deus ex-machina evitabili.
- Gira il mondo in lungo ed in largo, ma state pur certi che ci sarà sempre il suo nemico Deval ed il suo amico Jack pronti ad aspettarlo, ad aspettare proprio lui! Poco credibile!
- Organizza un ammutinamento e cosa fa sul più bello? Si mette a dormire! Poco credibile! Scelte dell’autore per permettere che accadano determinati fatti e prosegua l’intreccio, ma non c’erano soluzioni più eleganti e verosimili?
- Uccide persone a sangue freddo come mosche, perché non uccide il suo arci-nemico Deval, visto che gliene combina di ogni e ne avrebbe più volte occasione?
- Elisa, la sua prima amante, sparisce nel nulla. Ad un certo punto avrebbe modo di risolvere l’enigma, ma uccide colui che sta per rivelarglielo. Perché? Non lo capisco.
- Dolores: chi è? Cosa fa? Cosa fanno insieme? Il personaggio, pur in teoria la spalla femminile del protagonista, è appena abbozzato ed in modo del tutto elementare.
(FINE SPOILER)
Potrei forse procedere con altri esempi, a mio avviso piccoli passi falsi dell’autore.
Ma nella seconda parte e nel finale il libro prende un ritmo più snello, meno pretenzioso, più giocoso ed avventuroso. Ecco che dismessi i panni dello “storico dei pirati”, BJ si mette quelli del romanziere e dà il meglio di sé. Long John smette di fare il filosofo e torna a fare quello che sa, ossia arringare folle di pirati ed andare a caccia di tesori.
Il finale è malinconico, dolce, direi quasi poetico, l’ho addirittura riletto più volte.
In appendice interessante richiamo ai fatti storici trattati nel libro, alcuni devo dire al limite dell’incredibile ed interessanti letture di approfondimento.
Alla fine, mi sento di consigliarlo! All’arrembaggio! ?
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Solo, dunque, finché morte non mi separi.
"Questo è il prezzo, suppongo, che si deve pagare a questo mondo per aver voluto essere libero. È a caro o a buon prezzo, mi domando?
Dovrei ridere o piangere? Chi lo sa! Ad ogni modo, non me ne sono mai crucciato, finché ero in vita. E ora è troppo tardi per fare i conti. ma forse ci si può domandare se libertà e solitudine non vanno mano nella mano a questo mondo, così come appare, se si vuole rimanere un essere umano."
Antidoto ad alcuni libri letti nell'ultimo periodo (e film visti nell'ultimo anno) per i quali non si poteva dire altro che "carini", cioè scritti con garbo e con un certa cura, magari anche "politically correct" (qualsiasi cosa voglia dire), ma estremamente e drammaticamente carenti di storia e di storie.
O – peggio ancora – a quei libri (e film) in cui ogni momento personaggi/scrittore/sceneggiatore/regista son lì a dirti "attenzione eh! Che adesso arriva il MESSAGGIO!" ossia il cuore pulsante & lo scopo della creazione dell'opera.
L'effetto "stucco" che mi fanno questi libri e film è di difficile descrizione, ma richiama l'idea di riempirsi la bocca con 6-8 bigbabol, masticare, e, contemporaneamente, degustare un bicchiere di buon rosso (sulla bontà del vino rosso di certi libri e film, peraltro, mi permetto di dubitare).
Ma non importa, perché con Long John questo rischio non si corre.
Abbiamo storia e storie.
E personaggi.
E messaggi.
Quanti ne vuoi.
Ma nessuno spiegone, nessun politically correct, nessun "prestami orecchio amico/nemico lettore".
Quasi 500 pagine in un soffio, decine di avventure, e di personaggi raccontati da Long John e Björn Larsson con un vigore e un'attenzione rari, senza una sbavatura. E non era semplice, visto che andava a mettere mano niente meno che a Stevenson e alla sua "Isola del Tesoro".
Chapeau, da leggere assolutamente.
Un inno alla libertà, all'intelligenza e all'umanità, nella sua connotazione più ampia.
PS unica nota "dolente", nell'edizione italiana che ho letto io (Iperborea), ci son alcuni errori di ortografia :(
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Once upon a time....
C’era una volta il pirata John Long Silver, il temibile uomo dei mari con una sola gamba, protagonista de “L’isola del tesoro” di Stevenson…..ma questo è il sequel, che lo fa rivivere nel 1742 ormai vecchio a narrare le sue confessioni-memorie sotto forma di rocambolesca e trascinante storia.
Punto di forza del libro è la capacità descrittiva di Larsson di narrare in maniera straordinaria un gran libro di avventura e lo fa con passione, facendo rivivere dialoghi esilaranti con Dafoe e Jim Hawkins in una confessione che trabocca di fascino. Long John Silver, da ragazzino di Glagow per bene, si trasforma in mozzo, marinaio, contrabbandiere, quartiermastro, schiavo e alla fine dei suoi giorni pirata, quando ormai è leggenda.
E’sicuramente la personalità carismatica di John, burbero, coraggioso, cinico, trucido, tenero, rispettoso e sensibile che trascina il lettore ad affezionarsi e a fare il tifo per lui. E’ palpabile il forte messaggio che trasmette sul perché delle scelte che facciamo e sulle storie che ognuno di noi in fondo raccontiamo a noi stessi.
E’ stato molto interessante conoscere le regole di navigazione che vigeva all’epoca, la gestione della tratta degli schiavi, la vita dei bucanieri, dei marinai e di come ammainare la bandiera e sopravvivere alle rivolte al largo dei mari del Sud o delle due Indie.
Anche se scorrevole e piacevole ho trovato un po’ ripetitivi certi passaggi e alla fine 500 pagine finiscono un po’ per annoiare.
“Se si vuole prendere qualcuno per il naso, bisogna stare alle regole del gioco. Ed è meglio trovarsi le proprie parole che cercare di servirsi di quelle altrui”…
....che il diavolo ti porti John Silver!
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BIOGRAFIE IMMAGINARIE
Dal rimescolamento dei generi operato dalla cultura postomoderna nasce la cosiddetta biografia immaginaria di cui l’opera dello scrittore norvegese Larsson è un esemplare perfetto: il protagonista non è mai esistito ma è un personaggio creato dalla fantasia di Stevenson che ne “L’isola del tesoro” ne ha fatto una delle tante suggestive incarnazioni del male che popolano l’immaginario collettivo di tutti i tempi.
Il male nel romanzo di Stevenson è una visione da incubo, apparsa nelle notti di tempesta in sogno al giovanissimo eroe adolescente della storia, destinata a scomparire all’improvviso nel nulla. Un’apparizione al limite dell’onirico alimentata dal mito eterno del pirata, in cui la menomazione fisica denuncia la ferocia: Larsson però gli ha dato un corpo, la complessità e le contraddizione di un carattere, un linguaggio e una dimensione storica lasciandone però intatto l’alone leggendario. Se le favole sono frutto sempre di uno sfondo storico, la biografia di Long John Silver deve necessariamente collimare con il saggio: fedele a tale convinzione lo scrittore ricostruisce con precisione quasi maniacale la società inglese del 700’ con particolare attenzione alle condizioni della marineria, connotata da un brutale e redditizio commercio di schiavi. E’ un universo spietato, di individui “senz’anima”, dove il male e il bene non abitano da nessuna parte: l’abbrutimento ha mille volti e la sola ancora di salvezza è la dignità di una scelta, qualunque essa sia, e di una coscienza. Da qui la rivelazione in Silver della scrittura come strumento di analisi e di verità su se stessi e sulla realtà: i libri si scrivono e hanno senso solo se riescono a farti sentire il fetore degli escrementi nelle stive della navi negriere o l’odore della pece che impregna i moli. Lo scrittore deve fare da filtro all'istinto vitale, alla disperazione e alla paura della morte, ed hanno ovviamente un valore simbolico i colloqui fra Silver narratore e un Daniel Defoe testimone/storico in incognito in una locanda nei pressi del patibolo. Sarebbe riduttivo inserire “La lunga vita del pirata Long John Silver” nel lungo catalogo di romanzi storici che affolla le nostre librerie: è piuttosto la cronaca di un’esperienza tragica dalla quale “il sapere di essere vivi” è l’unica catarsi concessa a tutti, criminali ed onesti, eroi ed antieroi di tutte le epoche.
Indicazioni utili
Percorsi culturali per cui può essere utilizzato: la figura del criminale nell’immaginario collettivo- il romanzo storico-la pirateria- la coscienza come connotato dell’eroe e dell’antieroe tragico.