La ragazza con l'orecchino di perla Hot
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Il pittore che non deve essere nominato
Dopo l'esperienza di lettura non proprio elettrizzante de "La Vergine azzurra", il mio entusiasmo verso le storie di Chevalier si era parecchio raffreddato, nonostante io continui a considerare le sue sinossi molto promettenti sulla carta. Prima di accantonare del tutto la bibliografia della cara Tracy, ho deciso pertanto di dare un'occasione a quello che sono certa essere il suo romanzo più conosciuto -ossia "La ragazza con l'orecchino di perla"- di cui ho recuperato convenientemente una vecchia copia all'usato.
La narrazione ci trasporta nell'Olanda del XVII secolo, in particolare nella città di Delft, dove vive e lavora il noto pittore Johannes van der Meer (nel testo chiamato con la forma contratta Vermeer). Il volume copre principalmente il periodo che va dal 1664 al 1666, e specula sulla vita della modella scelta dall'artista per posare per la sua opera più famosa: Ragazza col turbante. La giovane in questione si chiama Griet e, a causa delle ristrettezze in cui vive la sua famiglia, viene assunta come domestica presso i Vermeer; in parte per la sua avvenenza, in parte per la propensione dimostrata per gli accostamenti cromatici, la ragazza viene ben presto notata sia dai residenti che dai visitatori della casa in Oude Lagendijck.
Trovatami di fronte ad una premessa simile, temevo davvero di essermi imbattuta in una storia incentrata sul discutibile amore tormentato tra un (molto!) padre di famiglia ed un'ingenua minorenne pronta a venerarlo come un dio sceso in terra. Per fortuna, Chevalier decide di non intraprendere del tutto quella strada; il problema è che per contro sceglie di non raccontare proprio nulla! e con questo non intendo dire che il testo sia privo di avvenimenti, ma sono tutti fiacchi ed inconsistenti. Questo è il principale motivo per cui temo proprio di non essere in sintonia con la prosa dell'autrice, dal momento che in un romanzo ricerco un intreccio almeno un po' solido, o per lo meno dei personaggi ricchi di carisma.
Nessuno dei caratteri immaginati dalla cara Tracy per questa narrazione mi ha invece trasmesso alcunché, a partire da Griet: una protagonista sprovvista di risolutezza, che trasforma ogni nonnulla in una difficoltà insormontabile e si cruccia in gran segreto per le sue pene, anziché affrontare con coraggio la situazione in cui si trova. La scelta di renderla la voce narrante non aiuta la sua causa, e anziché provare della compassione ho avvertito soltanto dei forti dubbi sulle reazioni degli altri personaggi: non saranno così esasperate, perfino assurde, perché mostrate attraverso il suo punto di vista?
Il resto del cast non è comunque molto più interessante, e la difficoltà nel capire cosa leghi Griet ad ognuno rende le loro caratterizzazioni solo più deboli in prospettiva. Dal momento che a libro finito ancora non vi saprei dire cosa provi la protagonista per il suo "amato", direi che il legame più significativo sia la comune passione per l'arte condivisa con Vermeer; da una mera prospettiva estetica, questo dettaglio è anche apprezzabile perché da vita a diverse metafore interessanti, ma se si considera cosa c'è alla base del rapporto e quali conseguenze abbia è inevitabile rimanere delusi.
In realtà l'intera storia è costellata da immagini belle ed evocative che però nel concreto significano poco, come l'inspiegabile fobia di Griet per il sangue animale o la sua insistenza nel voler accontentare Vermeer a discapito di tutto, in virtù di una mera fascinazione per i suoi quadri. Pur ricercando delle narrazioni meno oniriche, ritengo però giusto dare credito allo stile di Chevalier per la buona combinazione di ricercatezza lessicale e scorrevolezza coinvolgente. Altro grande pregio del volume è l'impegnativo lavoro di ricerca svolto per rendere il contesto seicentesco in cui si muovono i personaggi non solo credibile, ma anche coerente con gli avvenimenti nella vera vita di Vermeer e delle altre figure storiche coinvolte.
Qualcosa di positivo nel libro quindi c'è, e senza dubbio farà la gioia dei lettori che prediligono le sensazioni provate al contenuto riscontrato. Se poi a differenza della sottoscritta riuscite ad entrare in empatia con Griet, il gioco è fatto!
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L'arancione e il violetto
L'indigenza della sua famiglia la chiama al sacrificio e tirarsi indietro non è una scelta possibile. Lo capisce bene Griet, giovane di origine protestante, della piccola cittadina di Delft, che a sedici anni accetta di andare a servizio presso una ricca famiglia cattolica nel Quartiere dei Papisti. Ma non si tratta di una qualsiasi famiglia ricca bensì di quella del famoso pittore Johannes Vermeer e di sua moglie Catharina. Griet si è già imbattuta nella sua maestria ammirandone la Veduta di Delft che le ha restituito uno sguardo così diverso su quei luoghi a lei noti che è come se li avesse visti per la prima volta.
Le nuove giornate di Griet sono scandite dai pregiudizi che gravano sulle fantesche soprattutto se belle e giovani, dal faticoso lavoro domestico in una famiglia con prole numerosa e in crescita, dalla non ingiustificata gelosia di Catharina, dalla perspicacia e dallo spirito pratico di Maria Thins, suocera del pittore, dall'umore altalenante della domestica Tanneke, dai dispetti di una bambina, Cornelia, ben oltre che indisponente, dal peso di una famiglia che si affida a lei per superare lo scoglio dell'indigenza, dalle attenzioni non gradite del più facoltoso e assiduo cliente di Vermeer e da quel buon diavolo di Pieter.
Si incastona in questa cornice il nucleo centrale del romanzo del 1999, per il quale l'autrice si è ispirata a "La ragazza col turbante", opera inizialmente conosciuta come "Un ritratto in stile turco" e solo di recente come "La ragazza con l'orecchino di perla" (perla che, secondo recenti ipotesi, non sarebbe vera ma di vetro, di quelle che erano vendute a quei tempi dai soffiatori di vetro venziani).
Si tratta della più famosa opera della "Sfinge di Delft" come fu soprannominato Vermeer, uno dei maggiori esponenti della pittura fiamminga del XVII secolo in Olanda, per il mistero che da sempre avvolge la sua vita (di cui si sa poco) e le sue opere. (Dopo la morte del pittore si persero le tracce del dipinto che ricomparve nel 1881 quando fu acquistato all'asta per l'irrisoria cifra di due fiorini e trenta centesimi.)
Catturata prima dai colori e dalla luce che ricade sul viso della misteriosa ragazza del tronie e poi dal suo sguardo ambiguo, come da lei affermato, l'autrice ha inteso con la sua penna dare risposta a interrogativi che ancora oggi sono oggetto di teorie e smentite: la ragazza del tronie è davvero esistita o è l'idealizzazione del femminile da parte del pittore? Si tratta davvero, come taluni sostengono, di Maria, sua figlia maggiore, che ai tempi del dipinto aveva all'incirca dieci anni? Si tratta di un dipinto realizzato su iniziativa personale del Vermeer o su commissione di un facoltoso mecenate come suggerisce l'uso del blu oltremare, costoso pigmento (a quei tempi anche più dell'oro) ricavato dal lapislazzuli di provenienza afghana?
Partendo da questi interrogativi la scrittrice delinea una fittizia e plausibile identità della giovane, ce ne racconta la storia regalando al suo pubblico l'incontro tra due mondi distanti che l'arte è capace di avvicinare.
Dietro la figura di un'indigente fantesca si cela un animo - ribelle e - istintivamente votato all'arte, alla ricerca del dettaglio che conquista l'occhio e ne fa la differenza. Si fa strada in Griet il coraggio di porre domande e intervenire nel processo creativo del pittore in nome di un sentimento che va ben oltre l'ammirazione, è devozione totale, illusoria, malriposta, disattesa perché pre-ordinata e funzionale alla maniacale e ossessiva ricerca della perfezione da parte del Vermeer.
"Lui è un uomo eccezionale" proseguì Van Leeuwenhoek. "I suoi occhi valgono quanto una stanza colma d'oro, ma talvolta vede il mondo come lui vorrebbe che fosse, e non com'è. Non capisce quali conseguenze ha sugli altri questo suo idealismo. Pensa solo a se stesso e al suo lavoro, non a te. Quindi devi stare attenta... Attenta a rimanere te stessa".
Del resto "... l'arancione e il violetto non sono vicini. Perché mai? ... "Quei colori fanno a pugni quando sono vicini, signore".
Tra finzione e realtà, Tracy Chevalier regala al suo pubblico una storia che, pur priva dei particolari slanci narrativi, si rivela apprezzabile sia da chi già nutre interesse per l'arte e la pittura sia da chi si avvicina in punta di piedi ad essa e alla conoscenza del pittore fiammingo e della sua "Gioconda del Nord".
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La mia Scarlett
Un libro leggero e implacabilmente romantico.
Dopo aver visto il bellissimo film con la Divina Scarlett nella parte della servetta Griet non potevo esimermi dal leggermi il libro e per completare l'opera ho comprato pure la tela, di questa opera superba da appendere alla parete di casa.
La storia ruota intorno alla passione tra una giovanissima ragazza che va a servizio presso il noto poeta Olandese Veermer.
L'ambiente intorno a lei è popolata da figure meschine, grette, ricche ma aride di sentimenti e gentilezza.
La giovine invece sembra avere in se il gusto dell'arte, della bellezza, sente che ha l'unica l'occasione per elevarsi oltre il proprio rango stando vicino al famoso pittore.
Anche il Veermer sembra scorgere oltre alla bellezza nella ragazza, questo sguardo critico e acceso verso l'arte e difatti le permetterà di scoprire i segreti più nascosti della sua arte e poi un giorno scorgendola mentre sta pulendo le imposte della stanza dove dipinge, il sole bacia lo splendido volto della bionda giovane Griet e l'artista in quel momento matura l'idea di renderla il soggetto assoluto della sua nuova opera, una decisone che come si vedrà avrà ripercussioni nella storia dell'Arte con la creazione di una delle pitture iconiche della nostra epoca che è appunto: "La ragazza con l'orecchino di perla" conservata nel museo Mauritshuis dell'Aia.
Il romanzo non è solo interessante per le vicende di questa giovane fantesca ma anche perchè ci sono dettagli molto belli e raffinati su come venivano creati i colori che poi sarebbero andati a dar vita e colore alle tele, come si cercava un "punto luce" per dare interesse prospettico ad il soggetto raffigurato.
Per chi è amante della pittura molto bello da apprendere è il processo della "camera oscura" che permetteva agli artisti, con una tecnica, allora innovativa di riuscire a vedere ogni minimo dettaglio dell'opera che si stava creando.
L'arte è forse lo strumento più importante che abbiamo per sconfiggere il tempo, per vedere quei dettagli, quella bellezza che i grandi artisti hanno nei secoli, impresso sulle tele.
Non è solo porsi davanti a un opera e come aprire un forziere di bellezza e immergersi nei colori, nei tocchi leggeri di pennello, nel vivere le emozioni che una persona ha voluto imprimere per sempre su un quadro. Non servono parole davanti all'arte, come anche accade nel libro tra la ragazza e l'artista, si scambiavano un occhiata, un impercettibile segno della testa o un leggero sorriso e sapevano subito come modificare un dettaglio o come trasmettere un sentimento da imprimere sulla tela.
Come lo sguardo della modella doveva giungere agli occhi del pittore, come il sentimento che li univa doveva rimanere per sempre impresso sulla tela.
Le labbra socchiuse, lo sguardo ambiguo e sensuale, le guance leggermente arrossate, un leggero boccolo biondo che scende sulla fronte e poi quella perla, che richiama lo sguardo, da luce e profondità a tutta l'opera. Ecco un'opera d'arte nel senso più alto del termine. Potente, ipnotica, terribilmente reale, immortale.
Qualche anno fa ho avuto la fortuna di incontrare di persona la meravigliosa Scarlett Johansson.
Le ho scattato diverse foto, tra le quali una spicca per bellezza, in cui la Diva Divina sorride e firma un autografo. Uno sguardo angelico e allo stesso tempo provocante. Un mix irresistibile di bellezza e sensualità.
Se si guarda al film, incredibile è la rassomiglianza tra la meravigliosa ragazza raffigurata nell'opera e il volto perfetto di Scarlett, ma soprattutto per chi volesse vedere la pellicola o l'abbia già vista, se ci si sofferma sugli ultimi secondi prima della conclusione quando il regista stacca dal volto della divina per andare sul dettaglio della modella raffigurata nell'opera....due forme di arte che si immergono una dentro l'altra: pittura e cinematografia come si completassero perfettamente fra di loro.
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L'ARTE E LA BELLEZZA
Una semplice ragazza, raffigurata con una cuffia azzurra e un drappo color oro a coprire la testa, il viso leggermente rivolto di lato, intenta a guardare qualcuno alle sue spalle, con un orecchino di perla ad illuminarle il viso, già intriso di una luce proveniente da destra della tela.
Chissà se il quadro sarebbe venuto così bello se a posare per Vermeer fosse stata un’altra fanciulla e non Griet, la domestica venuta a prestare servizio presso la sua famiglia qualche mese prima. Probabilmente sì ma la leggiadria, la semplicità e la raffinatezza che fuoriescono da questa tela ci fanno capire che tra i due c’è stata una complicità tale che il pittore sia riuscito a rendere preziosa e speciale una semplice fanciulla, merito anche del modo di fare di lei, timido e a volte impacciato con il quale riesce a conquistare la fiducia del padrone diventando sua assistente, aiutandolo nella macina dei colori, nella sistemazione degli oggetti, nella rifinizione dei particolari. d'altronde solo lei riesce a comprendere il significato profondo dei quadri del suo padrone. E’ l’unica donna della casa ad essere ammessa nel suo atelier, nemmeno la moglie Catharina ne ha il permesso.
Ed è proprio lei a sentirsi offesa quando scopre il quadro del marito: avrebbe voluto essere ritratta lei e non la domestica che per giunta indossa i suoi preziosi orecchini e peraltro sospetta che sia stata lei a rubarglieli. Nonostante il quadro non fosse che una commissione quasi da esibire come un trofeo per il ricco mecenate Van Ruijven che rimase incantato dal fascino gentile e fresco della giovane ragazza con cui aveva spesso tentato di approcciarsi fisicamente con i suoi modi viscidi e untuosi.
Sentendosi in colpa per aver creato c scompiglio, Griet scappa, sicura di voler cambiare vita. Chissà se c'è spazio nel suo cuore per Pieter, quel ragazzo che si è dimostrato sin da subito attento e premuroso nei suoi confronti.
La scrittura è talmente scorrevole che la storia si legge facilmente tutta d’un fiato, senza sosta.
Si può affermare che siamo di fronte ad un romanzo che ricostruisce un probabile retroscena di uno dei dipinti più famosi al mondo (Olio su tela – Jan Veermer, 1665. “Ragazza con il turbante conosciuta anche come “Ragazza con l’orecchino di perla”, conservato in un museo nei Paesi Bassi.) di cui non si conosce l’identità reale della ragazza dipinta ma Tracy Chevalier ne immagina la storia, contornandola di personaggi immaginari che avrebbero potuto sicuramente esistere e creare uno scenario perfetto di un pittore del 1600 con una passione per i ritratti, soprattutto femminili; un genio a volte incompreso ma estremamente attaccato al suo lavoro che non si lascia consigliare da nessuno se non in questo caso da Griet su cui esercita un fascino ammaliante tanto da convincerla a posare per lui più volte, in vesti non consone alla sua posizione, in atteggiamenti non adatti ad una donna di basso ceto sociale, ad indossare orecchini preziosi.
Decisamente abile nella scrittura, l’autrice riesce a catturare l’attenzione del lettore.
Lettura leggera, consigliata a tutti.
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Il miglior libro che abbia mai letto
Questo libro è il best seller che non si sogna mai. Il primo libro che ho letto, a soli 12 anni, e quello che da allora rileggo almeno una volta l'anno.
Tutto in questo libro è perfetto: dai personaggi unici dai caratteri precisi, alle ambientazioni storiche. Tutto riflette uno stile inimitabile e impeccabile.
Il libro è un mix di storia, amore, passioni, attrazione, arte e molte altre componenti, nessuna predominante ma tutte amalgamate alla perfezione, che diventano un piacere per il lettore.
Di pagina in pagina, chi legge viene trasportato in epoche remote. Impossibile staccarsi da questo racconto.
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come nasce un quadro
Anni fa avevo visto il film senza leggere il libro, cosa a cui ho rimediato solo adesso. Strano a dirsi ma è uno dei pochi casi in cui secondo me il film se la gioca alla pari col libro se non addirittura meglio.
Il romanzo in sé per sé non è male, racconta la storia di Griet, una diciassettenne che vive a Delft in una famiglia indigente, a causa della povertà è costretta ad andare a servizio nella famiglia del pittore Vermeer. Già dal primo incontro Griet rimane ammaliata dal pittore, tanto da comportarsi nei suoi confronti con una sorta di riverenza. La vita nella casa dei padroni però non sarà semplice, fra le gelosie dell'altra domestica Tanneke, gli spregi delle bambine in particolare di Cornelia, gli sbalzi umorali di Catharina, nonostante tutto a Griet piacerà la sua nuova vita, soprattutto dal momento in cui inizierà ad aiutare il pittore nella preparazione dei suoi quadri. I problemi veri e propri inizieranno nel momento in cui il committente di Vermeer, un uomo viscido e senza scrupoli ma anche molto ricco, chiederà con forza il ritratto di Griet, cosa che le porterà guai sia in casa dei padroni che coi suoi genitori. Eppure nonostante ne sia consapevole, Griet non riuscirà a dire di no a Vermeer anche se ciò significa mettere a rischio la sua integrità morale.
Come dicevo il libro nell'insieme non mi è dispiaciuto, tuttavia avendo letto altri libri della Chevalier, mi aspettavo qualcosa di più appassionante e travolgente. Mi è piaciuto molto l'ambientazione e il contesto storico, che secondo me sono stati ricreati molto bene, sembra davvero di essere a Delft a fine 1600. Griet attira per forza le simpatie del lettore, è una ragazzina che deve imparare ad affrontare il mondo, e farlo se sei una semplice serva non è semplice. Certi suoi comportamenti però lasciano un po' perplessi.
E' comunque una lettura che vale la pena di fare anche solo per tuffarsi un po' in uno dei quadri più iconici dell'epoca.
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Una tela poco curata ...
"La ragazza con l'orecchino di perla" è stata una lettura senza pretesa alcuna per me, sin dall'inizio. A dire il vero, ho preso in mano questo libro per puro caso, rinvenendolo tra i molti ancora non letti che ho a casa.
L'atmosfera è quella dell'Olanda del 1600; Griet è una giovane ed umile ragazza protestante, figlia di un decoratore di piastrelle , costretta ad abbandonare il proprio "nido familiare" per lavorare da serva nella casa di un pittore cristiano.
Ma quella che inizialmente appare esclusivamente come un sacrificio per guadagnarsi da vivere, ben presto si trasforma in una situazione ben più intrigante. Griet sarà protagonista di litigi, occhiatacce, sotterfugi, silenzi, sguardi in una casa dalle mille insidie. La sua astuzia, le sue doti in ambito artistico, la sua bellezza e i suoi profondi occhi la condurranno verso una meta proibita e misteriosa, tra i colori sgargianti di un mondo esclusivo forgiato dalle mani di un pittore.
Al lettore sta giudicare dove stia il confine tra questo mondo è quello reale, qualora ve ne sia davvero uno.
Trama interessante, a tratti ben curata ma piuttosto esigua. Dalle pagine di questo libro si entra in un mondo in cui tutto si risolve troppo velocemente è semplicemente, senza troppo soffermarsi su particolari che avrebbero potuto completare un quadro-tanto per rimanere in tema- di partenza accattivante.
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Dolce amaro
Ci ho provato e riprovato, gli ho dato fiducia fino alle ultime pagine, ma niente da fare. Questo libro non è proprio riuscito a farmi provare quelle emozioni attese di cui avevo letto in altre recensioni e che mi aspettavo da una trama a detta di tutti struggente e passionale.
No, non ho letto un romanzo d’amore platonico e no non ho avuto l’impressione che Griet fosse la musa di Vermeer ma soltanto che fosse sua serva e che lui se ne potesse servire come voleva.
La scena in cui lei, davanti a lui e in lacrime, con uno spillo si buca il lobo dell’orecchio mi ha messo i brividi. E’ una tortura vera e propria quella a cui Griet è stata sottoposta per il quadro: fisica e psicologica.
Dove si trova esattamente la relazione fatta di sospiri, sguardi, parole non dette, complicità e passione? Io non l’ho vista. Amore platonico? Ma no, lui è il suo padrone e lei solo una serva che posa per lui. Una serva che porta scompiglio ed è fonte di invidia e oggetto di dispetti per tutta la numerosissima famiglia.
Bellissima l’idea dell’autrice di creare un una storia partendo da un solo dipinto e ben fatta la caratterizzazione dei personaggi. Il libro riesce inoltre ad appassionare all’arte e alle tecniche di pittura ed è capace di evocare immagini e situazioni.
Ammetto di aver letto il libro con un sentimento di amarezza continuo: l’ immensa reverenza che Griet riserva a Vermeet da’ fastidio, è immotivata e solo la sua giovanissima età potrebbe esserne una spiegazione.
Nonostante ciò Griet suscita simpatia e si tifa per lei. Ci si rende conto fin da subito che lei è un’artista mancata: dispone gli ortaggi sul tagliere in ordine cromatico, stando attenta a non accostare colori che non stanno bene insieme perché non risaltano, fa le pulizie prendendo continuamente misura delle cose in modo da non spostare nulla, come un pittore che quando dipinge cerca le proporzioni e studia attentamente gli oggetti.
E’ bravissima a mescolare i colori, anche meglio del maestro e l’intuizione geniale dell’orecchino di perla che cattura la luce è sua (Vermeer ci arriverà solo giorni dopo).
Ecco quindi la riflessione più frustrante, per me il cuore del romanzo (altro che storia d’amore): chissà se Griet fosse stato un uomo che gran pittore sarebbe diventato! Ma è una donna e per lei non ci sono lezioni né aspettative. La sua aspirazione è solo un buon matrimonio che possa sistemare lei e la sua famiglia.
E’ un bel libro ma lascia l’amaro in bocca per quella che è stata la condizione femminile nell’ Olanda del 1600, che ci riporta in atmosfere ormai desuete ma che è importante conoscere. Importante per apprezzare meglio ciò che si ha oggi.
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L'atelier del pittore
Sicuramente il capolavoro di Tracy Chevalier che da un quadro riesce a ricavare un'intera storia.
La misteriosa ragazza con il turbante assume un corpo e un'identità e diventa una ragazzina di Delft, Griet costretta ad andare a servizio presso la casa dello stravagante pittore Vermeer a causa di un incidente del padre sul lavoro che lo ha reso cieco.
Griet attraverso i suoi occhi grandi ci racconta ciò che vede la città , il pittore e il suo misterioso atelier nel quale Griet scopre i dipinti, i colori e l'amore.
Il personaggio di Griet è molto ben descritto e si presenta subito come una ragazza con una duplice natura, da un lato c'è la semplice servetta che si limita a pulire l'atelier senza spostare nessun oggetto; dall'altra c'è una Griet che prende l'iniziativa, che indossa i proibiti orecchini di perla. Pur non essendo istruita è sveglia, intelligente ed è l'unica persona alla quale Vermeer può spiegare il mistero dei colori.
Sono proprio i colori gli ulteriori protagonisti del romanzo. A partire dalla prima pagina in cui vediamo Griet che prepara un minestra disponendo le verdure in modo da armonizzare i colori, fino ad arrivare a quando scopre che ogni colore si ottiene con molti altri e diventa lei stessa il soggetto di un'opera d'arte.
Sullo sfondo delle vicende vi è la città di Delft descritta attraverso gli occhi della protagonista che ne conosce ogni angolo e chiaramente gli eventi storici come l'epidemia di peste. La figura del pittore s'inserisce in questo contesto perché storicamente esistito ma diventa anche un uomo alle prese con la sua famiglia che deve mantenere. L'atelier è sicuramente il luogo più affascinante di tutto il libro perché è uno spazio quasi sacro in cui si creano i colori, si sente il profumo stesso degli oli, dei pennelli. Tuttavia è anche il luogo in cui si crea un rapporto tra Griet e il pittore, una relazione che si basa sugli sguardi e su piccoli gesti ma che non diventa mai corporea. Per Vermeer, Griet deve indossare gli orecchini, preso dalla sua estetica è disposto a scatenare l'ira della sua famiglia pur di osservare il suo quadro completo e perfetto.
Lo stile è molto diretto, la protagonista esprime con vivacità le sue riflessione, i suoi pensieri ed è molto scorrevole, pertanto si tratta di una lettura piacevole e interessante. L'autrice ci porta in un altro mondo, in un'altra epoca riuscendo a trasmettere la vita che anima la città creando un quadro reale e brioso.
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Una musa abusata
Poniamo di entrare in un museo e di innamorarci di un quadro. Lo osserviamo da tutte le angolazioni, ne apprezziamo le pennellate, le luci e le ombre, se siamo degli esperti. Se lo siamo un pò meno ci chiediamo chi è la ragazza che rappresenta, qual'è la sua storia, perchè l'autore ha scelto proprio lei. Poniamo di essere uno scrittore, e allora attorno a questa fantasia costruiamo un romanzo, che assieme al film che ne è tratto sarà capace di ridare fama anche al quadro. La Chevalier ha confezionato un bel romanzo: originale nella trama e scritto in modo scorrevole, piacevole da seguire. Nello scorrere delle pagine ci racconta, come potrebbe essere nato questo quadro: dall'ossessione del pittore Veermer per la sua servetta sedicenne Griet. Giorno dopo giorno tra i due nasce uno strano rapporto, nascosto a tutti e difficile da gestire per una ragazzina senza esperienza. Del resto lei stessa non riuscirebbe a dire esattamente di che cosa si tratta. Il suo padrone le ha chiesto di posare per un quadro e per farlo di mentire ai suoi genitori e alla moglie del padrone, ma lei è l'unico sostegno della famiglia, quel lavoro è vitale, e questo è solo un piccolo compromesso.