La notte di Lisbona
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Una storia d'amore
“Io stesso ero stato troppe volte in pericolo e non lo potevo dimenticare appena era passato: ora volevo una cosa sola in quella camera con il profumo di Helen e degli abiti, col letto e con la penombra. Possederla con tutto ciò che avevo, con tutto ciò di cui ero capace, e l’unica cosa che mi addolorava e infrangeva il sordo tormento della perdita era l’incapacità di possederla ancora più e ancora più profondamente delle possibilità che la natura concede. Avrei voluto stendermi sopra di lei come una coperta, avere mille mani e mille bocche, essere una perfetta forma concava di lei per sentirla dappertutto, senza alcun intervallo, pelle contro pelle, e tuttavia col dolore primordiale di poter essere soltanto pelle contro pelle e non sangue nel sangue, con l’impossibilità di fonderci invece di stare soltanto l’uno accanto all’altra.”
In una Europa sconvolta e imbarbarita dall’odio e dalla violenza nazista e dalla guerra c’è ancora la possibilità di vivere una meravigliosa ed intensa storia d’amore.
Si appresta a scendere la notte a Lisbona, in un giorno del 1942, all’ombra di una nave che sta per salpare per l’America. Due uomini si incontrano per caso: uno dei due ha quasi completamente perduto la speranza di potersi imbarcare e così salvarsi la vita, l’altro ha appena perso invece la ragione che lo spingeva a cercare questa salvezza. Ma adesso sente l’implacabile necessità di raccontare la sua storia. Ha infatti avuto in dono l’incredibile esperienza dell’amore e adesso non vuole che rimanga soltanto nei suoi ricordi; ha bisogno di narrare, di rendere partecipe del sentimento speciale che ha provato e di ciò che ha vissuto almeno un altro rappresentante dell’umanità. E chi può essere più disposto ad ascoltare questa storia di un uomo che condivide lo stesso destino del narratore, un altro fuoriuscito, un altro profugo, un altro fuggiasco che cerca con ostinazione una via di salvezza, che cerca senza quasi più speranze di salire su un’arca, sull’imbarcazione che può rappresentare la possibilità di essere salvi e continuare a vivere? Chissà, forse il narratore offrirà all’ascoltatore qualche altro dono oltre alla sua storia.
Un romanzo intenso “La notte di Lisbona”, che ci catapulta in un tempo che per fortuna sembra lontanissimo, un tempo segnato da odio e violenza e ne mette in risalto l’intrinseca insensatezza. Ci mostra dall’interno la condizione del rifugiato, la precarietà di un’esistenza in fuga continua, la paura, la necessità di saper reagire attraverso l’intelligenza. Ci mostra un mondo caratterizzato da azioni spregevoli e incomprensibili ma anche da gesti estremamente solidali e profondamente umani. Eppure, alla fine, questo romanzo non è la storia, pur drammatica ed avventurosa di profughi durante la seconda guerra mondiale: questo romanzo è il racconto di una storia d’amore, unica, irripetibile e bellissima come sanno essere solo le autentiche storie d’amore.
“ –Bene- sospirò e voltò il viso che posava tra le mie mani come in una coppa. Io stavo seduto e non dormivo. Ogni tanto sentivo le labbra di lei contro le mie dita e mi parve di sentirne le lacrime, ma non dissi nulla. L’amavo molto e pensavo di non averla mai amata, nemmeno quando la possedevo, come in quella sudicia notte tra il rumore di chi russava e lo strano sibilo che fa l’urina cadendo sul carbone. Stavo zitto e il mio io era spento dall’amore.”
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Un autore fuoriclasse
Ora mi sento dire che Remarque, potenzialmente, può rientrare nella schiera degli autori che amo. I motivi sono diversi, ma partiamo da quello che secondo me è il motivo principe: lo stile. La scrittura di Remarque è scorrevole eppure spaventosamente evocativa e profonda, emozionante. Le parole di Remarque sono capaci di penetrare fin dentro al cuore e di far riflettere su svariati argomenti, ma soprattutto riguardo alle infinite sfaccettature, positive e negative, della natura umana. Insomma, considerati i miei gusti non poteva che colpirmi fortissimo.
Oltre a questo, il punto di vista che Remarque ci fornisce nei suoi romanzi è peculiare: in "Niente di nuovo sul fronte occidentale" scopriamo la guerra di trincea dal lato tedesco; ne “La notte di Lisbona" scopriamo la vita a cui erano costretti gli oppositori tedeschi del Nazismo quando quest'ultimo era all'apice del suo potere. In questo caso Remarque ci mostra come la Germania non fosse popolata soltanto da automi ciechi, crudeli o nel migliore dei casi omertosi, ma anche da un altro tipo di persone: uomini e donne costretti a vivere alla macchia, a essere imprigionati o addirittura costretti a emigrare per tenere integri i propri ideali (e la propria pelle). In particolare, ne “La notte di Lisbona” l’autore si concentra sui cosiddetti "fuoriusciti", ovvero coloro che si sono ritrovati costretti a varcare i confini della Germania e a vagare per l'Europa alla ricerca d'un posto sicuro: proposito che scopriranno presto essere un sogno irraggiungibile. Non solo queste persone sono malvolute e perseguitate in patria, ma non sono bene accette nemmeno negli stati che al Nazismo si oppongono: il fantasma di quest’ultimo gli si attacca addosso come un’ombra e li costringe a una vita di stenti e privazioni. Solo l'America, come al solito, sembra rappresentare la terra in cui possano scrollarsi di dosso quell’orrore e ricominciare a vivere.
“La Notte di Lisbona" si svolge, per l'appunto, in una notte: un uomo di nome Schwarz offre a un disperato i suoi due biglietti per una nave che salperà presto verso il Nuovo Mondo. In cambio di questo preziosissimo regalo, Schwarz non chiede altro che l’uomo passi con lui quella notte ad ascoltare la storia che lo ha portato a Lisbona. L’altro, ovviamente, accetterà l’offerta e insieme al lettore verrà catapultato in una storia di amore e fuga, di tenerezza e tormento, nel contesto d'un mondo in guerra e in cui ogni angolo sembra impregnato di dolore e sofferenza; scenario d’un male che attacca dall'esterno così come dall'interno.
Questo è un libro che fa male e persino nel raggiungimento del sogno dell'America e della tranquillità non perde la sua cupezza, come se in realtà non esistesse alcuna via di fuga per l'uomo da sé stesso, se non nell'amore autentico.
Forse.
"Si, signor Schwarz. La nostra memoria non è uno scrigno di avorio in un museo impenetrabile alla polvere. È una bestia che vive e mangia e digerisce. Divora se stessa come la fenice della favola, affinché noi possiamo continuare a vivere e non ne rimaniamo distrutti. Questo lei vuole evitare.”
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Una stupenda storia d’amore
L’anno è il 1942, il luogo è Lisbona, capitale del Portogallo, ultima striscia di terra in Europa dove ancora non sono arrivati gli scherani nazisti e dove una varia e povera umanità che ha avuto la fortuna di giungere lì, dopo una serie di innumerevoli traversie, cerca disperatamente di trovare un passaggio e un visto per gli Stati Uniti. Uno di questi profughi è Joseph Schwarz, che da qualche giorno ha ottenuto, per lui e la moglie Helen, i visti per arrivare nel nuovo Mondo e due posti su una nave in procinto di partire. Tuttavia, l’uomo non ha nessuna intenzione di salire su quel bastimento e ha l’occasione di trovare un altro fuoruscito che ormai ha perso ogni speranza di raggiungere l’America; senza tanti preamboli gli propone di cedergli i passaporti, il suo e quello della moglie, con tanto di visti e due biglietti per la traversata, a patto che ascolti la storia che ha intenzione di raccontare. Quello naturalmente accetta e nel corso di una lunga notte al lettore sarà data la possibilità, o meglio ancora il privilegio, di leggere un romanzo che è perfino riduttivo definire un capolavoro. Peraltro, Erich Maria Remarque, l’autore del celeberrimo Niente di nuovo sul fronte occidentale , mi ha abituato all’elevata qualità della sua produzione, sempre impegnata a combattere qualsiasi guerra, a difendere il singolo uomo vittima di immani catastrofi, a parlare del dramma dei fuoriusciti durante il regime nazista, con trame appassionanti e senza mai una caduta di ritmo o di stile. Non avrei però mai immaginato che fosse capace di costruire una stupenda storia d’amore che ha sullo sfondo l’umanità dolente in fuga dalle barbarie. Può forse sembrare un’esagerazione, ma l’amore descritto da Remarque non è quello mitizzato, è un sentimento fatto anche di gelosie, di assenze, di improvvise e rapide presenze, insomma è un qualcosa che è possibile riscontrare normalmente. Tuttavia, il rapporto fra Helen e il marito è quello che si accompagna a due esseri in fuga, costretti dalle circostanze a un sostegno reciproco e se in un passato più quieto la relazione si trascinava stancamente, ora invece poco a poco divampa, concretizzando quella reciproca intima e forte passione che è propria dell’attrazione. Per la prima volta, fra mille pericoli, vivono veramente la loro unione, riscoprono quella scintilla amorosa da tempo assopita; sono pagine dense e pregne di significato, soprattutto dove lui cerca di capire quella situazione intima che si è venuta a creare, ma sono anche pagine che fanno fremere chi legge, che lo rendono partecipe a questo grande sentimento e alle vicissitudini che sembrano non scalfirlo. Ci sono dei momenti che si viene colti da una autentica commozione per le vette sublimi raggiunte dalla narrazione, per quel limbo di umanità che splende in un mondo sconvolto dalla guerra e dal terrore. La notte di Lisbona, pur con le sue 269 pagine che ne fanno un romanzo non certo breve, è uno di quei libri da cui, una volta iniziata la lettura, è difficile staccarsi sia perché si è naturalmente curiosi di sapere come andrà a finire, sia perché i fatti, i sentimenti sono autentico cibo per l’anima.
Personalmente, quando sono arrivato all’ultima pagina, ho stentato a chiudere il libro, perché il fremito che mi aveva invaso non accennava a diminuire, un’emozione intensa, una commozione sincera nel mentre mi sforzavo di immaginare come fossero i volti di Helen e del marito, due esseri umani nella bufera della tempesta nazista.