La misura del mondo
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Due percorsi, due geni
Tra il 1850 ed il 1870, in Germania, nascono due individui destinati a rivoluzionare gli studi scientifici del loro tempo e dell’avvenire: il matematico e fisico Carl Wilhelm Gauss e l’esploratore e naturalista Alexander von Humboldt. Mentre il primo, genio precoce dotato di impressionante velocità di ragionamento, introduce concetti geometrici e matematici del tutto innovativi, il secondo, tenace e infinitamente metodico, effettua una lunga spedizione in Sudamerica nel corso della quale cataloga numerose piante e fenomeni naturali e crea una notevole serie di mappe geografiche (senza paura di mettere a repentaglio la propria vita e quella del suo accompagnatore francese, messier Bonpland).
Quando in tarda età i due si incontreranno – in una Germania postnapoleonica in gran fermento e disordine – non sarà solo una suggestione il fatto di aver rincorso, attraverso due percorsi molto diversi tra loro, un obiettivo simile.
L’idea di Daniel Kehlmann è originale: prendere a pretesto l’incontro tra due geni della scienza per mostrare come abbiano avuto in comune soprattutto la straordinaria capacità di razionalizzare il mondo attraverso l’abilità di “misurarlo” (rinnovandone i connotati a beneficio degli studi scientifici successivi).
“La misura del mondo” si mostra dunque come una sorta di biografia romanzata, che presenta al lettore due eminenti personalità anche attraverso le loro singolarità e fissazioni (Gauss, ad esempio, nella spiccata propensione verso l’universo femminile, von Humboldt nella sana rivalità con il fratello maggiore).
Se c’è un appunto da fare è che il libro finisce per sbilanciarsi maggiormente verso la figura di von Humboldt (quest’ultimo ha avuto, per ovvi motivi, un’esperienza di vita più avventurosa di Gauss, e dunque letterariamente più affascinante); uno squilibrio in parte sanato dall’episodio narrato “al presente”, ovvero quello nel quale i due scienziati si incontrano e che è in realtà dedicato ai rapporti tra l’anziano Gauss e suo figlio Eugen.
Tenendo conto, in ogni caso, che l’autore è un divertito sovvertitore dei punti di vista…
“ (…) mentre Humboldt superava la periferia di Berlino e si immaginava Gauss seduto al suo telescopio a osservare i corpi celesti, le cui orbite sapeva riassumere in formule semplici, per la prima volta non avrebbe più saputo dire chi dei due aveva girato mezzo mondo e chi era sempre rimasto a casa.”
Due indicazioni al lettore:
- come già intuibile, la lettura non è assolutamente ostica per chi non si intende di matematica, geografia, astronomia o botanica; semmai l’appassionato di una o più di queste materie troverà nella conoscenza approfondita dei due personaggi un valore aggiunto;
- la costruzione delle figure dei protagonisti è sorretta da un’analisi documentata delle loro biografie (basta ricercarle su Wikipedia, per capire come Daniel Kehlmann si sia interessato soprattutto alle storie personali e alle propensioni caratteriali di Humboldt e Gauss).