La Marie del Porto
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L'intelligenza sottovalutata di Marie
Con “La Marie del porto” Georges Simenon ci propone un romanzo molto diverso dai suoi soliti, non essendo, quello presentato, né un giallo né un noir bensì essendo un testo che si avvicina molto di più a tutta quella serie di scritti da lui incentrati sull’introspezione, sulla ricerca, sulla riflessione. Redatto dall’autore all’età di trentasei anni e a distanza di ben venti anni da “Au Pont des Arches”, prima sua opera composta all’età di appena sedici lustri, in questo componimento, come da nota biografica, egli cerca una verità umana che va al di là della psicologia, essendo suddetta soltanto “una verità ufficiale, falsa come un santino, buona per gli scolari diligenti”. E seppur consapevole di aver colto soltanto un fremito di quella verità, di quella vita vera, di esser ben lontano dall’aver realizzato l’antica ambizione di aver innestato l’ambito del pensiero in quello delle sensazioni, di confonderli, di mescolarli al punto da far sì che l’uomo sia soltanto uomo, senza sapere se pensa o agisce, ha scritto e nello scrivere è nata Marie, la “Marie del porto”.
Port-en-Bessin, una mattina come tante, un corteo funebre. Un padre che muore, figli che vengono spartiti e figlie adolescenti, ma considerate adulte, che restano a cavarsela da sole al mondo perché orfani anche di madre. I cieli sono plumbei, tutto il paese è raccolto per il triste avvenimento, a stonare in questo coro di uomini e donne vi è soltanto Chatelard, un forestiero benestante, con bar e beni vari di proprietà, che è il compagno di Odile, la sorella maggiore della protagonista che pare faccia la vita a Cherbourg. Marie ha appena diciassette anni e mezzo, ma ha le idee chiare, sa quel che vuole e non è disposta a scendere a compromessi: troverà quell’uomo di suo gradimento (quale Chatelard è o potrebbe essere), che voglia vivere nel paesino con aspirazioni alla pesca, che sia proprietario di una casa nel luogo e di una barca che gli consenta di uscire, appunto, per mare con totale autonomia e il giusto benestare dell’esser padroni.
La commedia si dipana con cautela ma anche con rapidità. In appena 151 pagine l’opera si conclude confermandoci quella che la maestria del francese. Pagina dopo pagina conosciamo le avventure di questi personaggi, apprezziamo la scaltrezza di questa giovane donna appellata “acqua cheta” perché non si sa mai quel che pensa, spesso sottovalutata, quando in realtà è dotata di grande intelligenza e astuzia. Crea un equilibrio fatto di giuste distanze, alcuna concessione, piccoli slanci mai risolutivi, affinché quell’uomo adulto, quel trentacinquenne, sia schiavo di un desiderio più grande che diventa ossessione.
Simenon riesce a dar vita a un romanzo che incuriosisce, forse non il suo migliore, ma certamente capace di tenere incollato il lettore che a più riprese si interroga sulle sorti di questa strategia sul fil del rasoio. Riuscirà Marie nell’impresa della conquista?
Il tutto con l’immancabile penna a cui siamo abituati, con le ponderate atmosfere fosche e misteriose che siamo soventi ritrovare nei gialli e con la sveltezza e fluidità che sono consoni ad un elaborato chiaro, semplice, lineare e con un obiettivo ben preciso quale “La Marie del porto” è.
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Il buonismo di Simenon
Un Simenon in tono minore, con un romanzo che sembra scritto in due tempi: nella prima parte si riconosce l'impronta tipica dello scrittore belga (sempre impeccabile la descrizione dei villaggi normanni di pescatori), nella seconda gli eventi prendono un'insolita piega ironico/buonista e a farne le spese è la qualità della narrazione, che perde quota e diventa puro intrattenimento.
L'impressione è quella di un improvviso cambio di rotta, una specie di frettoloso ripiego dovuto forse a sopravvenute esigenze editoriali o semplicemente a mancanza di ispirazione.
La storia d'amore, con contorno di strenuo corteggiamento e schermaglie, è tutto sommato ben tratteggiata, ma nelle ultime pagine si indugia un po' troppo sul rosa (lei appesa al braccio muscoloso di lui, mentre entrambi bruciano di passione) con un prevedibile e un tantino sciocco lieto fine.
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Una donna determinata
Per questo romanzo, che presenta una caratteristica particolare, oltre al fatto che non è né un giallo né un noir, Simenon ha voluto andare sul sicuro e se la novità è il ritratto di una donna, abile stratega e in possesso anche di notevoli capacità tattiche, il resto è tipico della sua produzione, reso come pressoché sempre nel migliore dei modi. L’ambiente è quello della provincia francese, un paesino di pescatori, dove si vive secondo le maree, con personaggi che sembrano scolpiti nel legno, ma che rivelano insospettabili caratteristiche e per scoprire quali la mano del chirurgo Simenon é ferma, incide sicura e rivolta la carne, scopre il lato più oscuro di ognuno. L’atmosfera grigia, plumbea è già presente nelle prime pagine con il funerale del povero Jules, morto lasciando soli i figli, giacché la moglie era deceduta alcuni anni prima. C’è tutto il paese al funerale, una coralità di altri tempi se raffrontata a oggi, ma che è in grado di dare l’idea della stima di cui godeva il morto, la cui famiglia, composta per lo più da figli piccoli, ormai viene smembrata fra i parenti, fatta eccezione per Odile, la più grande, che si mormora faccia la vita a Cherbourg, e la giovane Marie, che nonostante l’età è un tipo molto determinato; al riguardo, si è prefissa lo scopo non solo di trovare un uomo di suo gradimento, e il compagno di Odile lo è, ma anche che abbia la possibilità di uscire in mare a pesca con un’imbarcazione sua e che voglia vivere nel paesino, aspirazioni queste ultime che l’uomo in questione non ha.
Simenon, procedendo con cautela, ma anche con sicurezza, ci accompagna a vedere l’abile tattica che Marie adotta, una tattica che rivela una notevole intelligenza, perché non è facile irretire un uomo quando non si è una bellezza, anche se lei non è brutta; non è facile soprattutto portarlo quasi all’esasperazione per fargli fare quello che vuole lei, e senza dimostrare disponibilità a concedersi, anzi tenendo le giuste distanze in un raro equilibrio che poco a poco darà i suoi frutti. Stupisce in Simenon l’abilità nel descrivere la psicologia femminile nella seduzione, nel far sorgere il desiderio che diventa un’ossessione e che per concretizzare dapprima rende disponibili a tutto e poi trasforma, quasi che l’uomo in mano a Marie fosse un abbozzo di terra creta che le mani abili della donna vanno plasmando.
E così alla suspense tipica dei gialli e dei noir si sostituisce il desiderio del lettore di vedere se la strategia si dimostrerà valida e di osservare e capire l’importanza della tattica, che si svolge pagina dopo pagina in un crescendo di tensione.
La Marie del porto è certamente meritevole di lettura ed è una ulteriore conferma delle eccelse qualità del suon autore.
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Un'apparente gracilità
Simenon traccia, con lievi pennellate incolori, degli affreschi vivi e vibranti di umanità.
Tra gli scialli neri delle donnette del paese di Port- en- Bessin e la marea di pescatori che salgono e scendono da massicci pescherecci emerge la figurina di Marie del Porto che da subito rivela sotto un'apparente fragilità un carattere forte e indomito.
Marie, nonostante la sua giovane età, conosce la durezza della vita, però lei, a differenza di sua sorella Odile, non accetta di andar via dal paese; nella sua mente e nel suo cuore c'è un disegno chiaro, a volte quasi crudele, però concreto.
Attorno a Marie altri personaggi, apparentemente secondari, si muovono e lasciano anch'essi un'impronta decisa nello scorrere del libro e difficilmente possono essere dimenticati.
Avevo preso in prestito il libro dalla biblioteca ma l'ho trovato da subito irresistibile, appena ho finito di leggerlo sono andata a comprarlo e l'ho collocato del settore dei libri per me indimenticabili.
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Acqua cheta
Marie, la Marie del porto, una piccola perla grigia che odora di mare.
Marie che non e’ bella nonostante i suoi diciotto anni, lo sguardo spento, il viso smunto e pallido, la figura gracile, i capelli scompigliati, l’abito nero ed il grembiule sopra, una creatura che ha un sogno ed i piedi ben piantati a terra.
Marie testarda e sfuggente, Marie che si lascia solo intravedere nei suoi silenzi, dolce e fragilmente solida piange di notte nel suo letto umido di freddo.
Marie che fa innamorare gli uomini, insapore come l’acqua in un bicchiere, sfuggente come l’acqua di un ruscello, inavvicinabile come l’acqua di un mare in tempesta.
Simenon piu’ che una storia stavolta ci propone una cartolina, rigorosamente in bianco e nero, di uno spicchio di cittadina portuale, i pescatori, i caffe’ della Marina, le imbarcazioni e quell’odore di salmastro che si appiccica addosso. Su questa cartolina in primo piano una ragazza esile dietro il bancone di un bar mentre serve da bere o piegata sui letti di una locanda mentre sistema la camera.
Una piccola cartolina di una piccola donna, deliziosamente raccontata attraverso le parole, attraverso i colori offuscati, attraverso il profumo di braci e aringhe di cui il buon vecchio Simenon intride l’aria di casa nostra, sfogliando il suo libro.
Buona lettura.