La fattoria dei gelsomini
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Strategie
Parto subito col dire che secondo me questo romanzo è sbilanciato. L'autrice parte con parecchie decine di pagine di una noia insostenibile. Se potevano essere divertenti le divagazioni sulla dubbia scelta della padrona di casa di riproporre uva spina in tutte le salse ai suoi ospiti per qualche pagina, in seguito sono diventate decisamente indigeste. Quando poi, mi ero convinta a non finire il romanzo, ecco che all'improvviso prende slancio e succedono delle cose, quasi fosse un altro libro diventa interessante, incuriosisce e i personaggi cominciano a sgomitare per accaparrarsi l'attenzione del lettore. E poi di nuovo giù nel pozzo della noia e via a domandarsi: ma questo libro non finisce più? E a un certo punto :s ma così di punto in bianco, senza prima avvertire lasciando ancora un certo appetito.
La storia è quella di un salotto dove si riunisce tutta la Londra bene: uno di quelli dove tutti vorrebbero entrare. Proprio qui dove nessuno oserebbe sollevare qualsiasi sospetto si nasconde un terribile scandalo, che viene alla luce a causa di una imprudenza, ma che vien subito sfruttato come opportunità per fare soldi dalla parte lesa. E' una storia che si basa sull'ipocrisia, sull'abilità di nascondere la polvere sotto al tappeto, salvo poi farsi bello vanando lo splendore del resto del pavimento. Romanzo nel complesso leggibile, anche se avrei tagliato alcune parti che sembra servano solo a fare volume.
Indicazioni utili
Amore tradito e brutale ricatto
Periferia di Londra, ospiti compositi più o meno graditi stanno trascorrendo un fine settimana nella residenza di campagna dell’ aristocratica lady Daisy, alle prese con un clima torrido, cibo indigesto, sensazioni già viste, affettata cordialità, senza nessuno con cui valga la pena di parlare e con una strana sensazione di indifferenza nell’ aria. Ma di cosa effettivamente si tratta?
La padrona di casa è una fascinosa nobildonna da sempre prodiga verso le persone a lei care nel tentativo di salvargli la vita e profondamente devota alla figlia Terry, ragazza dotata di un naturale fascino ammagliatore.
È una calda sera d’ estate quando ha inizio una interminabile partita a scacchi, della durata di una notte, seguita da una terribile rivelazione, incredibile ed inopportuna. Tre sole parole, “ così hai vinto “ a scoperchiare gli eventi.
Ecco un’ altra coppia, Rosie e la madre Belle, l’ una bellissima ed indifferente, l’ altra astuta e grossolanamente artefatta, sullo sfondo un ricatto ed un uomo ordinario, attempato, decisamente infelice, da anni tormentato da mille paure e dal rimuginino della propria coscienza.
Ha inizio una attesa estenuante, origliando dietro porte chiuse e vagando tra estasi e disperazione.
Poi un esilio volontario, ripercorrendo altrove ( in una fattoria nel sud della Francia) un viaggio della memoria di una giovane coppia felice, spensierata, che credeva di amarsi e di potere vivere di solo amore, dedita alla propria essenza, o forse solo ai sogni romantici di una giovane donna continuamente tradita e vissuta nel nulla.
La bellezza, la galanteria, i ricevimenti, l’ intrattenimento degli ospiti ed il prendersi cura di loro mostrati da lady Daisy in un passato recente svaniscono e si vestono di solitudine, di un desiderio di sonno protratto che scacci la cruda infelicita’. Eccola sopraffatta da un pianto indifeso ed inconsolabile e da un senso di abbandono, ai nostri occhi solo una vecchia polverosa, sfatta e bisognosa di aiuto.
Oggi ogni evento è inutile, perché niente è destinato a durare. Si erge un muro di silenzio ed un dialogo muto, artefatto, un duello nell’ ombra costruito su pensieri contrapposti, possibili rivelazioni ed una sola certezza, taciuta, sottesa, a tutti nota ma impronunciabile.
E poi quel nemico che ci respira accanto e che possiede parte dei nostri tratti lentamente vede le proprie certezze frantumate dal nostro silenzio ed è costretto a pensare, lontano dalle luci della ribalta, al vero significato della vita, a quell’ amore che non ha mai avuto, all’ ingratitudine figliale.
Una neo dimensione si mostra nella grettezza che ci è appartenuta e che abbiamo eluso, sottaciuto, ignorato per l’ impossibilità di gettarci a capofitto nella vita, nell’ amore, nel perdono, così’ svenevoli, sciocchi, crudeli.
Ecco chi siamo realmente, caduta la maschera della menzogna, ma la lontananza dagli affetti più cari e la disperazione trascorsa ci inducono, conosciuto il dolore più vero, ad un ricongiungimento affettivo insperato e ad una sofferta ma gradita rinascita.
Un classico romanzo di Elisabeth Von Arnim, a rappresentare un’ aristocrazia decadente e già decaduta, un mondo costruito su effimera apparenza e fragili congetture, laddove ogni respiro e relazione interpersonale sembrano sgretolarsi e riportare ad uno stato di inerzia, ma così proprio non è.
E se vi è una lunga prima parte calata in un’ atmosfera di asfittica perseveranza con un velo di sottile ironia dove niente, oltre il già noto, sembra potere accadere, la seconda parte si apre ad uno sconosciuto mondo relazionale ed introspettivo.
L’ autrice riesce ottimamente a rappresentare situazioni ambivalenti, alternando superficiale leggerezza estetica ad insondabile profondità relazionale, sia nello stile che nei contenuti, con esiti difformi ( tratti di prolissità ed epilogo piuttosto affrettato ).
Complessivamente una lettura godibile, consigliata e per la consueta rappresentazione storico-sociale inserita in una caratterizzazione ben definita dei personaggi e per il continuo scambio di ruoli e situazioni paradossali condite da velata ironia e pessimistica ragionevolezza, travolti da un fato funesto e sospinti da turpi e maldestri egocentrismi.
Va detto, in verità, che i livelli qualitativi ed introspettivi de “ Il giardino di Elisabeth “ rimangono piuttosto lontani.