La cittadella
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The good doctor
Questo è un romanzo che racconta di un medico, che parla dell’esercizio della professione sanitaria, che descrive casi clinici, riferisce di camici bianchi e stetoscopi, per di più sapientemente ritratti da uno scrittore che sa perfettamente di cosa sta parlando, è stato un medico egli stesso.
Si realizza così il connubio perfetto: un buon libro, scritto bene da un bravo scrittore, oltretutto uno scrittore padrone della materia che tratta.
Non è cosa così scontata: un conto è informarsi, un altro è vivere realmente, sulla propria pelle, una particolare esperienza dell’esistenza.
Non solo, ma dati i tempi di ambientazione, si parla dell’epoca pionieristica della medicina, quanto malati e malattie sono gestite direttamente dal rapporto umano, non ancora mediato da macchine, analisi, indagini: una medicina d’ascolto, quindi, con tutte le conseguenze, anche emotive, che ne possono derivare, e che si prestano magnificamente a essere narrate.
Una medicina d’ascolto, dunque, abbiamo detto…l’ascolto richiede attenzione, e questa richiede predisposizione.
La predisposizione pretende empatia, ma non tutti ne sono all'altezza.
Soprattutto, per taluni l’empatia è una merce, non una qualità.
In estrema sintesi, questa l’essenza de “La cittadella” di Archibald Cronin, che parla dei mali, non necessariamente solo di quelli del corpo, di come s’insegna debbano essere considerati, di come sono curati, anche di come non sono sanati, ma soprattutto con che cuore, con che orecchio sono ascoltati i sintomi che dovrebbero aiutare il medico a capire.
Troppi medici, però, non ascoltano: sono sordi, liquidano i sintomi, non avvertendoli come segnali.
Ascoltano rumori, non la musica; i rumori li provoca il corpo, ma la musica viene dall'anima, ciò che differenzia un medico dal buon medico, è lo spartito che decide di seguire.
Il romanzo piace non soltanto perché è un libro scritto bene, e con competenza specifica, piace ed è un romanzo attuale, moderno, coinvolgente, perché Cronin, attraverso la storia professionale e umana del giovane protagonista, un medico scozzese che opera in Galles sul finire del secolo scorso, ci offre un agglomerato, una vera e propria cittadella d’insegnamenti etici, morali, virtuosi.
Racconta di comportamenti esemplari e irreprensibili, di attività rette, nobili, dabbene, ma fa ancora di più.
Indica chiaramente che il vivere con stile buono, leale, integro e degno, è e deve essere insito nella natura umana di per sé, l’unico che ci permette di definirci uomini, e uomini degni, degni cristiani.
Tuttavia, in chi sceglie di esercitare un’attività di guarigione fisica e morale, tali qualità vanno espresse all'ennesima potenza, con spirito di disciplina il medico deve imporselo, deve avere coscienza piena dell’onere e dell’onore che gli viene concesso con l’esercizio della sua scienza.
Lo impara a proprie spese il protagonista, l’esistenza del medico scozzese Andrew Manson è una vera e propria nascita, caduta e redenzione.
Intraprende con entusiasmo la professione medica, la esercita dapprima con abnegazione e spirito empatico di dedizione ai suoi pazienti.
Si perde poi per strada e intraprende una carriera di puro arricchimento, di egoismo e avidità di guadagno, all'opposto della carità e filantropia del suo precedente agire.
Ritrova infine se stesso e i suoi ideali medici, etici, scientifici, anche se a caro prezzo, si riscatta rimettendosi in carreggiata con umiltà e nuova responsabile consapevolezza.
Comprende cioè che la responsabilità dell’uomo e del professionista consiste appunto nel termine stesso, RESPONSE – ABILE, cioè capace di fornire risposte, ma non puoi rispondere se non ascolti attentamente la domanda nella sua interezza.
Torna a esercitare la professione, quindi, con dedizione e spirito di solidarietà con i suoi pazienti, come solo un medico, e un bravo medico, sa fare.
Perciò è un romanzo attuale, nonostante il decorso del tempo, un romanzo che spiega con chiarezza e onestà che un medico non è un guaritore, uno sciamano o uno stregone.
Nemmeno un manipolatore di sostanze o intrugli, neppure un guaritore, meno che mai un Dio.
Un medico è semplicemente un uomo alla sua massima capacità di ascolto, di compartecipazione, di empatia.
Lo suggerisce perfettamente, una volta di più, purtroppo o per fortuna, la cronaca d’oggi.
Indicazioni utili
Ascesa di un medico di provincia
Romanzo di quelli che piacciono a me: corposo, denso di avvenimenti, con una bella scrittura coinvolgente; uno di quei libri che mi tengono incollata alle pagine e che non vedo l’ora di riprendere in mano per vedere cosa succederà. Lo consiglio a chi ama i classici e le scritture articolate. Il protagonista è il dottor Andrew Manson che, per me, bambina negli anni ’70, è impossibile non immaginare con le fattezze di Alberto Lupo. È un uomo tutto d’un pezzo, con saldi principi morali, onesto e caparbio, un po’ grezzo e burbero nei modi ma ‘vero’. Lo incontriamo, negli anni ’30, fresco medico di una cittadina mineraria del Galles del sud dove la teoria di ciò che ha imparato all’università si scontra con la pratica, in mezzo a gente diffidente. È circondato da uno stuolo di personaggi che personificano ogni sfumatura umana, che lo ostacolano e lo aiutano, senza mai far scemare in lui il desiderio di compiere qualcosa di grande per il bene dell’umanità. Sposa Christine, la maestra della scuola, e, attraverso varie vicissitudini, si ritrova a Londra dove, per la prima volta, è attratto dalla facilità di una vita agiata ma senza scopo, e, sospinto dalla delusione per un’esistenza che ritiene, a torto, poco gratificante, abbandona tutti i suoi elevati progetti. Perde se stesso, diventa frivolo, adultero, un medico dei ricchi che si fa pagare molto per curare malattie immaginarie. Il suo rinsavire è accompagnato da un pesante pegno da pagare; risorge e riprende la propria strada verso un futuro che faccia davvero la differenza. Storicamente interessante è la denuncia delle incompetenze e delle ingiustizie della professione medica di quegli anni.