Narrativa straniera Romanzi storici L'uomo che vendeva diamanti
 

L'uomo che vendeva diamanti L'uomo che vendeva diamanti

L'uomo che vendeva diamanti

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Questo romanzo è una vera sorpresa. Esther è la sorella maggiore del due molto più famosi Isaac Bashevis e Israel Joshua: privata dell'istruzione concessa ai fratelli, costretta a sposarsi, rifiutata dalla madre perché "brutta", relegata "In cucina", ma incapace di "stare zitta". Per fortuna, dato che ci regala questo superbo racconto, ambientato nella Anversa del commercianti e tagliatori di diamanti, tutti ebrei, e poi nella Londra del rifugiati, sempre ebrei, durante la prima guerra mondiale. Per tutta la narrazione, l'autrice sfoggia un'ironia più tagliente del diamante. Il protagonista assoluto della storia è Gedaliah Berman, ricco commerciante delle preziose pietre, emigrato dalla Polonia ad Anversa, iracondo, umorale, forte con i deboli e debole con i forti, e soprattutto invidioso oltre misura. Quando viene a sapere che il figlio di un concorrente sta per sposare la figlia di un ricco signore, mentre suo figlio Dovid passa le giornate a letto a leggere Spinoza e a fumare, incapace di adeguarsi alle aspettative paterne, per poco non sviene. C'è anche una figlia, altrettanto degenere ma astuta, che circuisce iI padre per ottenere favori e denaro. E la moglie, Rochl, vittima della prepotenza di Berman. La pesante routine della famiglia si complica con l'arrivo di una coppia di attivisti comunisti provenienti dallo stesso shtetl del Berman, e poi dalla comparsa del padre di Gedaliah , accolto dal figlio con un affetto e un calore inaspettati, che ammorbidiscono la durezza del personaggio.



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L'uomo che vendeva diamanti 2017-08-27 06:26:29 Pelizzari
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Pelizzari Opinione inserita da Pelizzari    27 Agosto, 2017
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Un originale punto di vista

Il libro è ambientato nella città di Anversa, nel mondo dei commercianti e tagliatori di diamanti, tutti di nazionalità ebrea, e, nella sua seconda parte, nella Londra degli esuli, nel periodo della prima guerra mondiale. Personalmente, ho apprezzato più la seconda parte che non la prima parte, che ho trovato oltremodo lenta e noiosa. Particolare le incursioni yiddish nel testo e comunque particolare è il focus su una tradizionale famiglia ebrea, esposta ai primi anni dell’età moderna ed ai primi drammi del secolo scorso. Di solito si legge degli ebrei solo da altri punti di vista.

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L'uomo che vendeva diamanti 2017-01-15 04:52:06 siti
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siti Opinione inserita da siti    15 Gennaio, 2017
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Singer al femminile

Romanzo in yiddish, finora inedito in Italia, della sorella maggiore dei due celebri scrittori Israel e Isaac. Interessante leggere la sua biografia e scoprire il veto della famiglia agli studi, garantiti invece ai fratelli, il matrimonio combinato e la distruzione dei suoi scritti prima dell’evento. Nata nel 1891, morta nel 1954, transitata da Bilgoraj a Varsavia, poi ad Anversa e a Londra, la sua biografia è emblematica dei luoghi e dei tempi da lei vissuti che tornano, affascinanti nelle loro peculiarità, in questo scritto.
Il romanzo è incentrato sulla tragica figura di Gedaliah Berman, agiato ebreo, commerciante di diamanti che ad Anversa, giuntovi appena ventenne dalla fame e dalla miseria del suo povero villaggio polacco , è riuscito a farsi una posizione benché ambisca a elevarsi ulteriormente fra i più importanti venditori di diamanti. È sempre attivo e lo troviamo a inizio narrazione in preda al delirio di chi è costretto da una festività a fermarsi, incapace di sfuggire alla metodicità della sua esistenza scandita da riti e ritmi ormai assodati. È preoccupato Berman, pur avendo una moglie che lo ama e tre figli, due maschi e una femmina, il primogenito David è uno scansafatiche attirato dai movimenti socialisti, dalle donne, da Spinoza. Gli giunge nel mentre la notizia che il figlio di un suo concorrente convolerà a giuste nozze, quelle che appunto, con cospicua dote in diamanti, permettono di ascendere l’ambito gradino sociale. Subito ci si appassiona e il personaggio ha tutte le caratteristiche per tenere desta l’attenzione, eppure dopo l’ottimo esordio la narrazione languisce e si sfalda nella rappresentazione di una realtà a tratti monotematica, L’Anversa che ruota intorno al commercio dei diamanti, con annesse considerazioni sulla evidente dicotomia ebreo ricco- ebreo povero, alternata alla narrazione della quotidianità della famiglia Berman alla quale si intrecciano le vite parallele di alcuni personaggi secondari, fa da collante il vivere dissoluto di David.
Lo scoppio della grande guerra costringe i Berman all’esilio ad Amsterdam e poi a Londra, con loro il vecchio padre di Gedaliah che nel frattempo li ha raggiunti ad Anversa. Proprio l’arrivo del padre permette alla Singer di sviluppare una prosa efficace, toccante, abbandonando l’ironia tagliente che imperversa fra le righe rilasciando intelligenza e acume al femminile. Qui si aprono le più belle pagine del romanzo, Gedaliah si racconta e ci racconta l’errare dell’ebreo povero, l’amore di un figlio per il padre, la devozione alla mamma, la scelta del riscatto. Poche pagine purtroppo, con mia grande delusione. Si procede e a tratti si gode per l’efficacia descrittiva e si insegue la trama che purtroppo si serve in alcuni casi di espedienti scenici eccessivi tradendo la scrittura e la sua riuscita globale e ancora affiora un senso di delusione. La narrazione termina ad Anversa, a guerra finita, a sigillo di un’esistenza immolata al riscatto dell’individuo condannato alla sua solitudine e alla sua tragedia individuale. Da leggere, per curiosità.

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