L'età dell'oro
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Bugie, retroscena e cacce alle streghe
La storia, è risaputo, la scrivono i vincitori. Nel farlo è prassi di storici, politici e giornalisti esaltare le virtù della propria parte e nascondere invece tutto ciò che di biasimevole si è commesso, mentre si tende a mascherare le ragioni dell'avversario e di contro a ingigantirne i difetti. Si arriva perfino a lavorare in questo senso in maniera preventiva, facendo determinate promesse ma lavorando sotto banco in direzione opposta, oppure creando falsi allarmismi, demonizzando gli avversari per giustificare davanti agli altri il proprio modo di agire e gli eventuali comportamenti futuri. Gore Vidal ci porta un esempio pratico di tutto questo, narrando un pezzo di storia statunitense in maniera completamente diversa da come viene raccontata nelle versioni ufficiali. Il momento storico di riferimento va dalla candidatura al terzo mandato di Franklin Delano Roosevelt alla doppia presidenza di Harry S. Truman, vale a dire dal periodo che precede l'inizio della seconda guerra mondiale ai primi anni della guerra fredda. Attraverso le vicende di Tim Farrel, un regista cinematografico e di Caroline e Peter Sandford, due giornalisti della carta stampata l'autore ripercorre un momento di fondamentale importanza per la storia mondiale. Si parte con la torbida campagna elettorale del 1940 caratterizzata dal dubbio se intervenire o meno nel conflitto europeo, da cui Roosevelt esce vincitore promettendo agli elettori che con lui al governo nessun soldato americano avrebbe mai combattuto in una guerra straniera a meno che gli USA non fossero stati attaccati. Ma dopo il bombardamento giapponese a Pearl Harbor il governo americano si sente tenuto a rispondere per difendersi, entrando di fatto nel secondo conflitto mondiale in maniera apparentemente giustificata. Ma cosa c'è veramente dietro l'attacco nipponico? Come mai le autorità pur conoscendo in anticipo le intenzioni del nemico non hanno mosso un dito per evitare la strage? Morto Roosevelt il testimone passa a Truman ma l'atmosfera resta limacciosa: perché lanciare due bombe atomiche su una nazione ormai praticamente arresa? Perché finita una guerra sanguinaria se ne comincia una virtuale contro la Russia di Stalin con cui si è lottato insieme per sconfiggere Hitler? Come mai un paese che si fa da sempre portabandiera di ogni tipo di libertà non permette al suo popolo di criticare il capitalismo, di aderire a ideologie marxiste e di dissentire dell'operato del governo? In un mix di personaggi inventati (pochi) e realmente esistiti (tanti, troppi) Gore Vidal svela i retroscena, le magagne, le reali intenzioni che hanno portato i vertici della nazione più ricca e potente del mondo a prendere determinate decisioni indirizzando la storia mondiale nel verso che più le faceva comodo e cercando di raccontare le cose in modo da poter apparire inequivocabilmente dalla parte della ragione. Non siamo davanti ad un vero e proprio romanzo ma a qualcosa di più vicino a pura e semplice cronaca storica, e ciò richiede quasi inevitabilmente uno stile scarno e piatto. Questo, unito all'eccessivo numero di personaggi della politica e dello spettacolo d'oltreoceano pressoché inutili e comunque ignoti ad un lettore europeo, rende la lettura un po' pesante e poco piacevole. Ma ciò che conta in questo libro sono i contenuti e da questo punto di vista l'autore è impeccabile, raccontando verità scomode e facendo aprire gli occhi al lettore: mai fidarsi ciecamente di ciò che ci viene raccontato, mai abboccare ingenuamente a qualsiasi tipo di caccia alle streghe. Un monito più mai utile in un momento come questo caratterizzato da mezzi di informazione fin troppo manipolati e da persecuzioni mediatiche all’ordine del giorno.