L'altra Grace
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ALIAS GRACE
Grace Marks e James McDermott non sono nomi di fantasia. È il 1843 quando i due vengono accusati di aver ucciso Thomas Kinnear e la sua governante/amante Nancy Montgomery. James è lo stalliere tuttofare di Kinnear e Grace la cameriera sedicenne che si occupa delle faccende domestiche. Mentre James verrà impiccato subito dopo il processo, Grace verrà condannata al carcere a vita e successivamente impiegata come domestica a casa del Direttore della prigione.
È con questi fatti che si apre "L'Altra Grace" e la domanda che fin da subito sorge spontanea è : Grace è davvero colpevole di questo duplice omicidio? Ma la scrittrice devia sapientemente...non solo svolge un
grande lavoro di ricerca negli archivi canadesi, ma ci fa immedesimare perfettamente nelle scene : il processo, le versioni differenti, gli interrogatori...
Ma più di tutti è il Dottor Simon Jordan che fa parlare Grace, a suo modo, la interroga, le fa ripercorrere la sua vita fin dall'arrivo in Canada. E tra un rammendo e l'altro, si è catapultati nel racconto di un'infanzia difficile, di perdite dolorose e legami spezzati troppo presto.
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A chi ama le storie vere e i racconti introspettivi, questo è senz'altro il romanzo giusto. In tanti passi, si evince il giudizio della stampa, delle persone verso Grace: talvolta considerata un angelo bianco, e a volte, invece, una spietata assassina.
Da leggere e non solo: una mini serie ne è stata tratta e ne vale la visione!
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Dalla parte di Dora
"L'altra Grace" è un romanzo storico incentrato su un reale caso di cronaca nera che fece grande scalpore nel Canada di metà Ottocento, superandone anche i confini per finire sulle testate giornalistiche statunitensi e inglesi. In questo titolo, la Atwood accosta una scrupolosa analisi delle fonti storiche,
«Si parla di una nuova Macchina da Cucire per uso domestico, che avrebbe un gran successo se si potesse produrre a basso costo, perché ogni donna vorrebbe possederne una [...].»
ad alcune libertà artistiche per colmare i passaggi più incerti, riuscendo a creare una storia credibile nell'ambientazione ma anche molto coinvolgente.
Il romanzo segue la vita di Grace Marks, che ne racconta gli eventi più importanti al dottor Simon Jordan, l'altro personaggio principale. Il medico si è infatti impegnato in una valutazione del suo stato mentale che potrebbe farle ottenere la grazia dopo sedici anni di carcere. Grace quindi ripercorre la sua infanzia, in cui la vediamo vittima del comportamento violento e dispotico del padre, e la sua adolescenza, in cui inizia a lavorare giovanissima come domestica, fino a giungere ai due efferati omicidi per i quali lei e lo stalliere James McDermott vengono condannati a morte.
La struttura del volume è abbastanza particolare: i capitoli dal punto di vista di Grace sono narrati in prima persona come se lei si rivolgesse sempre al dottor Jordan -anche quando l'uomo è assente-, mentre il POV di lui è in terza persona; ci sono poi le trascrizioni di varie lettere che i personaggi si scambiano e diverse citazioni da documenti reali dell'epoca. Questo mix può lasciare un po' perplessi in un primo momento, soprattutto nelle parti in cui Grace riporta i dialoghi senza alcun segno grafico, ma con il procedere della lettura ci si abitua senza troppi problemi.
Come detto, la trama risulta molto appassionante, anche se il lettore viene informato fin dalle prime pagine dei principali avvenimenti -almeno per quanto riguarda la vicenda giudiziaria. Ho avuto qualche perplessità però sul finale: non ho apprezzato troppo gli elementi di paranormale che vengono accostati ad un disturbo di tipo psichico e neanche la scelta di concludere la storia di Grace in modo tanto doloroso anche nelle parti frutto di speculazione.
E passiamo ai personaggi, partendo proprio da Grace "Mainagioia" Marks. In generale il suo personaggio mi ha convinto: mi è piaciuto leggere le sue riflessioni molto razionali mentre raccontava la storia,
«Sembra poco rispettoso usarne uno [lenzuolo] vecchio, ma se usavo quello nuovo sarebbe stato uno spreco per i vivi [...].»
dimostrando un acume che gli altri non le attribuiscono mai. Le scene migliori si hanno però quando immagina cosa avrebbe detto o come avrebbe agito Mary Whitney, con il risultato di smascherare con sagacia piccoli peccati e grandi contraddizioni di un'epoca avversa a lei sia per il suo essere una donna,
«Io ero lì che fingevo di non guardarlo, e lui era lì che fingeva di non mettersi in mostra: esattamente quello che può vedere, signore, in ogni occasione mondana in cui uomini e donne s'incontrano.»
sia per le sue umili origini che le vengono costantemente ricordate.
D'altro canto, la mia opinione su Simon non potrebbe essere più diversa. Ho sofferto fisicamente quando dovevo leggere il punto di vista di questo omuncolo spregevole, che non perde occasione per sminuire i personaggi femminili,
«Ha cercato di immaginarla nei panni di una prostituta -fa spesso questo giochetto privato, con parecchie delle donne che incontra- ma non riesce a figurarsi nessun uomo che voglia pagare per i suoi servigi.»
senza farsi troppi problemi neanche nel tessere le proprie lodi in confronto a quelli maschili. Credo che l'autrice avrebbe potuto calcare maggiormente la mano sulle sue contraddizioni, perché il lettore non capisce immediatamente tutte le conseguenze delle sue azioni egoistiche, in particolare nei confronti di Rachel. E se è vero che il suo carattere ha anche dei risvolti comici per la loro surrealtà,
«Lui è sano e normale, e le facoltà razionali della sua mente sono altamente sviluppate; eppure non riesce sempre a controllare queste fantasie.»
nel complesso mi sento di bocciarlo, specie per la maschera dell'eroe gentile che indossa senza averne titolo nei primi capitoli.
Il resto del cast mi ha lasciato alquanto indifferente, con le sole eccezioni di Jeremiah -che speravo ottenesse più spazio nei POV di Grace- e Dora che, pur dimostrando di aver ragione su tutta la linea, viene ingiustamente criticata sia da Simon (scontato) sia da Grace (da lei mi aspettavo di più). Per il resto abbiamo una sequela di caratteri molto simili, distinti solo dall'appartenenza a classi e ruoli sociali diversi.
Lo stile della Atwood invece è assolutamente promosso. Mi ha colpito la ricercatezza della sua prosa, che risulta del tutto adatta al contesto storico e culturale, pur essendo gradevole per il lettore contemporaneo. L'abbondanza di metafore ben costruire,
«[...] una specie di manovra diversiva, un modo di distogliere la mente da qualche fatto nascosto ma essenziale, come fiori variopinti piantati su una tomba.»
fa guadagnare ulteriori punti ad uno stile che invoglia sicuramente a leggere altro di questa scrittrice.
Nel complesso la lettura è consigliata, specialmente agli appassionati di true crime e di romanzi storici ambientati nell'Ottocento; potreste apprezzarlo se amate autori come Wilkie Collins, ma anche Thomas Hardy che in "Tess dei d'Urberville" ed altre opere affronta tematiche molto simili,
«[...] non mi sposerò mai più, né avrò bambini miei; d'altra parte anche con le cose belle non bisogna esagerare, e non mi piacerebbe averne nove o dieci e poi morire di parto, come succede a tante. Comunque, il rimpianto resta.»
legate alla critica di una società che limita ingiustamente le possibilità per una donna di autodeterminarsi.
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Il vaso di Pandora
È il primo libro della Atwood che leggo.
Inizialmente ho faticato ad adattarmi al suo modo di scrivere, che mi ha lasciato un po’ perplessa.
Alla fine ho capito perché, questo è un romanzo basato su eventi reali di cui ancora non sono chiari tutti gli aspetti.
Articoli di giornale su questi eventi ci accompagnano per tutto il romanzo.
La protagonista, Grace Marks, è condannata all’ergastolo per l’omicidio dei suoi datori di lavoro.
Si presume che avesse un complice, James McDermott, che viene condannato a morte.
Assieme al racconto dell’Ancella, l’Altra Grace viene considerata la sua opera migliore.
Mi pare di percepire dalla lettura del romanzo un lato fortemente femminista dell’autrice e forse, essendo io più per la parità tra i sessi, ho trovato un po’ fuori luogo la differente tecnica descrittiva dei personaggi come Grace astuta, bella, ed elegante quanto le signore d’alta classe, il medico psichiatra invece facilmente abbindolabile.
Si apprezza molto la storia raccontata in prima persona che fa molta tristezza e ti porta in empatia con la protagonista già da quando racconta del padre poco di buono e del viaggio faticoso ed estenuante con la famiglia verso un mondo di nuove opportunità.
“Sì signore è un vaso di Pandora..e tu lo sai chi era Pandora?..era una greca dei tempi antichi che guardò dentro un vaso dove le avevano detto di non guardare, e ne uscirono un sacco di malattie e guerre e altri mali dell’umanità..perché mai avevano lasciato quel vaso in giro, se non volevano venisse aperto?..
Ma sai cosa c’era in fondo al vaso?
Si, signore,dico c’era la Speranza.”
Ed è quando tocchi il fondo che non ti aspetti più nulla, come nulla si aspettava Grace dopo la terapia dell’ipnosi.
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La storia di Grace....
Canada, 1843, una storia vera, un duplice terribile omicidio ( un signorotto, James Kinnear e la sua governante-amante Nancy), due imputati ritenuti colpevoli ( i servi James McDermott e Grace Marks ) una esecuzione capitale ( James ) ed una pena commutata in ergastolo ( Grace ).
Il presente vede Grace imprigionata da quando aveva sedici anni, parzialmente riabilitata per buona condotta ( a servizio presso la dimora del Direttore della prigione ) con il dubbio atroce ( per qualcuno ) che sia innocente.
Al momento i più la considerano colpevole, una celebre assassina con dei capelli rossi da strega ed una espressione che ha imparato a mantenere impassibile. Vive una condizione in cui circolano diverse bugie sul suo conto, continua a suscitare paura e pietà ma oggi per lei la cosa migliore è non desiderare più niente.
E poi Simon Jordan, giovane psichiatra di una scienza medica tutta da forgiare, con il desiderio di costruire un manicomio modello, interessato a scoperchiare la complessità di una mente malata, ingannatrice o assassina ( quella di Grace ).
Quale la verità? In fondo Grace potrebbe essere una donna innocente che molti credono colpevole o una donna colpevole che alcuni credono innocente.
Simon ritiene suo dovere professionale esplorare gli abissi più profondi della vita con un metodo che utilizza suggestione ed associazione di idee per risvegliare quella parte della mente di lei che continua a dormire sotto il livello di coscienza.
Inizia una assidua frequentazione ed uno scambio vicendevole tra due individui lontani per cultura ed esperienza ma con un afflato parzialmente condiviso, una relazione psicologica ed intellettiva accresciuta da conoscenza e vicinanza, un ascolto utilitaristico che sconfina nel personale per riuscire a scoprire e a scoperchiare l’ occulto.
La progressiva ricostruzione dei fatti, la ricerca di una verità forse sconosciuta alla stessa protagonista, il racconto in prima persona della propria storia e di un duplice omicidio che possiede il volto buio dell’ odio e della menzogna, un mistero senza faccia in un luogo della cancellazione.
Ma chi è in fondo Grace? Il suo è un vero caso di amnesia o Simon è vittima di una furba impostora? Nella solitudine della prigionia lei ha molto tempo per pensare, nessuno a cui svelare i propri pensieri e così li racconta a se stessa. È sospesa nella foresta della amnesia pur sapendo tutto, non sapendo di sapere e che quello che sa risiede la’, sepolto nel profondo.
È dotata, al contrario del pensiero dominante, di una viva intelligenza e di una rara profondità percettiva riconoscendo ed evidenziando l’ inettitudine altrui ( il goffo e sovente banale mondo maschile, la inconcludente civetteria femminile ).
Ogni vicenda vissuta in prima persona è confusa e prende forma solo quando si è fatta storia e la racconti, a te stessa e a qualcun altro. Ad un certo punto Simon sembra essersi convinto della sua innocenza e ne desidererebbe l’ assoluzione, è arrivato sin sulla soglia dell’ inconscio e vi ha guardato dentro rischiando di cadere, di caderci dentro, di annegare.
Ma il carcere non si limita a rinchiudere i carcerati, la prigione più robusta ce la costruiamo dentro noi stessi, e così la colpevolezza di Grace non è imputabile a quello che ha fatto ma a quello che gli altri hanno fatto a lei.
Il futuro è da venire, il presente giorni da passare come altri, incarcerati da dubbi e forse da una certezza ( la propria verità ’), altrove e con una nuova identità, perdonati per l’ imperdonabile, riabilitati agli occhi del mondo ma con un marchio indelebile ( agli occhi altrui ).
Una trama che ripercorre precise fonti storiche dell’ epoca ( in primis il libro di Susanna Moodie “ Ai margini delle foreste “ del 1853 ) ed una accurata ricostruzione dei fatti senza una soluzione evidente, come fu allora, ma solo ipotesi ventilate. Il tutto inserito in una costruzione romanzata in cui la fusione e lo scambio relazionale tra i personaggi tesse una trama a più voci, con numerosi sbalzi temporali, senza punti fermi, a contare è ben altro, l’ universo psichico, fisico ed emozionale e quella linea continua e ripetuta delimitante innocenza e colpevolezza, verità e bugia, normalità e patologia.
A ben vedere nel romanzo si parla anche di altro, psicosi, follia, duplicità, schizofrenia, ipnotismo, Mesmerismo, Spiritualismo.
La storia, caratteristica e grandezza della Atwood, diviene la rappresentazione di molteplici storie all’ interno di percezioni individuali, oltre l’ oggettività delle stesse, vere o presunte, a volte del tutto immaginate, e ciascuno continuerà a cercare la propria verità ed una risposta, anche quando parrebbe evidente.
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Povera Grace
L’altra Grace è il più bel romanzo della Atwood. Ispirato a un fatto di cronaca, racconta liberamente una vicenda oscura di cui nella realtà mai si venne a capo riguardante un delitto che in Canada all’epoca aveva fatto scalpore: una serva aveva concertato l’omicidio del datore di lavoro e della sua amante d’accordo con un altro inserviente uomo. Il personaggio di Grace viene raccontato in modo toccante: la povertà, il duro lavoro, le angherie da parte del padre e dei padroni, le ingiustizie sociali, la morte della madre. Il personaggio è così “bello” che entra nel cuore. In tutta la storia Grace brilla vicino alle persone che la circondano per una particolare bellezza interiore. L’autrice l’accosta ad altri personaggi femminili della buona società per darle maggiore risalto con il gusto un tantino ironico e malizioso che la contraddistingue. Gli uomini nel romanzo tra tante dame in condizioni di netta inferiorità sociale, sembrano avere una marcia mentale in meno e ci fanno quasi tutti la figura dei fessi: manipolabili dalle stesse donne e comunque così schiavi del sesso che quando non sono schiavi delle donne, sono avvinti dalla malizia dei loro stessi pensieri morbosi, incapaci di riconoscere la verità e l’onestà. Grace fa loro in un certo senso da specchio per cui vedono in lei quello che c’è in loro stessi. Non è un caso che le persone che ne pensano bene sono le migliori. La conclusione della storia, è realista. Non un finale da favola ma per la povera Grace va bene lo stesso, perché chi ha attraversato l’inferno si accontenta: magari sognava l’amore da giovane, ma la pace è comunque un paradiso.
La parte più bella della storia è probabilmente quella iniziale. Sul finale l’autrice si fa prendere dalla malizia nello descrivere tutta una serie di signore bene e relative manovre: tutto piuttosto divertente.
Alcuni personaggi restano un tantino evanescenti: per esempio il mago. Avrei voluto qualche riga in più, resta un po’ troppo avvolto nel mistero lui e i suoi bottoni. Che significano quei bottoni? Ancora me lo sto chiedendo. Al di là del fatto che Grace sia colpevole o innocente, nel romanzo pare che ognuno veda in lei se stesso come in uno specchio: i peggiori ne provano repulsione, i meno maliziosi e portati al male la vedono innocente. Quando una persona è troppo buona, diventa uno specchio che rende agli altri la propria immagine indipendentemente dalle sue parole e azioni. E' questa la natura del male che gli altri vedono in lei.