L'albero della febbre
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Jennifer McVeigh si è laureata in letteratura a Oxford nel 2002. Prima di dedicarsi alla scrittura ha lavorato nel mondo del cinema, della televisione e dell'editoria. Ha viaggiato a lungo in Africa. Questo è il suo primo romanzo.
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L'ingenua, il mite e il mascalzone
La protagonista di questa storia ambientata alla fine dell'800 è Frances, una donna abituata all'agiatezza dell'Inghilterra nobile e poi trasportata dalla vita nel mondo del Sudafrica. E' una donna che all'inizio ti sembra fragile, ma molto velocemente, durante la lettura, inizi a mal sopportare. Ti chiedi inizialmente cosa può diventare una persona quando non ha più niente a cui aggrapparsi, quando vive la sensazione di non appartenere a niente ed a nessuno, stai un pò dalla sua parte, ma molto velocemente capisci che la sua è solo un'ingenuità ed un'indolenza, che a tratti porta la stessa Frances ad avere disgusto di se stessa. Durante il viaggio verso il Sudafrica viene soggiogata e dominata dal carattere forte di un mascalzone, dalla sua scanzonata eleganza e dal suo fascino. Alla fine della storia, e per fortuna non troppo tardi, Frances comprende che il voler bene può passare anche attraverso il silenzio di una persona molto mite e apparentemente molto poco affascinante. A fare da sfondo una natura sudafricana, di cui avrei apprezzato maggiori descrizioni, anche perchè la capacità narrativa ed in special modo descrittiva dell'autrice è davvero potente.
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L'ALBERO DELLA FEBBRE
Avevo voglia di leggere un qualcosa di diverso; spaziare verso nuovi orizzonti. Ed ecco che vengo colpito dalla copertina di questo libro con un bel albero africano in primo piano. Leggo con entusiasmo la trama, che subito mi convince, e decido che questo sarà il mio prossimo libro.
Davvero un ottimo esordio per questa scrittrice che ha scelto come sfondo alla sua storia, un argomento molto delicato e complesso come il colonialismo inglese della fine del ’800. Una scelta molto coraggiosa in quanto denuncia lo sfruttamento, da parte Inglese, delle miniere di diamanti in Sudafrica. Vengono ricostruite, in maniera molto attenta, le difficili condizioni di vita della popolazione locale, sottomessa dall’uomo bianco a fare lavori massacranti e senza nessun diritto.
La storia scorre molto piacevolmente senza mai calare di ritmo, ben condita da avventura e sentimento. Anche i personaggi mi sono sembrati ben riusciti con un vera anima, spietati e caritatevoli a seconda del ruolo all’interno della storia.
Alla fine della lettura gli interrogativi rimangono, dando diversi spunti per fare un’ approfondito esame di coscienza e guardarsi allo specchio. Chi siamo veramente? E quali sono le cose da valutare prima di giudicare una persona?
Insomma un bella storia dove la protagonista Frances, una giovane ragazza mezza inglese e mezza irlandese, dopo la morte del padre dovrà decidere, per ragioni economiche, di sposare suo cugino, diventato medico e raggiungerlo in Sudafrica. In questo lontano paese il suo futuro sposo è impegnato nella cura del vaiolo, che sta decimando le popolazioni locali impegnate nell’estrazione di diamanti. Durante il viaggio in nave, (molto bella questa parte del libro), conosce un carismatico personaggio di cui si innamorerà pazzamente. Purtroppo per lei, una volta arrivata in Africa, dovrà mantenere la parola data e sposare il suo odiato cugino. La vita in questo continente sarà molto dura, aggravata dal fatto che si troverà al fianco di una persona che lei detesta. Ma purtroppo molte volte le apparenze ingannano e dovrà comunque scegliere il suo futuro basandosi sul presente, che però molte volte può distorce alcune verità nascoste. La ricostruzione dell’ambiente africano è veramente coinvolgente dando il senso della vera difficoltà di vivere in questi luoghi aridi ed impervi.