Kiku-san. La moglie giapponese
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La moglie in affitto
“Madame Chrysanthème” titolo originale di “Kuki -San” (Signora Crisantemo, appunto, in giapponese) è apparso in Francia nel 1887, ma Pierre Loti, ufficiale di marina e narratore di storie esotiche, lo aveva scritto durante il suo soggiorno, durato 36 giorni, a Nagasaki, due anni prima.
La storia è autobiografica, un vero diario di viaggio, in cui Loti descrive la sua esperienza giapponese, insieme all’amico fraterno Yves, in quella terra così lontana e così diversa, non solo geograficamente, dall’Europa.
Com’era usanza comune negli paesi del Sol Levante, gli ufficiali europei potevano sposare temporaneamente una ragazza del luogo, con approvazione dei genitori di lei, una musmé (cioè fidanzata). Si trattava di una compravendita vera e propria: una donna di piacere e di compagnia dietro compenso mensile. In termini meno romantici e brutali, che mi sovvengono al di là di ogni diplomazia, gli ufficiali si assicuravano una prostituta esclusiva, ottimizzando la promiscuità. E succedeva molto spesso, non solo nel Paese del Sol Levante.
Certamente il mio giudizio cinico risente sicuramente del fastidio provato in certi passaggi del libro, dal momento che il senso di superiorità e talvolta di disprezzo, verso una civiltà così lontana da quella dell’autore, mi ha urtata non poco.
Ho odiato le righe in cui senza alcun ritegno Pierre Loti, riferendosi agli uomini di rango giapponesi, li ha definiti brutte scimmie, le giovani donne delle bamboline artificiose,
“la sola cosa che amo di questo paese sono i bambini e i modi in cui vengono compresi”
Qualcuno per fortuna si salva, da questo racconto che, oltre ad essere innegabilmente affascinante, è sicuramente testimonianza di una percezione di forte lontananza tra due mondi, Europa e Giappone. Non generalizzo indicando Oriente ed Occidente, dal momento che Pierre Loti ha ricordi molto più piacevoli e nostalgici di Istanbul e della ragazza che frequentava lì.
Il “matrimonio a tempo” con Kuki-San lascia sin dall’inizio l’amaro in bocca, annulla ogni illusione sentimentale: l’incomunicabilità con la giovane, al di là della conoscenza abbastanza sufficiente della lingua da parte dell’autore, è troppo forte e gela ed amareggia il lettore che quasi prova simpatia per la piccola musmé, incompresa.
“Quando non c’è né disgusto fisico, da una parte, né odio dall’altra, l’abitudine finisce, malgrado tutto, con il creare una specie di legame...”
In effetti il legame creato dalle abitudini coinvolge lo stesso lettore, che quasi si affeziona alle pareti della loro casetta in altura, che devono raggiungere ogni sera, dopo essersi divertiti con amici alle case del té. Si ci abitua al pan pan pan che Kiku-San produce mentre sbatte la pipetta usata per fumare, al suo “hu” quando indica a Pierre una falena o un qualsiasi coleottero attirato di notte nella loro stanza illuminata dalle candele attorno al Buddha dorato.
Il Giappone con le sue piogge improvvise che sembrano paradossali in confronto alla fragilità della carta che invade le costruzioni, delle lanterne traforate e decorate con farfalle o pipistrelli, alla delicatezza delle decorazioni, il Giappone coi suoi colori, col suo “bizzarro ad a oltranza” è troppo lontano nel tempo, nello spazio e nelle emozioni di un Europeo di fine Ottocento.
“Dappertutto oggetti sorprendenti che sembrano incomprensibili creazioni di cervelli capovolti, rispetto ai nostri”, avremmo bisogno di -parole dell’autore- “una lingua più sofisticata della nostra; ci vorrebbe inoltre un segno grafico creato appositamente, da mettere a caso in mezzo alle parole, che indicherebbe al lettore dove scoppiare a ridere in modo un po’ forzato, ma tuttavia con freschezza e grazia “.
Il Paese dove l’eccesso di eleganza diventa finzione.
Un libro che consiglio, dallo stile immediato e scorrevole, con descrizioni mirabolanti e una prosa pungente, affascinante ed istruttivo sui costumi del Giappone tradizionale, “stupefacente patria di tutte le stramberie”
Indicazioni utili
Segnalo inoltre la casa editrice O barra O che si occupa di narrativa e saggistica sulla tematica rapporti Oriente ed Occidente, con una veste editoriale che non passa inosservata.
La Signora Crisantemo
Era il 1885 quando l'ufficiale della Marina francese approdo' con la nave Trionfante sulle coste del Giappone. Dopo lunga permanenza nelle sinistre e roventi isole Pescadores, Loti sognava - per noia o solitudine- un angolino ordinato di verde e di fiori, con una graziosa damina che si prendesse cura di lui. Decise quindi di aderire a quella convenzione nipponica con cui ai tempi, dopo adeguata contrattazione, gli europei potevano prendere per moglie una ragazza per tutto il tempo del loro soggiorno. Kiku - san , madame Chrysanthème.
Potrebbe essere accusato di uno snobismo febbrile il nostro scrittore, forse addirittura come razzista per i meno tolleranti, effettivamente i suoi eufemismi sull'etnia giapponese sono perlomeno pruriginosi, per non dire peggio.
Prima di pronunciare un verdetto, rifletto sul fatto che solcare il suolo giapponese e' un'esperienza che fa vacillare ancora oggi, tempo in cui l'omologazione occidentale e' ormai compiuta. Non e' quindi così illecito immaginare lo shock di un francese che piu' di un secolo fa approdò a Nagasaki per la prima volta. Una terra incantata ed una popolazione lontanissima dai canoni europei, fanciulle di piccola statura piu' simili a bambole di porcellana che a donne : visi paffuti e nuche perfette, neri capelli lucenti raccolti in acconciature rigonfie, vesti larghe, figure esili, occhi sottili su volti quasi privi di espressione. E poi sorrisi, inchini, litanie di preghiera, una cortesia ed un'educazione mai visti, ordine e pulizia, cibi indecifrabili o indescrivibili, il risultato sconvolge Loti travolto in un abisso di grottesco.
Eppure questo scrittore allucinato e sincero, sessant'anni prima che Fat Man scaricasse la sua dose di plutonio 239 sulla citta' e che l'Occidente divenisse virale nel Paese del Sol Levante, ci regala un lavoro straordinario. Organizzato in brevi capitoli che ricordano degli appunti di viaggio, aggrovigliato purtroppo (nella mia vetusta edizione) in un delirio di punteggiatura insensata, La Signora Crisantemo e' privo di intreccio non avendo trama. Si tratta di una biografia descrittiva ed emozionale di un Paese, in cui si perdonano virgole di troppo ed infamie poco velate in considerazione della capacita' di Loti di descrivere luoghi, riti, usanze, personalita'. Il culto del dettaglio e' praticato con una scrittura amabile ed intensa che compone inconsapevole uno spartito d'amore , pagine che riportano oggi il lettore in quel Giappone perduto, magico e mummificato che soffiava il vento all'opposto .
Bellissimo, con tutti i suoi difetti.
"Avevamo vento contrario; una brezza fresca che cresceva di continuo, come se quel paese avesse soffiato con tutte le sue forze contro di noi per allontanarci da sè."
( Il soggetto sara' di ispirazione al libretto di Madama Butterfly di Illica e Giacosa per l'opera di Puccini).