Il supplizio del legno di sandalo
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Miao... miao.. miao...
Un altro romanzo di Mo Yan che mi ha profondamente rapito, portandomi nella Cina decadente della dinastia Qing, lasciandomi tramortito; miao miao miao...
Quest’ opera dei gatti, che parla di onore, compassione, atrocità, ci mette davanti agli occhi una realtà che ancora oggi, in più parti del mondo, esiste. Una storia che non è per le persone deboli di stomaco, o particolarmente sensibili alle sofferenze umane. L’argomento principale infatti è la tortura ed i principali protagonisti sono il boia e il condannato, due elementi che necessitano uno dell’altro per completarsi e raggiungere l’apice della loro ultima e più grandiosa opera. Ma il tutto dovrà compiersi prima che la morte li colga.
“Nonna Zhao” il Campione di tutti i carnefici imperiali, il tristo mietitore fatto a persona. Freddo, determinato, equo e compassionevole. Rispetta le sue vittime e la sua arte, tutto quello che fa è il risultato del rispetto che nutre per la giustizia e la famiglia imperiale. Non prova piacere nella sofferenza altrui, anzi si cruccia e si rammarica per l’empietà che egli stesso ammette di compiere. Ma è vittima di un ruolo, un ruolo che consuma e logora , lo lascia spoglio di ogni sentimento umano, costringendolo così ad aggrapparsi all’unica cosa che sa fare veramente bene, il boia.
“Sun Bing” un teatrante eroe, talmente capace di entrare in sintonia con il mestiere di cantastorie da divenirne l’essenza stessa. Gli eroi che incarna sul palcoscenico crescono e si manifestano in lui, e in lui si reincarnano quando rimane vittima dell’ennesima ingiustizia. Sun Bing dissoluto artista di strada diventa il simbolo della rivolta di un popolo, diviene l’urlo disperato delle genti assoggettate allo straniero usurpatore. Diviene l’estremo sacrificio da compiere per entrare anche lui a pieno titolo come eroe del immortale canto dell’opera dei gatti.
Questi due personaggi non sono gli unici protagonisti, anzi per renderli completi hanno bisogno di tante comparse e altrettanti antagonisti di tutto rispetto. Sun Meiniang figlia del teatrante Sun Bing, splendida creatura, follemente innamorata del magistrato locale di Gaomi, Quian Ding. Combattuta e straziata, come la provincia Gaomi, tra l’amore per l’uomo fatto di virtù e l’amore per quel padre lincezioso ed eclettico che rappresenta i sani piaceri della vita, il coraggio e la semplicità. Quian Bing è la trasposizione umana dei pregi e delle virtù, un uomo integerrimo, compassionevole che ama il suo popolo ma è troppo pusillanime e sottomesso per ergersi a scudo dai soprusi che il suo popolo subisce. E in ultimo ma non per ultimo Zhao Xiaojia, la mente semplice, lo scemo del villaggio, il figlio del boia. Essere incapace di vedere la malignità, che ancora crede nelle favole e per vivere scanna cani e maiali che, la sua dolce sposa, Sun Meiniang cucinerà per gli avventori della loro “rosticceria” . Una bambino con la forza di un toro, che vive senza porsi delle domande associando ogni persona ad un animale che rappresenta le caratteristiche di colui che osserva.
Ognuno di questi personaggi l’ho apprezzato grandemente grazie alla scaltra scelta narrativa di mostrarci la storia dai punti di vista dei protagonisti che la popolano, mettendomi così in profonda sintonia con ognuno di loro.
E’ un testo potente, crudele, che spesso rende difficile la lettura, proprio per la schiettezza e la dettagliata efferatezza delle torture a cui i condannati che finiscono tra le mani di “Nonna Zhao “ vengono sottoposti ma la raffinatezza e l’grazia con cui Mo Yan pone in evidenza tale violenza la rendono un’ opera di grande valore. Come in “Sorgo Rosso” le scene ci scorreranno davanti agli occhi, togliendoci il respiro. Ci troveremo a distogliere lo sguardo e a cercare di tornare nella realtà contemporanea. Percepiremo gli afrori di una Cina che pone le radici in tempi lontani. Colori e immagini semplici hanno distorto lo spazio e il tempo attorno a me. Un tumulto di emozioni in prosa ci avvolgerà; personalmente non mi hanno permesso di smettere, anche quando la carneficina diventava intollerabile, perché nonostante tutto il sangue e la ferocia, l’autore, lasciava trasparire rivoli di pietà e compassione che lentamente, come fiocchi di neve silenziosa, si adagiava sul fondo del mio cuore mozzandomi il respiro in gola.