Il silenzio del mare
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Il silenzio della Francia
Il silenzio del mare di Vercors, uscito clandestinamente nel 1942, è un racconto ambientato nella Francia della seconda guerra mondiale, agli inizi dell’occupazione tedesca. L’intera vicenda è ambientata tra le quattro mura di una casa, dove vivono un anziano (la voce narrante) e sua nipote. I due, loro malgrado, devono ospitare Werner von Ebrennac, un ufficiale della Wermacht. Per mostrargli il loro disprezzo, decidono di trincerarsi in un silenzio glaciale, non rivolgendogli mai la parola. Werner, dal canto suo, è un nazista atipico: musicista colto e raffinato, pervaso da una sincera ammirazione per la cultura francese, sogna che i due Paesi un giorno possano fondersi e dare vita a una nuova civiltà. Parla di tutto questo ogni sera con l’anziano e la giovane che lo ospitano, ma i suoi discorsi dovranno scontrarsi prima con il loro silenzio e poi con l’amara realtà dei fatti.
Considerata unanimemente un’opera manifesto della Resistenza francese, di fiera opposizione all’invasore nazista, Le silence de la mer offre al lettore almeno due paradossi. Il primo è quello di dovere la propria intensità narrativa alla mancanza di dialogo. Si cita spesso, a ragione, la forza della parola, mentre si tende a sottovalutare quella del silenzio. Ebbene, qui il silenzio, come espressione di un rifiuto radicale e di una tenace volontà di resistenza, emana un’energia davanti alla quale è impossibile rimanere indifferenti. Il richiamo metaforico al mare, a sua volta, evoca un’idea di invincibilità ed immutabilità, dando a intendere che il popolo francese, apparentemente calmo e innocuo all’indomani dell’invasione, è pronto in ogni momento a scatenarsi in tempesta, iniziando la propria riscossa.
Il secondo paradosso è dato dal fatto che pur trattandosi di un libro “contro”, il nemico, impersonato dall’ufficiale Werner, assume contorni del tutto umani. Probabilmente Vercors non teme tanto la barbarie nazista, quanto la prospettiva che la sua Francia possa farsi pecora mansueta e assimilare gradualmente l’ideologia del conquistatore. L’intento politico dell’opera appare dunque chiaro: schiudere gli occhi ai francesi e ammonirli circa i propositi predatori della Germania hitleriana, contro ogni opposta parvenza.
La lettura di questo racconto (tradotto all’epoca da Natalia Ginzburg) non chiede più di due serate e fornisce un ottimo spunto di riflessione sia sulla vicenda storica che fa da sfondo sia sul successivo rapporto tra Germania e Francia, dal quale, come noto, scaturirà il progetto di un’unione tra i popoli europei.
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Etica del silenzio
Nel 1945 Natalia Ginzburg traduce per Einaudi Le silence de la mer di Vercors, massiccio montuoso delle Prealpi francesi, diventato lo pseudonimo di Jean Bruller, disegnatore e scrittore clandestino della Resistenza.
50 pagine, sei mesi, cento serate invernali di silenzio-cura, di silenzio-pensiero, di silenzio-protesta.
L’ufficiale tedesco Werner von Ebrennac interagisce e seduce, ricorda e si rivela. La giovane donna rimane vigile, ascolta interessata, agisce la sua ostinazione… “Le donne hanno una divinazione felina” (p.36) . Esse sanno che “per conquistare basta la Forza: non per dominare” (p.46).
Accanto a L’uomo in rivolta di Camus ritroviamo l’etica del silenzio, l’opposizione cocciuta di Vercors. L’ostinazione del silenzio come antidoto al compiacere, come , come presenza che non si nega e non nega la speranza nell’accadere. “Noi non chiudemmo mai la porta a chiave … io non posso offendere un uomo senza soffrire, si tratti pure anche del mio nemico.” (p.12)
e, ancora, con attenzione, in risposta, una voce che tace di donna, parola negata e pensata. Parola che custodisce, che lavora, vincente e che non vince.
“Appresi quel giorno che una mano, per chi sappia osservarla, può riflettere le emozioni al modo stesso di un volto – al modo stesso e meglio d’un volto, poiché sfugge di più al controllo della volontà. E le dita di quella mano si distendevano e si richiudevano, si stringevano e s’afferavan tra loro, s’abbandonavano alla mimica più intensa, mentre il volto e tutto il corpo permanevano immobili e compassati.” (p.40)
è l’unica parola dolorosa, infine, silenziosamente offerta alla relazione mancata dalla Storia.
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Dire senza parlare
Avvertenza per l’uso, soprattutto a beneficio degli amanti del mare, che vedo già pronti a “tuffarsi” in pagine piene di profumo di salsedine e dolce sciabordio delle onde: il mare di cui si parla in questo libro (non un romanzo, ma un racconto di una quarantina di pagine) è soltanto metaforico.
Come sotto la superficie silenziosa e apparentemente quieta del mare, innumerevoli esseri viventi lottano tra di loro, così nel silenzio impenetrabile che avvolge tre persone costrette a coabitare sotto lo stesso tetto nella Francia occupata dai nazisti, si agitano e pulsano svariate emozioni, inquietudini, attrazioni e costrizioni.
1940 - In una cittadina francese un uomo e la sua giovane nipote sono costretti ad ospitare il giovane ufficiale tedesco Werner von Ebrennac. In quanto nemico, decidono di non rivolgergli mai la parola, nonostante egli sia un uomo gentile, colto e sensibile, e si comportano come se non esistesse. I tre personaggi avrebbero tutto per piacersi: lo stesso amore per la musica, la stessa delicatezza d'animo e, nel caso dei due giovani, un reciproco magnetismo, un'attrazione tanto forte quanto disperatamente soffocata.
Su tutto s'impone il risentimento per la libertà violata, la dignitosa e intransigente ribellione a ogni forma di oppressione, la volontà di non concedere nulla al nemico, quand'anche si presentasse con i tratti amichevoli e garbati del giovane von Ebrennac.
"Io non posso offendere un uomo senza soffrire, si tratti pure anche del mio nemico" dice lo zio.
Empatia, stima, ammirazione, passione amorosa, filtrano attraverso la glaciale indifferenza dei due francesi e i lunghi appassionati monologhi del tedesco. Alla fine del racconto non sapremo nulla dei due patrioti, nemmeno i loro nomi, mentre sapremo moltissimo dell'ufficiale: musicista e compositore, figlio di un socialista europeista (e dalle origini francesi, come rivela il cognome), cresciuto con il culto per la musica tedesca e per la letteratura francese, studi a Monaco, Norimberga, Stoccarda e Salisburgo, viaggi a Londra, Vienna, Roma e Varsavia. Tutto ciò non è sufficiente a vincere l’irremovibile rifiuto per l’occupazione che la sua presenza nella casa rappresenta.
Il vero protagonista del racconto è il silenzio, nel quale apparentemente non succede nulla e dove si dicono invece molte cose. E il silenzio, semplice e tuttavia carico di significati, ci accompagna anche nella scena finale, facendoci capire che si tratta di silenzio che continuerà a parlare.
Pare che quando il libro uscì in Germania, al’autore ricevette molte lettere di protesta in merito al carattere dell'ufficiale, che i lettori tedeschi giudicavano inverosimilmente troppo delicato.
Il racconto fu scritto nel 1942 dal disegnatore satirico Jean Bruller, che si nascose sotto lo pseudonimo di Vercors. De Gaulle lo fece tradurre su un volantino, per paracadutarlo in Inghilterra, come per sottolineare il patriottismo di cui erano capaci i suoi connazionali. In seguito fu diffuso in tutto il mondo. In Italia fu tradotto da Natalia Ginzburg.
A tre settimane dalle elezioni per il Parlamento Europeo, una lettura che ci ricorda non solo il periodo in cui gli europei ancora si facevano la guerra, ma anche la superiore dignità (vorrei dire anche “moralità”) di tanta gente comune rispetto a coloro che guidavano i loro destini.