Il principe giallo Il principe giallo

Il principe giallo

Letteratura straniera

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E io vidi un cavallo giallastro. Colui che lo cavalcava si chiamava Morte; e gli veniva dietro l’Inferno. Fu dato loro potere sopra la quarta parte della terra per sterminare con la spada, con la fame, con la peste e con le fiere della terra. (Ap. 6,8) Simile al quarto cavaliere dell’Apocalisse, una legione di fanatici, burocrati e guardie, agli inizi degli anni 1930, condannava alla morte per fame un innumerevole numero – dicono almeno due milioni – di contadini ucraini che non si erano piegati alla collettivizzazione forzata. È un capitolo della secolare guerra ai contadini – che sotto molte forme non è mai terminata – poco noto in Italia: Vasyl’  lo racconta in questo romanzo, attraverso la storia di una famiglia.



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Il principe giallo 2017-03-10 08:12:00 Renzo Montagnoli
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Renzo Montagnoli Opinione inserita da Renzo Montagnoli    10 Marzo, 2017
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Si poteva fare molto meglio.

Holodomor, conosciuto anche come l’Olocausto ucraino, è il nome della carestia che gravò sull’Ucraina dal 1929 al 1933, provocando una vera e propria ecatombe, con milioni di morti. Tuttavia, chiamare carestia la mancanza di grano ha quasi il sapore di una beffa, poiché non si trattò di scarsità del raccolto, ma di sottrazione dello stesso per ordine e volere di Stalin, che in tal modo intendeva punire i contadini ucraini per il loro scarso entusiasmo alla pratica della collettivizzazione. La fine della proprietà privata della terra, la deportazione in Siberia dei tanti piccoli proprietari terrieri già di per sé comportò una riduzione della produzione agricola, ma la pressoché integrale requisizione della stessa segnò la fine di milioni di esseri umani. Parlare di genocidio o di olocausto non pare proprio eccessivo quando si consideri che le vittime sono state stimate (dati certi è impossibile averne) in circa 3,5 milioni. Non scrivere, quindi, di un simile fatto è sbagliato, perché è giusto che la gente conosca quanto fosse un “Paradiso” il regime staliniano e anche per rispetto e giustizia verso quelle persone (uomini, donne e bambini) decedute per denutrizione.
Lo fa un ucraino, Vasyl’ Barka, non con un saggio storico, ma con un romanzo, appunto Il principe giallo, e considerato che all’epoca dei fatti lui non solo era presente, ma era maggiorenne, e quindi in grado di capire, nell’opera è profusa questa caratteristica di testimone oculare che, se ben strutturata, avrebbe potuto dare lustro al romanzo, ma purtroppo non è stato così. Questo libro, potenzialmente interessante ed avvincente, presenta tante e tali lacune da renderne ben poco gradevole la lettura. La struttura poco equilibrata, le inutili lungaggini in certe descrizioni, il ritmo di una lentezza esasperante, anziché attrarmi, mi hanno respinto; in particolare ho trovato un’accentuazione della grevità tipica dei narratori dell’est europeo, senza che tuttavia lo spessore del discorso sia di particolare rilievo. Insomma, per farla breve, le mie aspettative sono state ampiamente deluse, tanto che non mi sento di consigliarne la lettura.

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