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Il pittore di anime Il pittore di anime

Il pittore di anime

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Barcellona, 1901. La città attraversa un momento di estrema tensione sociale: la miseria delle classi più umili si scontra con il lusso dei grandi viali, nei quali originalissimi edifici appena sorti o in costruzione annunciano l’arrivo di una nuova e rivoluzionaria stagione artistica, il Modernismo. Dalmau Sala, figlio di un anarchico giustiziato dalle autorità, è un giovane pittore e ceramista che vive intrappolato tra due mondi: da un lato quello della sua famiglia e di Emma Tàsies, la donna che ama, entrambe attivamente impegnate nella lotta operaia; dall’altro, quello del lavoro nella fabbrica di ceramiche di don Manuel Bello, il suo mentore, ricco borghese dalla incrollabile fede cattolica. Nel Pittore di anime, Ildefonso Falcones tratteggia il meraviglioso arazzo di un’epoca convulsa, nel quale l’amore, la passione per l’arte, le rivolte sociali e le vendette personali si fondono in un intreccio emozionante, il ritratto di una Barcellona capace di ribellarsi al grigio potere della tradizione, dimostrando ancora una volta un’innegabile maestria nel tessere personaggi vividi e avventure straordinarie sullo sfondo della Storia di cui è appassionato e attento studioso.



Recensione della Redazione QLibri

 
Il pittore di anime 2019-09-23 07:43:50 Mian88
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Mian88 Opinione inserita da Mian88    23 Settembre, 2019
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Il ritratto vivido della Barcellona inizio '900

Il suo nome è Dalmau Sala, è figlio di un anarchico giustiziato dalle autorità, esiliato e poi deceduto a causa delle torture subite, vive con la madre Josefa e la sorella Montserrat e presta i suoi servigi presso il maestro Don Manuel proprietario della “Manuel Bello Garcìa. Fabrica Azulejos”, un luogo che, superata l’insegna in ceramica azzurra e bianca, si estende tra vasche e seccatoi, magazzini e fornaci. Si tratta di una fabbrica di medie dimensioni specializzata nella realizzazione di lavori in serie e nella realizzazione di pezzi speciali disegnati o immaginati dagli architetti e dai capomastri per gli edifici o per i tanti esercizi commerciali, botteghe, farmacie, alberghi, ristoranti e locali vari che facevano della ceramica l’elemento decorativo per eccellenza. Questo è il lavoro di Dalmau: disegnare, creare progetti originali poi prodotti in serie che entrano a far parte del catalogo della ditta nonché concretizzare e sviluppare i progetti ideati dai capimastri nella costruzione di case e negozi, spesso soltanto abbozzati, o ancora, realizzare i modelli che i grandi architetti modernisti presentano a lui già perfettamente elaborati. Il disegnatore, di umili vesti e origini, lavora in uno studio accanto a quello del maestro, dispone di uno spazio proprio in cui disegnare piastrelle con motivi orientaleggianti, dai fiori di loto, alle ninfee, ai crisantemi. Aveva perfezionato l’abilità nel disegnare fiori seguendo vari corsi nella scuola della Llotja di Barcellona, dove era entrato all’età di dieci anni, una scuola che comprendeva dall’aritmetica, alla geometria, al disegno figurato, geometrico e orientale, al disegno applicato alla produzione industriale.

«In definitiva, aveva imparato tutto quello che c’era da sapere sulla posa di piastrelle e mosaici, finché, a soli diciannove anni, grazie ai suoi meriti era diventato il primo disegnatore e progettista di Don Manuel. Invidie e rancori, ovviamente, non erano mancati in una fabbrica dove a molti costava fatica obbedire a un giovane che neanche si presentava in abiti eleganti, con tanto di cappello, e che, fino a poco tempo prima, lavorava in ginocchio accanto a loro; tuttavia, il talento e la professionalità di Dalmau avevano ben presto dissipato i malumori»

Follemente innamorato di Emma Tàsies, una donna abile nei lavori in cucina e per questo impiegata in una trattoria, dai seni grandi e sodi, il ventre piatto, la vita stretta e i fianchi tondi, una donna voluttuosa e molto ben proporzionata, il viso ovale dagli occhi grandi e castani, labbra carnose e zigomi pronunciati e naso dritto, deciso che ne annunciava il temperamento e il carattere determinato e indipendente, Dalmau è preoccupato per le stesse ideologie rivoluzionarie che la caratterizzano e che sono proprie anche della sorella.
Siamo a Barcellona nel 1901. La vita dei protagonisti è caratterizzata da grandi tensioni sociali; la miseria delle classi più deboli si scontra con il lusso delle classi più forti, con la rivoluzione industriale e le sue continue e inarrestabili evoluzioni, con il sopraggiungere di una nuova e rivoluzionaria stagione artistica, quella del Modernismo. Le classi operaie non rifuggono agli scioperi, alle proteste, anche se ciò può comportare un prezzo molto alto da pagare. Montserrat, a sua volta anarchica come il padre e il fratello maggiore dei tre, Tomàs, di fatto soltanto una libertaria che aspira al bene comune e ad abolire la schiavitù degli operai affinché tornino ad essere liberi, un’ingenua idealista, lo constaterà sulla propria pelle nel momento in cui verrà arrestata e condotta nel carcere di Amalia, luogo dove subirà molteplici violenze, anche sessuali. Come tirarla fuori? Come salvarla da quell’accusa di ribellione e di aggressione a un soldato che aveva addirittura graffiato oltre che colpito tanto da finire sotto la giurisdizione del tribunale militare e non più civile? C’è soltanto una persona che può aiutare la donna e quella persona è Don Manuel che, come ha salvato Dalmau dall’obbligo militare pagandone l’esonero, può intervenire a favore della diciottenne ma ad una sola condizione: la sua conversione al cattolicesimo.
Da questi brevi assunti ha inizio “Il pittore di anime” un romanzo ricco di spunti di riflessione e stratificato che conduce il lettore alla riscoperta di un periodo storico di grandi mutamenti fatto di luci e ombre che si susseguono ed intersecano tra loro.
L’autore non si risparmia nella narrazione, riesce a ben bilanciare le vicende storiche con quelle dei personaggi che in un crescendo costante invitano a proseguire nella riscoperta delle vicende in quello che è un romanzo emozionante in cui non mancano i sentimenti, non manca la solidarietà, non manca l’amore, non manca il cambiamento. L’impressione del conoscitore man mano che il testo si apre nelle varie danze è proprio quella di trovarsi innanzi ad un quadro che viene dipinto pennellata dopo pennellata. L’opera si dipana in un lasso temporale ampio, tocca molteplici problematiche, affronta la crisi economica, affronta la povertà, il corpo privato della sua dignità per la sopravvivenza, affronta la menzogna, la malattia, la voglia di riscatto, la vendetta personale, la ribellione, l’ingiustizia e molto molto altro ancora. I personaggi sono tutti magistralmente costruiti e le descrizioni delle ambientazioni che li accompagnano per mano rendono il componimento ancora più vivido e veritiero nella mente di chi legge. Il tutto partendo dalla dicotomia tra lotta operaia e classe ricco borghese incrollabilmente di fede cattolica, il tutto partendo dalla dicotomia tra ribellione alla grigia tradizione e società in evoluzione.
Il risultato è quello di uno scritto godibilissimo, che si fa divorare, che cattura pagina dopo pagina e che mantiene alta la qualità delle opere a firma Ildefonso Falcones. Diverso da opere quali “La cattedrale del mare” ma non per questo a loro inferiore. Tra le pagine il Falcones a cui siamo abituati si ritrova interamente, in ogni suo corollario e in ogni sua sfumatura. È un volume, ancora, che ricorda, a tratti, lo stile e l’impostazione di Ken Follett ne “La trilogia del Novecento” e per questo mi sento di consigliarlo a tutti coloro che amano il romanzo storico nonché i libri di sostanza e di spessore.

«Bisogna andare avanti, ma non credo che tornare al monumentalismo, all’architettura che cerca una bellezza monumentale o addirittura la manifestazione del potere, e che alla fin fine si sottomette ai dettami della politica, sia paragonabile al Cubismo o al Surrealismo, che sono le massime espressioni dell’indipendenza e della libertà interpretativa dell’artista. Nel Noucentisme e nelle altre correnti simili che si diffondono in tutta Europa, le istituzioni si arrogano il diritto di promuovere l’arte pubblica, l’arte urbana, e lo fanno secondo la loro ideologia, che ancora una volta tentano d’imporre al pubblico» p. 673

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Il pittore di anime 2022-07-21 09:45:08 enricocaramuscio
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enricocaramuscio Opinione inserita da enricocaramuscio    21 Luglio, 2022
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Una città crudele e spietata

"Barcellona, pensava Dalmau scuotendo la testa, era una città crudele e spietata con chi la rendeva grande sacrificando la vita, la salute, la famiglia e i figli". L'inizio del ventesimo secolo non è un periodo tranquillo nella metropoli catalana. Le tensioni sociali portano a continue proteste che sfociano troppo facilmente in sanguinosi scontri. La situazione di quasi schiavitù e di povertà che attanaglia la maggior parte della popolazione, contrapposta alla ricchezza dei pochi che detengono il potere politico ed economico, porta la gente in strada, a manifestare contro un'iniquità esasperante, condizioni di vita al di sotto della decenza, sfruttamento inumano della manodopera. Bersaglio delle proteste, inoltre, è anche la Chiesa, complice dei potenti, sempre pronta a soggiogare le masse, a tenere a freno la voglia di riscatto con la squallida scusa della volontà divina, che vorrebbe far rientrare la sofferenza dei più nel comodo contesto del disegno di Dio. È questo il clima che fa da cornice alla storia qui raccontata da Ildefonso Falcones, che vede come protagonisti due giovani proletari barcellonesi, Dalmau Sala, affidabile ceramista e talentuoso pittore, e la sua procace fidanzata Emma Tàsies, abile cuoca e indomabile attivista della causa anarchica. La penna dell'autore ci porta in una città in subbuglio, in un'epoca storica a dir poco incandescente, in cui i due ragazzi fanno i conti con la politica, il lavoro, le differenze di classe, la morte, la vita, l'amore. Una coppia felice, una passione travolgente, un futuro roseo che appare scritto. Ma, mentre Emma sa bene chi è, da dove viene, dove vuole andare, quale è e sarà il suo mondo, Dalmau appare costantemente in bilico tra la sua provenienza umile e quell'apparente paradiso borghese verso cui il suo talento, sospinto dall'aiuto del mentore don Manuel Bello, lo spinge. I due ragazzi scopriranno presto che la vita ha in serbo, troppo spesso, spiacevoli sorprese. Emma e Dalmau si separeranno, percorrendo strade diverse che li porteranno, chi per un verso, chi per l'altro, a grandi ma troppo labili successi, a rovinose cadute, in percorsi pieni di rabbia, stenti, umiliazioni. Le strade, tuttavia, anche se apparentemente portano in posti diversi, a volte finiscono per incontrarsi, spesso intersecandosi un attimo per poi proseguire nelle loro rispettive direzioni, più raramente unendosi per andare dalla stessa parte. Quale sarà il caso dei nostri eroi? "Dalmau sorrise e osservò con amore il viso di sua moglie, finché non fu distratto dal luccichio della spilla che Emma aveva appuntata sul bavero: una libellula modernista; il corpo lungo e sottile dell’animale era realizzato in oro mentre le ali erano coperte di smalti traslucidi e punteggiate da minuscole pietre preziose colorate. Dalmau gliel’aveva regalata la sera prima, dopo che il gioielliere aveva insistito senza successo nel consigliare un pezzo più attuale. Il ceramista si perse nei bagliori della libellula, che sembravano volerlo trattenere in quella città, dove l’arte, la creatività e la fantasia più scatenate avevano giocato insieme dando vita a edifici e opere che l’umanità, un giorno, avrebbe riconosciuto. Barcellona restava indietro e, con essa, parte della vita di entrambi."

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Il pittore di anime 2020-01-26 06:58:33 AndCor
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AndCor Opinione inserita da AndCor    26 Gennaio, 2020
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L'amore ai tempi del Modernismo e dell'Art Nouveau

Barcellona, Maggio 1901. La città catalana vive una rivoluzione industriale dai due volti, in cui le domeniche di riposo sono ancora negate e la grave crisi economica costringe donne e bambini a imporre la serrata al posto dei malmenabili uomini da parte della Guardia Civil.
Una convulsa realtà sociale in cui muovono i propri passi Dalmau Sala, talentuoso progettista-disegnatore in una fabbrica di ceramiche del borghese Don Manuel Bello, e la fidanzata Emma, di professione cuoca: fra movimenti anarchici, idee rivoluzionarie e Modernismo colorista di Gaudì, Domènech i Montaner e Puig i Cadafalch in rapida ascesa, il momento storico è caldissimo e non ammette ripensamenti una volta scelto lo schieramento da appoggiare.
A differenza della fidanzata determinata e prorompente, Dalmau tergiversa tanto, troppo, tant'è che Dante gli avrebbe già riservato un posto nella IV Cornice del Purgatorio, ma sarà la manifestazione del 17 Febbraio 1902 a scegliere per lui e per tutti i suoi cari: le drammatiche conseguenze di quella contestazione sono il punto di inizio di un viaggio lunghissimo, nel quale il giovane toccherà il punto più basso della sua (non) esistenza e sarà costretto ad aggrapparsi ai sentimenti, all'amore e al suo desiderio di cambiare vita per evitare che lussuria, vendetta e vizi miserabili lo incatenino per sempre all'inferno.

E' proprio dall'ambientazione che è doveroso partire, perché Barcellona viene presentata in modo così magistrale da attirare su di sé gran parte dei riflettori solitamente puntati sui protagonisti.
Nonostante la città sia 'crudele e spietata con chi la rendeva grande sacrificando la vita, la salute, la famiglia e i figli', non si può non rimanere affascinati dalle 'influenze orientaleggianti', dal netto contrasto fra gli edifici abbienti lungo la avenida Diagonal e l’agglomerato disordinato di costruzioni anonime nel quartiere popolare di Sant Antoni, dai viali di pioppi ed eucalipti e giardini all'inglese all'altezza del Parque, dal fitto reticolo di viuzze dei quartieri medievali e dal mezzo milione di persone che brulicano fra reietti trinxeraires, biciclette, treni e tram, mentre tifo e malattie endemiche sono all'ordine del giorno a causa della contaminazione di suolo, sottosuolo e aria nella zona antica. Senza dimenticare i locali proibiti che offrono sesso, gioco, alcol, morfina e oppio a cifre irrisorie.
Un quadro suggestivo e ricostruito perfettamente in tutti i suoi dettagli, che denota un appassionato lavoro di studio e di ricerca da parte dell'autore e che affianca l'intreccio a livello di (elevatissimo) standard qualitativo.

Il conflitto tra il movimento anarco-operaio e cattolico-borghese, il carisma del repubblicano rivoluzionario Alejandro Lerroux, l'accesa rivalità fra Llucs e bohemiens, il violentissimo risentimento contro la Chiesa, il depauperamento della dignità umana, il machiavellico fine che giustifica i mezzi, il sentimento innato della solidarietà, la voglia di riscatto come ultimo asso nella manica e la vendetta personale che ribolle per centinaia di pagine sono solo alcuni dei temi di un'opera di grande complessità che unisce l'impostazione stilistico-narrativa de 'La trilogia del secolo' di Follett e la Barcellona magica de 'Il cimitero dei libri dimenticati' di Zafón con il Cubismo e il Surrealismo, 'le massime espressioni dell’indipendenza e della libertà interpretativa dell’artista.'.

Forse l'unica nota stonata riguarda qualche pagina di troppo circa le descrizioni architettoniche intorno alla fine della prima metà del romanzo che distolgono l'attenzione dalla trama principale per un attimo in più del dovuto, ma non ne avrete nemmeno il ricordo dopo aver percorso 'la confusione di strade e persone' della seconda metà del romanzo (e, in particolare, delle ultime 100-150 pagine).
Anche perché sono dolorosi e ancora attuali gli interrogativi di fondo che hanno lasciato la guerra del Rif e la Settimana Tragica, e sarà straziante ammettere che ‘Gli uomini troppo svegli scompaiono perché non accettano l'ingiustizia che li circonda, e prima o poi finiscono male.’.

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'La trilogia del secolo' di Ken Follett;
la quadralogia 'Il cimitero dei libri dimenticati' di Carlos Ruiz Zafón.
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