Il pazzo dello zar
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Fu vera follia?
Scritto nel 1978, quando ancora l’Estonia apparteneva all’Unione Sovietica, in una terra ricca di storia e ancora giocoforza ostile al potere centrale, questo romanzo storico, sorretto da rigorosa ricerca e analisi delle fonti, permette rianimando uomini e ideali di conoscere -attraverso il caso particolare e il luogo specifico- l’identità di un popolo oppresso e mal governato.
La Livonia, regione ora integrata nei territori della Lettonia, governata dallo zar Alessandro I, agli inizi dell’ Ottocento aveva recepito gli ideali del Nazionalismo e inizialmente lo stesso zar, il grande vittorioso su Napoleone, aveva manifestato intenti liberali successivamente oscurati dalla politica restauratrice e oppressiva. La prima risultanza concreta fu l’abolizione della servitù della gleba e il graduale passaggio a forme di contrattazione privata tra possidenti e contadini come in Curlandia già dal 1804.
In questo contesto si inserisce la reale vicenda umana di un aristocratico della Livonia, il barone Timo von Bock, amico dello zar, che dopo essere stato brillante colonnello dell’Impero russo, sposa una contadina, gli ideali liberali e una ostinata abnegazione che non gli permette di infrangere il patto sancito con lo stesso zar: quello di dirgli sempre la verità. E così scrive un memoriale denunciando l’oppressione zarista in seguito al quale sconta nove anni di prigionia in una terribile fortezza. Il lettore viene a conoscenza della sua vicenda attraverso il diario privato del cognato che segue il nobile e la sorella nelle loro vicissitudini strettamente connesse alla storia, in virtù di quel nuovo status sociale acquisito proprio per benevolenza dello stesso Timo. I due contadini infatti sono stati educati come dei nobili e la padronanza culturale che vanno acquisendo rende lampante l’assoluta idiozia insita nelle divisioni sociali, sovrastrutture intellettuali dei ceti alti utili a mantenere lo status quo. In particolare la superiorità dell’individuo sull’appartenenza al ceto di nascita viene edificata attraverso la moglie di Timo, Eeva, vera eroina romantica. Controversa invece la figura dello stesso Timo, rilasciato col certificato di pazzia, anche a causa dell’epilogo della vicenda ( consiglio dunque di non documentarvi in itinere perché facendo così si rischia di scoprire il suo destino, fatto che avrei voluto invece evincere solo dalla lettura del romanzo). La sua è una condizione in bilico che si svela lentamente e non certo per merito del punto di vista del cognato narratore quanto tramite gli stessi gesti e le decisioni che, seppur combattuto, prende, e le poche parole che proferisce. Al contempo godiamo anche degli sviluppi narrativi legati alla vicenda personale del cognato Jacob soprattutto in seguito al suo matrimonio, dopo averlo invero patito in fin dei conti come un sempliciotto non in grado di capire gli alti ideali che muovono l’agire di Timo. È quasi legittimo pensare che la sua coscienza politica nasca solo in seguito alle peripezie che gli capitano e che gradualmente essa vada a formarsi in un pensiero degno e allora benevolmente lo perdoniamo fino a stimarlo quando, ormai consapevole, ci congeda. Kross, con questo personaggio, mostra anche una divertente vena ironica che rende oltremodo gradevole una lettura già completa di per sé ; rimando alle pagine, in particolare, nelle quali il nostro Jacob tenta di indagare i labirinti e i sottili confini tra pazzia e normalità. Concludendo, la sintesi in questo caso traballa essendo il romanzo corposo e articolato ma allo stesso tempo di godibilissima lettura, si tratta di un romanzo necessario a ricordare sempre che “In verità il dominio dell’uomo sul bene e sul male è pressoché insignificante e, quale che sia il suo sforzo, quale che sia l’estremo a cui giunge, non sposterà di un capello il cammino del nostro vecchio pianeta. Grandi o piccoli, nello scorrere del tempo noi tutti spariremo e diverremo polvere. Polvere che non conosce né gioia né angoscia. Non ci sono principi al mondo più duraturi di questi: Amore, Verità, Dio”.
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Quale follia !?
Kross, deceduto alcuni anni fa, viene considerato non solo il più grande scrittore dell'Estonia, sua patria, ma il maggior autore baltico, ed è stato per più anni candidato al Nobel.
"Il pazzo dello zar", ambientato nel 1827-37 (il capitolo di chiusura, nel '59), è stato pubblicato nel 1978, periodo in cui l'URSS era ancora una realtà politica capace di estendere il controllo sulle Repubbliche Baltiche. Le sue violenze, lo sappiamo, non furono affatto minori rispetto a quelle perpetrate in epoca zarista. Kross stesso ha trascorso otto anni di reclusione nei gulag siberiani.
Il libro è un romanzo storico, la cui voce narrante è Jacob, cognato del brillante aristocratico Timo von Bock, uomo di idee illuministiche, che sposò una giovane contadina, dopo averla fatta istruire per anni insieme al fratello Jacob, tanto da renderla più colta e signorile delle dame nobili per nascita.
Timo, amico personale dello zar, venne richiuso per nove anni nelle carceri russe, poi benevolmente lasciato in libertà vigilata presso la sua tenuta di campagna, con la motivazione ufficiale di 'pazzia' : aveva scritto una lunga lettera con argomentate 'verità' assai scomode . L'averla spedita allo zar in persona non può essere abbastanza plausibile come prova di follia certa ?
Romanzo storico, dunque. Il diario di Jacob, intanto, esiste veramente ; lo scrittore ha condotto rigorose indagini storiche sulla veridicità delle vicende annotate, come ha letto scrupolosamente le carte scritte dallo stesso Timo von Bock. C'è, insomma, alla base di quest'opera, un lavoro accurato di ricerca su documenti pubblici e privati.
Ne emerge un grandioso affresco non solo di una singola realtà, bensì di un'intera epoca, con una felice fusione di ambiti, individuale e collettivo.
La figura dell'aristocratico "pazzo" rimanda alla drammatica rappresentazione di noti presunti o finti folli della letteratura : da Amleto di Shakespeare all'Enrico IV pirandelliano.
La scrittura di Kross è magnifica. Doris Lessing l'ha definito "uno srittore meraviglioso che avrebbe meritato il Nobel".
"Vede, io sono pazzo e di conseguenza posso dire la verità".
"Tutto quello che Timo scrive è la pura verità (...). Ma l'arditezza di Timo è stata, con tutta evidenza, una vera pazzia".
"Ma dite un po' , che cosa si può rispondere a un pazzo...!?".
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