Il medico di corte
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Non si dimentica
Tutto probabilmente inizia proprio per la sollecitudine di un giovane medico verso re Cristiano VII di Danimarca, che soffre di crisi violente e di lunghe fasi depressive e confusionali. Sin da piccolo il futuro re era stato educato, come dicevano a corte, “molto severamente”, con punizioni fisiche e violenze psicologiche continue che ne avevano scientemente distrutto l’equilibrio (ma non l’intelligenza ed il talento artistico): soffriva di ogni tipo di terrori, si sentiva colpevole di tutto e cercava di essere punito, aveva una personalità doppia ed una maturità gravemente incompiuta. I contemporanei pensavano a Cristiano come ad un folle bisognoso di essere governato anche con la frusta anziché come ad un monarca che avrebbe potuto guidare i destini del regno. In questo vuoto di governo, la corte godeva di molto potere, si concedeva lussi e viveva nella corruzione mentre il paese andava a rotoli. Struensee, il medico tedesco che provava tenerezza e interesse per il giovane re, viene accolto da Cristiano con fiducia, con serenità, e riesce a restituirgli un po’ di tregua dai suoi incubi. Insieme studiano riforme dello Stato che portino nella realtà danese i principi dell’illuminismo: il giovane re, che era da anni in corrispondenza con Voltaire ed aveva incontrato a Parigi i maggiori illuministi, dà carta bianca al suo amico medico, lo nomina primo ministro e permette alla Danimarca di diventare, nell’arco di una ventina di mesi, l’avanguardia in Europa in fatto di libertà, naturalità, razionalità.
Tutto troppo veloce, però, e senza curarsi dei nemici di corte, che riescono a travolgere tutto con un complotto di cui il medico, persona buona e troppo poco scaltra, non sarà l’unica vittima.
Secondo me “Il medico di corte” è un libro bello ed importante, con una scrittura particolare che aderisce – nel tono, nelle scansioni- all’atmosfera settecentesca in cui si svolge la storia. E’ un libro che sembra calmo nei suoi ritmi, mentre narra una vicenda che invece è febbrile, dove il tempo è sempre troppo poco, dove in quattro anni succedono cose che forse avrebbero avuto bisogno di almeno un decennio. E’ un romanzo in cui la parola “paura” viene a galla quasi in ogni pagina: paura di essere davvero in grado di amare ed essere amati, di osare, di guarire, di ridere, di aiutare. Il motto della giovanissima regina era “Signore, lasciami innocente, fai grandi gli altri”, ed era la stessa aspirazione del re Cristiano VII, e quella del medico di corte che, incredulo egli stesso, si era fatto statista per amore del progresso umano.
Un romanzo che consiglio molto a tutti: quelli che hanno pazienza e quelli un po’ impazienti e con la voglia di correre.
Indicazioni utili
Parole e pensieri non si lasciano decapitare
Il medico di corte di Per Olov Enquist
Ci sono romanzi che ti fanno riconciliare con il piacere della lettura, questo succede grazie alla bravura dell’autore. Tutto avvenne realmente. Siamo nella seconda metà del Settecento; in Danimarca regnava il giovane Cristiano VII, un re incapace di governare, a causa dei suoi disturbi mentali, da essere considerato deficiente e visionario: “la vera realtà è quella che si svolge sul palcoscenico di un teatro”. Per evitare danni, gli viene affiancato, come precettore un medico di idee illuministe: Friedrich Struensee. Questi riesce a guadagnarsi la fiducia del re ottenendo la delega a promuovere le riforme illuministe, che furono considerate una minaccia per la nobiltà. Friedrich divenne l’amante della regina Caroline Mathilde, la persona più autorevole del regno. Grazie alle sue nuove riforme, Friedrich riuscì a compiere in Danimarca una delle rivoluzioni più incredibili che la Storia possa ricordare. Per Olov Enquist utilizza una scrittura chiara, mai banale, riuscendo a dare linearità alla narrativa senza alcuna forzatura; riesce a collocarci nella storia che racconta senza che il lettore si renda conto, e diventa un vero piacere farsi trasportare da questa voce saggia che riempie ogni parola. Ogni frase viene scelta col bilancino di un farmacista: “La prima regola è la prudenza – disse Struensee. E la seconda? – chiese Caroline Mathilde. L’audacia – rispose lui”. Il romanzo diventa una superba lezione sull’illuminismo e devo confessare che sconoscevo la rivoluzione danese. L’autore riesce a raccontarci senza forzature la realtà di un paese stravolto dagli ideali di libertà contro una nobiltà ipocrita, arrogante e oscurantista. Riproduce una vicenda umana con saggezza e sapienza artigianale.