Narrativa straniera Romanzi storici Il ghetto interiore
 

Il ghetto interiore Il ghetto interiore

Il ghetto interiore

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È il 1928 quando l'ebreo polacco Vicente Rosenberg lascia l'Europa per l'Argentina «come si partiva allora, pensando che avrebbe fatto fortuna all'estero e sarebbe tornato, che sarebbe tornato e avrebbe rivisto sua madre, sua sorella, suo fratello». A Buenos Aires Vicente si sposa con Rosita, figlia di esuli ebrei russi, diventa padre di tre figli, apre un negozio di mobili e vive in una deliberata e insieme inconsapevole noncuranza di ciò che si è lasciato alle spalle. Allo scoppio della Seconda guerra mondiale, quando la Germania invade la Polonia, Vicente inizia a ricevere una serie di lettere dal ghetto di Varsavia, in cui sua madre lo informa in poche righe delle tragiche condizioni di fame, malattia e disperazione in cui versano i reclusi e della vana lotta che suo fratello, medico, conduce ogni giorno per alleviare le loro sofferenze. La reazione di Vicente alle lettere della madre e alle scarse notizie che fornisce la stampa è dapprima la negazione - si rifiuta di leggere i giornali, di parlare con gli amici della Polonia, del ghetto, della guerra -, e poi, a poco a poco, l'isolamento in un silenzio che lo aliena da qualunque rapporto affettivo o sociale. Ogni notte è perseguitato da un sogno kafkiano in cui un muro si chiude lentamente attorno al suo corpo e vano è ogni tentativo di frantumarlo: il muro è la sua stessa pelle. Il ghetto interiore è il racconto di una dolorosa assunzione di identità e, insieme, di un senso di colpa che finirà per isolare Vicente dal mondo in cui pensava di aver trovato il proprio posto.



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Il ghetto interiore 2021-04-24 13:13:03 Mian88
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Mian88 Opinione inserita da Mian88    24 Aprile, 2021
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Ghetti dell'anima

Quando Vicente Rosengber arriva in Argentina correva l’anno 1929 ed era accompagnato soltanto da una lettera di raccomandazione di suo zio per la Banca di Polonia a Buenos Aires. Sono anni di povertà, di soldi che scarseggiano, di paura. Di paura perché il clima di odio e persecuzione è realtà e non più un timore. Eppure, anche questa nuova terra, sembra respingerlo e sempre per il solito motivo, perché lui è ebreo. Può cancellare il passato? Può ricominciare dal principio e vivere felice con la moglie e i tre figli che ora compongono la sua famiglia?
Gli anni sono passati ed adesso è il 1939. I tedeschi hanno invaso la Polonia, le lettere dalla madrepatria sono sempre più diradate. Sia quelle della madre che quelle dello zio. Le notizie sono preoccupanti, incalzano e sono portatrici di non liete novelle.

«Vedeva solo, ovunque, un vuoto inutile, oppure neve, altrettanto inutile.»

Ed è per mezzo della voce di quest’uomo che ne “Il ghetto interiore” – edito da Neri Pozza nel mese di settembre 2020 – viene ricostruito il volto di un secolo, il Novecento, per mezzo di alcuni degli avvenimenti più cupi e duri che lo hanno caratterizzato.

«Il muro che i tedeschi avevano appena costruito a Varsavia per segregare gli ebrei aveva delimitato un’area di poco più di tre chilometri quadrati nella quale dovevano vivere oltre quattrocentomila persone.»

Ed è per mezzo della sua voce che riviviamo quel conflitto per quella terra natia abbandonata, per quelle radici spezzate, per quella famiglia ormai distante sino a suscitare la riflessione proprio su questo senso di appartenenza e legame che accompagna ciascuno di noi e che eppure, può essere spezzato per necessità esterne, per timori e preoccupazioni che vengono imposti da un regime che ha quale unico obiettivo l’annullamento dell’identità e l’eliminazione del diverso.
Il risultato è quello di uno scritto di forte intensità e contenuto che ci permette di toccare con mano le sensazioni e il dolore del protagonista. Un romanzo storico di grande impatto, scritto con una penna fluida e accattivante, che ci obbliga a interrogarci e che ci chiede di trovare quelle risposte ai tanti perché che fanno parte della nostra vita.

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