Il canto di Penelope
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Dalla parte di Penelope
Del mitico Ulisse sappiamo tutto, l'epica racconta di lui, delle sue astuzie, della sua intelligenza, dei suoi viaggi, voluti o costretti dalla contrarietà degli Dei. Di Athena che lo protegge e gli indica la strada, delle sue peripezie per ritornare a Itaca, la sua patria, tanto amata, dove lo aspetta, per sempre o quasi, la sua devota moglie, Penelope.
Ma cosa sappiamo davvero di Penelope?
Penelope è la cugina di Elena, ed è oscurata dalla sua bellezza ,anche la sua intelligenza viene meno di fronte a tanta bellezza. E come può Penelope non amare Ulisse che rifiuta Elena e sceglie invece lei come sua sposa e compagna?
Penelope è La moglie che aspetta il ritorno del marito amato per venti lunghi anni, dieci impiegati nella battaglia di Troia e dieci impiegati per tornare, ostacolato tra le infinite avversità .
Penelope lo aspetta , pur non sapendo nulla di certo su di lui. divenendo per tutte le donne esempio di amore coniugale e devozione eterna. Pur di non cedere alle pretese dei pretendenti al trono, li inganna con un artificio degno del marito, lavora a un sudario per il vecchio Laerte e quando questo sarà finito sceglierà il nome del nuovo sposo. Ma Penelope è colei che tesse la tela di giorno e la disfa di notte perchè crede nel ritorno di Ulisse fino alla fine. Per perpetrare questo inganno chiede l'aiuto e il sostegno alle sue dodici fedeli ancelle, che danno voce a loro stesse nel coro intercalato nel racconto.
Quando finalmente Ulisse torna a Itaca e vede la sua casa devastata dagli altri principi, si traveste da barbone e si nasconde persino agli occhi di Penelope, mettendola inconsapevolmente alla prova della sua fedeltà. La sua ira ,a confronto con quella di Achille, è lucida e razionale, e la sua vendetta è totale, nessuno si salverà, neanche le dodici ancelle, colpevoli, secondo lui, di aver tramato insieme ai Proci. Non ascolterà nessuno e andrà dritto verso la sua implacabile vendetta, senza ascoltare nemmeno Penelope che tanto aveva bramato il suo ritorno,
Personalmente ci ho trovato tanta sottile ironia nel racconto della scrittrice, alla fine Ulisse ne esce sminuito, e ridimensionato anche agli occhi della stessa Penelope. Le ancelle non dovevano morire, lui non si doveva nascondere agli occhi della moglie, perchè lei lo avrebbe riconosciuto comunque ,e la sua, permettetemi il termine, non-accecata violenza è a dir poco discutibile.
Vale la pena dunque tanta devozione e lealtà per un uomo che se per un attimo non la riconosce diventa un mostro?
Non dimentichiamoci che ancora oggi, a settantatré anni, la Atwood è un’attivista piena di energia: è portavoce degli scrittori canadesi e si batte per i diritti delle donne, dei nativi e per l’ambiente.
E in questo suo breve romanzo ci dona con semplicità ed eleganza un'inedita Penelope, attuale e determinata per natura, e ci invita a riflettere sul ruolo subalterno della donna in determinate società..
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Più intelligente che bella
La storia di Penelope è stata riscritta in modo molto carino, soprattutto nella prima parte del libro. Dopo la partenza di Ulisse, la storia diventa meno originale, nonostante le trovate. Anche il coro non mi ha entusiasmato. Ma la prima metà del romanzo è molto convincente, fresca e offre una versione di Penelope tenera e un Ulisse credibile e affascinante. Certo la proverbiale intelligenza di Penelope ci perde nella versione della Atwood. Di lei si può dire che era più intelligente che bella e bella lo era molto poco. Forse era una brava persona, ma soprattutto per mancanza di opportunità. Il problema è che calcare certi luoghi comuni come l'Elena bella e seducente e la Penelope brutta e piagnona poi rende i personaggi troppo caricaturali.Comunque, nella prima parte si sente solo la freschezza della narrazione e la lettura è piacevole. Non mi hanno convinto nemmeno i discorsi dei proci e i resoconti da osteria delle avventure di Ulisse. L'idea non era brutta, ma andava pensata meglio e resa in modo più originale. Anche il rapporto d'amore tra la famosa coppia appare basato soprrattutto sulla mancanza di alternative per Penelope. In epoca post Guttenberg la lingua lunga di Ulisse non avrebbe compensato le sue gambe corte e la tendenza a non tornare a casa.
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LA VERSIONE DI PENELOPE
Molto piacevole questo breve romanzo / racconto di Margaret Atwood che prende in mano la storia di Odisseo dal punto di vista di sua moglie Penelope.
Come sappiamo dagli insegnamenti scolastici Odisseo (cioè Ulisse) ha fatto un lunghissimo viaggio che ha coinvolto sirene, magia e mostri sovrumani ed è passato alla storia. Ma cosa sappiamo della moglie Penelope?
Lei era a casa da brava ad aspettare il ritorno del marito, tesseva la tela che disfava ogni notte per ingannare i pretendenti alla sua mano. Ma aldilà di tutto questo chi era veramente?
La Atwood con un divertente approfondimento ci descrive i vent'anni di Penelope, in una patria che non era la sua circondata da persone che non erano la sua famiglia, denigrata in quanto donna, madre di un figlio che non conosce il padre.
Penelope però dimostra negli anni di avere tenacia anche sopportando le disgrazie della sua vita, la morte dei suoceri che la costringe a prendere in mano l'economia del suo territorio e l'organizzazione della servitù e del commercio.
Molti anni dopo la partenza di Odisseo alla Corte iniziano ad arrivare dei pretendenti per la mano di Penelope perché tutti danno per morto il marito; la moglie devota però inventa degli inganni per evitare di dover scegliere un uomo e prega per il ritorno del marito.
In poche parole Penelope diventa una padrona di casa che sa il fatto suo, in qualche modo se la cava con i pochi mezzi a disposizione pur essendo una donna, che in quel periodo storico sappiamo com'erano considerate.
Il titolo del romanzo, il canto di Penelope , non è in particolare riferito a quest'ultima ma alle sue dodici ancelle che negli anni la aiutano ad scoraggiare i pretendenti inventando false storie sul suo conto e che ogni notte la aiutano a disfare la tela; quando finalmente Odisseo torna a casa le impicca tutte brutalmente non sapendo la realtà dei fatti e nemmeno curandosi di chiedere chiarimenti alla moglie. La scrittrice inserisce delle brevi poesie che sono il canto delle povere ancelle morte.
L'epilogo divertente che inventa la Atwood, tipico della sua irriverenza e originalità, lo adatta ai giorni nostri in un'aula di tribunale in cui le ancelle accusano Odisseo e lui si difende sostenendo le sue giuste accuse.
La povera Penelope dall'aldilá osserva la causa, piange le sue ancelle e ancora aspetta il marito anche in paradiso.